Biografia della Contessa du Barry

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    LE DUE ROSE

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    - INTRODUZIONE -



    Io e MmeAnna ci siamo accorti che in questa sezione mancava una scheda che riguardasse la Contessa du Barry, così ci siamo detti che in un forum come il nostro non era ammissibile una tale mancanza.

    Ci siamo messi al lavoro.

    L'imperativo era uno solo: fare una scheda concisa come le altre.
    In effetti ci credevamo anche noi quando abbiamo iniziato, MA…

    …nonostante le migliori intenzioni, un fatto tira l’altro, un aneddoto tira l’altro, una considerazione tira l’altra e così ci siamo trovati a fare quattro capitoli.
    Si, insomma, una piccola biografia…

    Ci siamo convinti a portare a termine questo compito anche perché la vita di Jeanne Bécu de Gomard de Vaubernier (o Beauvernier), poi Contessa du Barry è, lo leggerete, assolutamente interessante e particolare.
    Questa dama la conosciamo principalmente a causa della “disputa” con Maria Antonietta e, come personaggio storico, ella ne esce “con le ossa rotte” perché troppo spesso la vediamo come un’arrivista senza scrupoli, una mezza scaricatrice di porto, o, nel migliore dei casi, come un’intrigante immersa nel lusso.
    Inoltre, una volta che Maria Antonietta salì al trono e lei imprigionata, quasi tutti non sanno più nulla di lei se non che fu ghigliottinata poco dopo la Regina.
    In realtà lei è stata MOLTO diversa da tutto questo e la seconda parte della sua vita è stata altrettanto interessante quanto la prima.

    Ecco, noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di rendere un po’ di giustizia a questa donna troppo bistrattata anche dagli stessi che avrebbero dovuto approfondire meglio la sua figura, invece di concentrarsi solo sulla più illustre Sovrana.

    La lettura si compone di 4 capitoli su 4 post di cui, qui di seguito, trovate il primo.

    Non aggiungiamo altro.
    Buona lettura.

    Anna e Fede



    Du_Barry_1_collage



    - CAPITOLO I -
    DA VAUCOULEURS ALL’OLIMPO



    - 1 -
    JEANNE BÉCU


    Il 19 agosto 1743, al numero 8 di rue du Paradis a Vaucouleurs, una piccola città nella diocesi di Toul, nasce Jeanne Bécu. La piccola viene battezzata lo stesso giorno. Il padrino è un certo Joseph Dommange, la madrina, da cui la bimba prende il nome, Jeanne Birabin.
    La piccola Jeanne è una figlia illegittima. Sua madre, Anne Bécu, è la figlia di un cuoco rosticcerie. Molto graziosa, ella esercita il mestiere di “sarta alla giornata” e passa allegramente dalle braccia di un cliente all’altro…
    Il padre di Jeanne è uno dei clienti di Anne, tale frate Angelo, meglio conosciuto come Jean-Jacques o Jean-Baptiste Gomard de Vaubernier o de Beauvernier. Nonostante sia un frate, egli vive fuori dal convento di Picpus e non osserva i voti di celibato.
    Il 14 gennaio 1747 Anne dà alla luce un altro figlio. Con la reputazione completamente compromessa, la giovane madre decide di seguire il consiglio di Billard de Moceau, suo ultimo amante, un contabile dell’Hotel de Ville e fornitore dell’esercito, che propone ad Anne di trasferirsi a Parigi.
    A Parigi, il figlio maschio di Anne muore e lei, nel 1749, sposa Nicholas Rançon, che ottiene, grazie a Billard de Monceau, la carica di magazziniere in Corsica.

    Corte_Convento_di_Saint-Aure_Parigi__paris-promeneurs
    La corte interna del Convento des Filles de Sainte-Aure in una immagine
    di inizio XX sec. L'entrata si trova oggi al 18 di rue Tournefort.
    Fonte: paris-promeneurs.com
    La piccola Jeanne a dieci anni, nel 1753, entra nell’istituto di suore di Sainte-Aure, grazie a suo padre frate trasferitosi anche lui a Parigi. Il convento di Sant’Anne è reputato come uno dei migliori nel dare un’educazione alle ragazze ed è molto ambito.
    È Billard de Monceau che accompagna la piccola Jeanne nel convento e paga le 500 Livres di retta per il primo anno. Egli offre anche le lenzuola e gli asciugamani che serviranno alla bambina.
    La vita nel convento è severa. Jeanne si mostra pia durante la messa a cui assiste ogni mattina, ma è indisciplinata durante la ricreazione. L’educazione di Jeanne è una delle migliori a cui una giovane ragazza del popolo può aspirare. Le viene insegnato l’arte della declamazione, a leggere e scrivere, a suonare il clavicembalo. Deve imparare a cucire, ricamare e lavorare ai ferri. Non viene trascurata un po’ di astronomia, di conoscenza dell’organismo degli animali e qualcosa sui fenomeni naturali. Vengono impartite anche nozioni sul codice civile, le leggi di polizia, storia e geografia. Jeanne impara anche le belle maniere, a comportarsi in un salotto e a fare una perfetta riverenza.
    A quindici anni, nel 1758, le suore di Sainte-Aure decidono che l’educazione di Jeanne è completa e la rimandarono a casa di sua madre.
    La ragazzina è intelligente e conserverà per tutta la vita un ottimo ricordo del periodo vissuto in convento. Ella non dimenticherà mai la carità insegnatale dalle suore e questa educazione sarà fondamentale per la ragazza al momento opportuno…

    - 2 -
    LA “CONTESSA” DU BARRY…


    Tornata a casa da sua madre, Jeanne trova lavoro come allieva nella bottega del giovane parrucchiere Lametz. Tra i due inizia una relazione che viene bruscamente interrotta dall’intervento della madre del parrucchiere che considera Jeanne un pessimo partito per suo figlio.
    Così, la sedicenne Jeanne trova lavoro come cameriera in casa di madame Delay de la Garde, vedova di un appaltatore generale della riscossione delle imposte.
    La casa di madame de la Garde è frequentata dai due figli della rispettabile vedova, entrambi sposati, che mostrano subito molto interesse per la nuova cameriera… Grazie alla sua intelligenza, Jeanne diviene dama di compagnia e lettrice di madame de la Garde e può, in questo modo, completare la sua educazione. Ma anche Madame de la Garde ritiene che Jeanne dedichi troppe attenzioni ai suoi figli e ai suoi ospiti e finisce col licenziarla.
    A diciannove anni, nel 1762, Jeanne trova un nuovo lavoro come venditrice per il mercante di moda Labille, il cui negozio, A La Toilette, è uno dei più frequentati dalle dame di Parigi. I clienti sono numerosi, anche abati e nobili che vanno a comprare pizzi e nastri per spade e abiti. La bellezza di Jeanne non passa inosservata tra i clienti. Bionda, piuttosto formosa, con delle deliziose fossette e occhi violetti dal taglio così bello da far sospirare tutti gli uomini. Ella ha anche una pelle dai riflessi di madreperla, una vera calamita per tutti i clienti che accorrono nel negozio nella speranza di essere serviti da lei.
    Fu in questo periodo che la ragazza inizia ad adottare lo pseudonimo di Mademoiselle Lange.
    C’è un solo piccolo inconveniente in quel nuovo lavoro ed è la pretesa del proprietario del negozio di far alloggiare tutte le lavoranti in un dormitorio situato all’ultimo piano del negozio. Alla fine della giornata e la Domenica, le ragazze possono uscire liberamente, e a Jeanne piace uscire con la sua amica Adelaide Labille, figlia del proprietario.
    È probabilmente nel negozio che Jeanne conosce il cinico Conte du Barry.

    Jean du Barry si era trasferito a Parigi dalla Linguadoca nel 1752 quando aveva trent’anni, sposato con un figlio, egli ha due sorelle e due fratelli, tra cui Guillaume. Dopo aver ottenuto un’eredità, il Conte si era trasferito a Parigi per “amore della vita e delle arti”, lasciando moglie e figlio nel piccolo ma comodo castello di Lévignac.
    Grazie al suo fascino guascone e alla sua parlantina, il Conte du Barry riuscì ad ottenere degli incarichi di fiducia dal Ministro degli Affari Esteri, monsieur de Roullé.
    Quando il Duca de Choiseul divenne primo ministro, du Barry perse l’incarico, ma grazie al segretario di Stato alla guerra, egli ottenne l’incarico delle forniture per la Corsica diventando così ricco.
    Tuttavia tale ricchezza non era sufficiente per mantenere il suo stile di vita.
    Dopo aver conosciuto Jeanne, il Conte du Barry, chiede a lei e a sua madre di trasferirsi a casa sua con il compito di occuparsi della casa e dei suoi ospiti. La richiesta sembra del tutto innocente. In realtà nella casa del Conte i suoi amici si riunivano per giocare d’azzardo e lui, in realtà, altro non è che un mezzano. Si, insomma, un vero e proprio magnaccia…
    Il Conte du Barry, detto “lo Scaltro”, è ben noto agli ispettori di polizia che tengono d’occhio le attività delle signorine dedite alla prostituzione e dei loro procacciatori di affari. Jeanne alloggia da lui che la vende al miglior offerente.
    Nei tre anni successivi, il nome della signorina Vaubernier (o Beauvernier) si potranno leggere frequentemente nei rapporti di polizia dell’ispettore di polizia Marais come prostituta di lusso.
    Il 14 dicembre 1764, l’ispettore Marais segnala Jeanne al Teatro italiano insieme al suo amante il Conte du Barry che, in realtà, la sta semplicemente mostrando per eventuali clienti.
    Il 12 aprile 1765, l’ispettore Marais scrive in un rapporto:

    Du Barry si serve di questa signorina come di una terra che affitta al primo venuto che sia in condizione di pagare bene. Si riserva comunque sempre il diritto di albinaggio, perché va a letto con lei tutte le sere”.

    Jeanne è libera di fare ciò che vuole durante la giornata, purché segua i consigli del suo amante e faccia fruttare in modo vantaggioso la sua bellezza, ovviamente dividendo i ricavati. È in questo modo che ella conosce il Duca de Richelieu e il Marchese de Villeroy; nei loro salotti, conosce personaggi come Claude-Prosper Jolyot de Crébillon, Charles Collé e poeti come François-Augustin de Paradis de Moncrif.
    Nel dicembre 1765, l’ispettore scrive nei suoi rapporti che Jeanne ha lasciato la casa di du Barry perché, secondo lui, è stanca di attirare uomini per la casa da gioco del suo amante. Si, insomma, il “lavoro” è troppo…
    Ella, quindi, si trasferisce in un piccolo appartamento e inizia ad incontrare i signori de Lestorières e Venier, ma essi non sono relazioni sufficienti a mantenerla.
    Forse Jeanne inizia a frequentare la casa da gioco di una pretesa Marchesa Defresnoy, dove le belle ragazze attirano i giocatori. Secondo i rapporti di polizia, per diciotto mesi Jeanne alloggia presso questa famosa biscazziera.
    La separazione tra Jeanne ed il Conte du Barry termina presto e tutto torna come prima. Probabilmente, economicamente, lei aveva bisogno di lui nell’egual misura in cui lui aveva bisogno di lei…

    Ella riprende ad intrattenere gli uomini uno dopo l’altro, come scrive l’ispettore.
    Ben presto il Conte du Barry decide di fare le cose in grande: fare di Jeanne un “bocconcino da re”. Tuttavia la bellezza e la grazia non bastano, così riunisce nella sua casa una piccola accademia: l’Abate Armand, Marin, Turpin, La Morlière e altre menti raffinate vengono incaricate di aggiornare Jeanne sulla letteratura e le insegnano ad emettere giudizi filosofici. Talleyrand riferisce di poeti come Moncrif, Robbè e Cailhava che partecipano all’istruzione di Jeanne. Inoltre sono molti i nomi illustri della nobiltà che iniziano a frequentare il salotto del Conte du Barry per conversare con la bella amante. Tra questi vi sono il Conte de Thiard, primo gentiluomo del Duca d’Orleans, suo fratello il Conte de Bussy; il Conte de Fitz-James e il Conte e il Duca de La Tour du Pin. Anche le dame sono ammesse alle cene, tra queste la Contessa de La Rèna, amante dell’inglese Conte de March. La Contessa diventa, così, anche amica di Jeanne.

    - 3 -
    LUIGI XV


    Ben presto mademoiselle de Vaubernier inizia ad usare il nome del suo amante, du Barry, pur non avendone nessun titolo.
    È il 29 Gennaio 1768 quando l’ispettore Marais scrive dell’ultima relazione di Jeanne, che era coinvolta con il monsieur de Saint-Foix, tesoriere della Marina. È una relazione destinata a finire ben presto perché Jeanne, che ora usa il nome del suo amante, è riuscita ad entrare nel letto del Re e a conquistarlo.
    Jeanne ha ora 25 anni.

    Fran_ois-Hubert_Drouais_-_Louis_XV
    Luigi XV ritratto da François-Hubert Drouais nel 1773.
    L’incontro tra Jeanne e Luigi XV avvenne in modo fortuito, secondo quanto riportarono i contemporanei.
    Il Conte du Barry avava ceduto a Jeanne e a sua madre gli interessi sui rifornimenti alla Corsica, il ministro Choiseul tolse loro questa rendita e le due donne andarono più volte a Versailles per poter parlare con il ministro. Questi frequenti viaggi, probabilmente voluti per raggiungere lo scopo prefisso, fecero in modo che la bellezza di Jeanne attirasse l’attenzione del Re. Egli incaricò il suo valletto Lebel di cercare quella donna bellissima. Jeanne fu portata dal Re che ne rimase folgorato.
    Una testimone dell’epoca, Sarah Goudar, nel 1777 scrive:

    “Il primo periodo della relazione di Madame du Barry nasce da un caso fortuito. Come molte altre storie di questo mondo, anche questa è incominciata per caso e sono poi stati la prudenza, la politica o l’intrigo a concluderla. Il Re aveva gettato “ casualmente ” un’occhiata su di lei nella folla, perdendola poi di vista; poiché il primo colpo d’occhio lo aveva impressionato, incaricò Lebel di ritrovare la giovane donna. Sé questa prima circostanza, che mi viene riferita da buona fonte, è vera, Madame du Barry è riuscita nella sua ascesa sociale soltanto grazie a se stessa. Senza la sua bellezza che colpì il Re, non si sarebbe mai parlato di lei a Versailles; quel primo colpo d’occhio fece iniziare le ricerche”.

    Anche l’abate Georgel scrive:

    “La sua figura, la sua freschezza, la sua fisionomia radiosa, la sua aria da vergine, l’insieme del suo fascino lo hanno sedotto”.

    Il Conte du Barry spiega a Malesherbes nel 1775:

    “Cedetti alla signora de Rançon e alla signorina Beauvernier, sua figlia, l’interesse che avevo nei riferimenti alla Corsica, di cui esse godettero per qualche mese. Le nuove disposizioni del duca de Choiseul glielo tolsero e esse ne sollecitarono il mantenimento presso di lui. Fu nei diversi viaggi, che egli le costrinse a fare a Versailles, che la signorina Beauvernier attirò gli sguardi del Re. Lebel ricevette degli ordini e, avendo rapporti sia con me che con lei, ne portò a termine l’esecuzione con lei sola”.

    Secondo un’altra versione, plausibile e sul genere vaudeville libertino, Jean du Barry avrebbe semplicemente invitato Lebel, il valletto personale del Re, a cena da lui e gli avrebbe fatto “conoscere” Jeanne… Poi, dopo questa “prova di controllo”, Lebel avrebbe fatto un rapporto dettagliato al Re, e, alla descrizione entusiastica del fascino e della bellezza di madame du Barry, il Re si sarebbe infiammato…

    L’allegria, l’intelligenza, la freschezza dello sguardo, la gioia di vivere, e, le indubbie doti amatorie di Jeanne, conquistano il Re sessantenne.
    Il vecchio Duca di Richelieu (che era già stato nel letto di Jeanne…), si mostra stupito dalla passione dimostrata dal Re e gliene chiede conto:

    “Ma perché, Sire, Madame du Barry riesce a sconvolgervi tanto?”.

    Il Re rispose semplicemente: “Mio caro maresciallo, è la sola donna di Francia che abbia trovato il segreto di farmi dimenticare che ho sessant’anni”.

    Al Duca d’Ayen il Re dice:

    “Mi ha fatto conoscere un piacere completamente nuovo”.
    “È perché Vostra Maestà non è mai stato in un bordello”
    , sembra sia stata la risposta del Duca.

    Fin dalla primavera del 1768 Jeanne va ad abitare in un piccolo alloggio che affacciava sulla corte della Cappella, in modo molto discreto riceve le visite di Luigi XV.
    Nel giugno 1768, la Regina Maria Leszczyńska muore. La Corte si trasferisce a Compiègne e Jeanne viene invitata a seguire il Re.
    Ella viene alloggiata in una casa privata a due passi dal castello, dove, verso mezzanotte, raggiunge tranquillamente il suo regale amante. Due servitori in livrea seguono la portantina che, con le tendine abbassate, cela l’identità della nuova amante.
    Ma a corte è impossibile mantenere un segreto e Choiseuil scrive:

    “Il giorno dopo il mio arrivo a Compiègne, il signor di Saint Florentin venne a raccontarmi che c’era una certa madame du Barry, che il Re vedeva, con il quale passava le sue notti, e della quale sembrava molto innamorato… Noi pensammo che un intrigo così volgare non potesse avere altro seguito che quello di una fantasia momentanea; ci augurammo tra di noi che il Re ne uscisse bene e che si trattasse dell’ultima espressione del suo piacere per la cattiva compagnia, di cui noi fossimo testimoni”.

    Il 17 agosto 1768 il primo valletto del Re, Lebel, muore e Jeanne si stabilisce nel suo appartamento.
    Il Re decide di presentare ufficialmente Madame du Barry a tutta la Corte per poterla avere sempre accanto ed è in quel momento che scopre che Jeanne, Contessa du Barry, non è affatto Contessa du Barry, ma Jeanne Bécu de Vaubernier.
    La reazione di Luigi XV è perentoria:

    “Tanto peggio! La si faccia sposare immediatamente!”.

    Lo “Scaltro” du Barry non può perdere assolutamente un’occasione così vantaggiosa e propone a Jeanne come futuro marito suo fratello Guillaume. Deve solo ottenere l’assenso del fratello, così du Barry si affretta a raggiungere Lévignac, dove Guillaume vive, e illustra al trentaseienne celibe e con pochi mezzi economici, tutti i vantaggi di un matrimonio di apparenza.
    Guillaume du Barry è un uomo basso e grassoccio, con poche attrattive e una gran voglia di scappare da Lévignac. Jean spiega al futuro sposo che sarebbe stato solo un matrimonio fittizio, e supera le obiezioni di sua madre, così il Conte du Barry, suo fratello Guillaume e sua sorella Françoise, detta Chon, partono per Parigi.
    Nel frattempo Jeanne resta chiusa nel suo appartamento al piano terra dell’ala nord del castello di Versailles, in attesa delle ore che il Re trascorre con lei, non osando ancora affrontare l’ostilità dei cortigiani.
    Il 23 luglio 1768, nello studio del notaio Garnier-Deschênes, i futuri sposi firmano il contratto di matrimonio.

    “Non ci sarà assolutamente comunità dei beni tra il suddetto signore e la signorina futura sposa in deroga all’uso di Parigi… Viene convenuto che la detta signorina futura sposa sarà la sola incaricata della conduzione e di tutte le spese della vita famigliare, sia per quanto riguarda il mantenimento che per le abitazioni che occuperanno, gli stipendi dei domestici, la biancheria della casa, il mantenimento delle carrozze e dei cavalli, comprese tutte le altre spese senza eccezione, sia nei confronti del suddetto futuro sposo che in quello dei figli che potranno nascere dal suddetto matrimonio, ch’ella sarà tenuta ad allevare e mantenere a sue spese”.
    Jeanne porta in dote 30.000 Livres derivanti dai suoi “guadagni ed economie”.


    Il 1 settembre 1768, alle 5 del mattino, nella chiesa di Saint-Laurent, si svolge la cerimonia religiosa.
    I testimoni sono due sconosciuti incontrati per caso.
    Jean-Baptiste Gomard, il frate padre di Jeanne, è presente sostenendo di essere l’elemosiniere del Re (ovviamente non è vero…), e benedice l’unione dei due sposi.
    Finita la cerimonia, lo sposo, con in tasca un compenso di 5000 Livres, riprende la strada per Lévignac.
    All’uscita dalla chiesa Jean du Barry permette al fratello di abbracciare la moglie ma…

    “Ricordatevi bene di questo favore, signor fratello, è l’ultimo che riceverete dalla signora!”.

    Jeanne ora è ufficialmente la Contessa du Barry.
    Ella ha anche uno stemma disegnato per lei dal suo amante e, ora, cognato: azzurro con scaglioni d’oro, recante una ghiandaia sormontata dalla lettera G e da due boccioli di rosa, una mano destra è una banda d’argento, lo stemma susciterà l’ironia dei libellisti.

    - 4 -
    LA PRESENTAZIONE A CORTE


    Jeanne è pronta per essere presentata a Corte nonostante l’odio che i cortigiani provano per lei: è inammissibile che una ex prostituta che si era venduta a molti uomini sia presentata alle figlie del Re e alla Corte. Non è certo un matrimonio fasullo con un Conte, il cui titolo è ancor meno limpido, a fare di lei una dama.
    Il più grande oppositore alla presentazione di Jeanne è il Primo Ministro Choiseul, che serba rancore al Re per non aver scelto come amante sua sorella, la Contessa de Gramont. Per il potente ministro è impensabile che la donna che era stata l’amante di un uomo che teneva una casa da gioco e di prostituzione possa essere presentata a Corte. Secondo il duca de Choiseul il responsabile di un simile scandalo è il vecchio libertino Duca di Richelieu. Nelle sue memorie Choiseul scrive:

    “Credo veramente, per quanto io abbia una cattiva opinione del Re, che egli non avrebbe osato arrivare ad una azione tanto indecente, de non incoraggiato dal maresciallo di Richelieu, che, per disgrazia della Corte e della Francia, si era trovato ad essere il primo gentiluomo in carica quell’anno”.

    Du_Barry
    La ventiseienne Jeanne du Barry ritratta da François-Hubert Drouais nel 1769.
    Il Duca de Choiseul, in quanto ministro, potrebbe facilmente far leggere al Re i resoconti degli Ispettori di Polizia di Parigi, che raccontano, con dovizia di particolari, tutti gli amori di Jeanne; ma egli preferisce pagare la stesura e la diffusione di libelli contro Jeanne.
    Fin dal febbraio 1769, appaiono libelli come Brevet d’apprentissage d’une fille de mode nièce d’une dame de la Babille. Questi libelli sono al vetriolo e in poco tempo la Contessa du Barry diviene l’amante del Re più insultata fino a quel momento. Non essendo riuscito a imporre sua sorella, la Contessa de Gramont, come favorita di Luigi XV, il duca de Choiseul fa di tutto per far cadere in disgrazia Jeanne.
    Per questo mette anche sul cammino del Re la moglie di un medico, la giovane e bella madame Mellin. Se pur bella, la giovane donna non riesce ad attrarre lo sguardo del Re che è totalmente innamorato di Jeanne.

    Ciò che accadeva a Versailles viene riportato in ogni Corte d’Europa e lo scandalo della presentazione della contessa du Barry coinvolge tutto il continente. Il Conte de Mercy, ambasciatore di Vienna a Parigi, scrive all’imperatrice Maria Teresa:

    “Apprendo che comincia a darsi importanza, che parla del governo, dei ministri, dei grandi servizi che renderebbe allo stato una favorita in grado di illuminare il Re sui vizi dell’amministrazione ordinaria. Apprendo inoltre che questa donna è in procinto di essere presentata alla Corte e che una cricca di subalterni, sostenuta da alcuni personaggi di rango più elevato, favorisce questo progetto”.

    Ormai la presentazione a Corte è inevitabile. Si pone, però, il problema di trovare una dama che possa condurre e presentare quella che è definita “la ragazza di tutti” davanti al Re, alle sue figlie e rendere la sua presenza a Corte legittima. Viene scelta la contessa de Béarn che, essendo particolarmente squattrinata e carica di debiti, accetta l’incarico per 100.000 Livres e la promozione dei suoi due figli, uno a Ufficiale di Cavalleria, l’altro come Alfiere di Vascello.
    Luigi XV comunica alla Corte che la presentazione di Madame du Barry avverrà il 25 Gennaio 1769.
    Tutti attendono con il fiato sospeso, anche il clero, ma la Contessa de Béarn inciampa e si fa male alla caviglia. Ella rifiuta di alzarsi dalla poltrona e la cerimonia viene rimandata.
    Il 4 Febbraio 1769 un altro impedimento impedisce la presentazione della Contessa: il Re cade da cavallo mentre era a caccia nella foresta di Saint-Germain. Egli viene riportato immediatamente a Versailles in barella, in realtà su di una scala su cui sono stati adagiati due materassi perché non vi sono barelle disponibili.
    I medici riscontrano solo un piccolo disturbo all’articolazione dell’omero. Il braccio si gonfia e viene ordinato il riposo. Choiseul scrive:

    “Il Re provava vergogna per la sua pusillanimità, sosteneva di avere un braccio rotto, ma non l’aveva affatto; viene trattato come voleva e ciò che sarebbe stato un banale incidente per un ragazzino di un villaggio, fu, per i lamenti del Re, un incidente che lo rendeva storpio”.

    Questi ritardi non irritano la Contessa du Barry, sicura dell’affetto e del desiderio che suscita nel Re, aspetta tranquillamente nei suoi appartamenti che il gran giorno arrivi.
    Il 1 marzo 1769 la salute del Re è migliorata e gli permise di seguire la caccia a Saint-German su una carrozza leggera.
    In quei giorni si stanno celebrando le nozze del Duca de Chartres, il futuro Filippo Egalité, con Maria Adelaide di Penthièvre, cognata di Madame de Lamballe, e per questo motivo la presentazione viene rimandata ancora. Finalmente, la sera del 21 Aprile 1769, il Re annuncia alla Corte:

    “Domani ci sarà una presentazione, quella che si attende da lungo tempo… quella di Madame du Barry”.

    Ed erano trascorsi esattamente dieci giorni da quando Madame Louise, figlia di Luigi XV, era diventata suor Maria Teresa Agostina. Ella era entrata in convento per cercare di espiare i peccati di suo padre…

    Dopo l’annuncio della presentazione Luigi XV invia a Madame du Barry, che quella sera dormirà fuori dal castello, come prevede il cerimoniale di Corte, un cofanetto con gioielli e diamanti per un valore di 100.000 Livres.
    Il 22 Aprile 1769, è un Sabato, ed una gran folla è presente a Versailles.
    Tutti vogliono vedere la nuova favorita del Re, sperando che faccia un passo falso e si renda ridicola.
    La Contessa du Barry si fa attendere.
    Il cerimoniale prevede che la sua acconciatura sia alta e ricoperta di cipria, l’abito estremamente pesante, con ai fianchi due pesanti sottogonne di crinolina sostenute da stecche di balena e con un’ampia collaretta che copriva le spalle. Lo strascico dell’abito è interminabile.
    Quando una carrozza si ferma davanti al Petit Degré, scende il silenzio tra i cortigiani. Completamente ricoperta di diamanti (anche i tacchi delle scarpette ne sono ricoperti), la Contessa du Barry scende dalla vettura.
    Jeanne, seguita dalla contessa de Béarn, molto più nervosa di lei, si dirige verso lo studio del Re. La porta viene socchiusa e il valletto usciere si volta verso il primo gentiluomo per chiedere ordini. Il Re fa un cenno di assenso al Duca de Richelieu che ordina di aprire le porte.
    Madame du Barry avanza nella stanza e fa le tre riverenze previste dall’etichetta, il Re resta in silenzio davanti alla bellezza e alla grazia con cui la sua amante esegue le tre riverenze.
    Con un sorriso negli occhi, la Contessa esegue perfettamente anche le tre riverenze di congedo.

    Molte dame, anche famose, si erano rese ridicole come mme de Pompadour e mme de Stael (chi vuole approfondire sulla cerimonia della presentazione a Corte vada ---> QUI <---) mentre eseguivano queste tre riverenze, perché l’etichetta prevedeva che venissero eseguite senza voltare le spalle al Re, camminando all’indietro. L’abito molto pesante e il lungo strascico rendevano il tutto molto complicato. La dama doveva, inoltre, dare un piccolo calcio allo strascico senza inciampare.
    Madame du Barry aveva preso lezioni dal ballerino Vestris rendendo la sua presentazione perfetta.
    Dopo essersi congedata dal Re, la Contessa viene ricevuta dalle figlie del Re e dal giovane Delfino Luigi Augusto.

    È fatta. Ora Jeanne Bécu è seduta insieme agli dei.

    Continua...


    Louis_XV_e_Mme_du_Barry_-_Joseph_Caraud__1859_
    Luigi XV e Mme du Barry immaginati da Joseph Caraud nel 1859.



    Edited by Fede70 - 2/9/2023, 14:34
     
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    - CAPITOLO II -
    IL REGNO DELLA FAVORITA



    - 1 -
    JEANNE A CORTE


    Il giorno dopo, Domenica, madame du Barry si reca alla messa nella cappella reale, prende posto dove un tempo sedeva Madame de Pompadour, molto vicino alla tribuna reale. Luigi XV assiste alla messa rivolgendo spesso la parola all’arcivescovo di Reims.
    Subito dopo la messa, la Contessa va ad assistere al pranzo delle figlie del Re a cui partecipa anche il Delfino.
    Secondo il principe de Ligne, madame du Barry aveva uno stile migliore di quello di Madame de Pompadour.
    Il 25 maggio 1769, il Re organizza una cena a Bellevue, il castello che era stato di Madame de Pompadour. In quel mese in cui madame du Barry aveva vissuto a Versailles, ella aveva potuto toccare con mano l’odio che alcuni cortigiani nutrivano per lei. Ella se ne lamenta con il Re che decide di agire.
    Il Giovedì di quella settimana anche le dame più astiose vengono invitate dal Re. Le prime dame ad arrivare sono le partigiane di madame du Barry (le cosiddette Barrystes), che iniziano a passeggiare nei giardini. Madame du Barry le raggiunge e ben presto si formano due schieramenti, uno capeggiato da madame du Barry e l’altro dal duca de Choiseul. All’arrivo del Re, molti cortigiani iniziano a passeggiare con madame du Barry, lasciando il Duca de Choiseul da solo.
    La cena non serve a migliorare i rapporti tra la Contessa e il Duca de Choiseul, anche se il Re li fa accomodare vicino. La Contessa non ama il Duca, che la ricambia odiandola, eppure Jeanne si mostra sempre molto gentile nel rivolgersi al ministro. In un’occasione ella gli scrive per sollecitare un favore per un certo signor Nallet, a cui il Duca de Choiseul aveva fatto delle promesse che sembrava non voler rispettare:
    Etienne-Fran_ois_de_Choiseul
    Étienne-François de Choiseul ritratto da
    Louis-Michel van Loo. 1763 circa.
    “Non ne parliamo più, signor duca, se avete cambiato opinione. Resterò comunque convinta che era vostro desiderio farmi cosa gradita. Ho l’onore di essere, con estrema considerazione, signor Duca, la vostra umilissima e obbedientissima servitrice”.

    Jeanne riesce a sedurre molti cortigiani. Il Duca de Croy, scive:

    “Andava a tutte le feste, mescolandosi agli altri; ci si abitua a vederla, ecco qual era il suo merito, ma non sembrava avere uno spirito intrigante”.
    Jeanne ha l’intelligenza di sembrare quasi rispettosa verso le altre donne. Pindansat de Mairobert (scrittore e giornalista) scrive:
    “A meno di avere delle ragioni precise d’ostilità contro la favorita, non ci si poteva impedire d’amarla e di ricredersi delle impressioni che il pregiudizio e i suoi nemici avevano diffuso contro di lei. Non era comune allora tanta onestà, gentilezza e dolcezza. Aveva la virtù rara, soprattutto tra le donne, di non parlare mai di nessuno e di non permettersi mai le lagnanze e i rimproveri che un sentimento molto naturale di vendetta avrebbe potuto suggerirle contro gli invidiosi e contro coloro che avevano divulgato, non soltanto gli aneddoti poco gloriosi della sua vita, ma l’avevano anche cosparsa di malvagità e orrori”.

    Ricordiamoci bene di questo scritto.
    Jeanne du Barry ebbe una grande dote: quella della duttilità. Ella capì subito la Corte e ci si adattò alla perfezione, cosa ancora più incredibile se pensiamo alle sue origini. Ma, forse, furono anche le sue origini, a farle tirare fuori la forza di adattarsi a quel mondo.
    Per lei quella era la chance della vita e, da donna di mondo quale era, sapeva che non sarebbe durata per sempre…

    Andiamo avanti.

    Non appena diviene la favorita, Jeanne chiede al Re la grazia per una donna, Apolline Grégeois, accusata di infanticidio e condannata all’impiccagione.
    Apolline era stata l’amante del curato di Liancour, nel Vexin, rimasta incinta e sola perché nel frattempo il curato era morto, non aveva dichiarato ai giudici la sua gravidanza per rispetto verso il suo amante. Secondo un editto del 1556, tutte le donne che non avessero dichiarato la gravidanza potevano essere accusate di infanticidio nel caso in cui il bambino fosse nato morto. Apolline partorì un bambino morto e fu arrestata e condannata all’impiccagione.
    Un moschettiere, monsieur de Mandeville, che non conosceva la condannata, venne a conoscenza del suo caso nell’imminenza della condanna. Egli decise di recarsi da madame du Barry e le raccontò la storia di Apolinne. Commossa, la Contessa scrive subito al Cancelliere:

    “Signor cancelliere, non mi intendo delle vostre leggi, ma sono ingiuste e barbare, sono contrarie alla politica, alla ragione e all’umanità, se fanno morire una povera ragazza che ha partorito un bambino nato morto senza averlo dichiarato. Secondo la nota qui unità, la supplicante è in questa situazione: sembra che ella sia condannata solo per aver ignorato la regola o per non esservisi conformata per un pudore molto naturale. Sottopongo l’esame di questa storia alla vostra giustizia, ma questa sfortunata merita indulgenza. Vi chiedo almeno una commutazione della pena. La vostra sensibilità vi suggerirà il meglio”.

    Il Cancelliere accetta la richiesta di Jeanne. Apolinne viene graziata e condannata solo a tre anni di carcere.
    Il 5 Luglio 1769, Jeanne chiede la grazia direttamente al Re per il Conte e la Contessa di Loüesne. Coperti di debiti i due sposi si erano trincerati nel loro castello e, quando i creditori avevano ottenuto la confisca dei beni e si erano presentati alle porte del castello medievale, il Conte aveva e i suoi uomini avevano aperto il fuoco sui gendarmi e sui messi che dovevano notificare la confisca. Negli scontri morirono tre persone e il Conte e la Contessa furono condannati alla decapitazione.
    La figlia dei Conti, si gettò ai piedi di Luigi XV chiedendo la grazia per i suoi genitori ma fu inutile. La Contessa de Béarn ne parlò con madame du Barry, che, implorò a sua volta il Re. Luigi XV stavolta si commuove:

    “Madame, sono incantato, perché il primo favore che mi chiedete è un atto di umanità”.

    I Conti vengono condannati al sequestro dei beni e alla reclusione perpetua nel castello di Saumur. Nove anni più tardi Luigi XVI commuterà la pena in esilio e concede loro una pensione.
    Nel Luglio 1769, la Corte si trasferisce a Compiègne e Jeanne viaggia con un seguito di tre carrozze a sei cavalli. Cocchieri, postiglioni e scudieri indossano la nuova divisa azzurra con galloni d’argento.
    Jeanne alloggia al castello e segue la caccia del Re a cavallo, vestita con un abito maschile di seta grigia ornato di pizzo incantando chiunque la guardi.
    Il 24 Luglio 1769, Luigi XV offre a Madame du Barry un segno tangibile del suo favore, offrendole il casello di Louveciennes, che la Contessa trasformerà nel delizioso padiglione che si può visitare oggi.
    I lavori nel castello durano tre anni e costeranno 138.268 Livres 8 Soldi e 11 Denari. Il prezzo viene pagato da madame du Barry, che riceve in quel periodo un appannaggio di 300.000 Livres mensili. La spesa non è eccessiva se si considera che Luigi XV aveva pagato 10 milioni di Livres per le dimore di Madame de Pompadour: Crécy, La Celle e Bellevue.

    Festa_a_Louveciennes_il_2_Settembre_1771_
    2 Settembre 1772: festa a Louveciennes nella tenuta della Contessa.
    Incisione di Jean-Michel Moreau.
    Non essendoci più una Regina in vita, il potere della favorita è enorme.
    Jeanne seguiva il Re in ogni suo spostamento, da Marly a Fontainebleau, da Choisy a Compiègne, da Bellevue a Saint Hubert. Inevitabilmente ella viene messa a parte di ogni affare politico perché il Re riceve i ministri nei suoi appartamenti ed ella è sempre presente. Le suppliche vengono rivolte a Jeanne e ben presto ella diviene la protettrice delle arti, forse senza riuscire a far dimenticare il gusto straordinario di madame de Pompadour.
    Gli inviti a cena che la Contessa inviava sono accompagnati da una frase scritta di suo pugno: “Sua Maestà mi onorerà della sua presenza”.
    A Fontainebleau ordina la costruzione di un padiglione ottagonale ad un solo piano e viene incaricato Gabriel della costruzione. Le parti in legno sono eseguite da Rousseau e le parti in bronzo da Gouthières. Il padiglione si trova ad una estremità del giardino di Diane e Jeanne ama riscaldarsi davanti al caminetto realizzato da Boizot. Saranno spese 78.000 Livres per questo padiglione che la Regina Maria Antonietta avrebbe poi fatto abbattere…
    Anche il Principe de Condé invita Jeanne a Chantilly per la caccia, un privilegio non scontato per una favorita.
    Per quanto Luigi XV sembri provare un sentimento molto simile all’amore per Jeanne, anche lei, come tutte le donne nella vita del Re, deve sopportare le sue infedeltà. Nei cinque anni in cui Jeanne fu l’amante ufficiale, i capricci di Luigi XV furono tanti. Tra le altre, una inglese Miss Smith, la signora d’Amerval, figlia illegittima dello scandaloso abate de Terray che la getterà egli stesso nelle braccia del Re dopo aver avvertito Madame du Barry, seguiranno poi delle attrici della Comédie française.
    Infine toccherà ad una olandese, la signora Pater, nata Baronessa di Nieurwerkerke, la cui vita amorosa era stata molto avventurosa. Ella aveva un’idea fissa: andare a letto con il Re. Luigi XV sorridendo disse:

    “Le farò l’onore di amarla una volta”.

    Fu il duca di Duras a fare da intermediario tra il Re e la bella olandese. Pare che, avendolo saputo, Madame du Barry gli disse:

    “Non solo avete presentato la Pater a Sua Maestà, ma avete anche retto il moccolo. Vi prego quindi di non mettere più piede da me”.

    Il 1 Gennaio 1770, Jeanne chiede al Re come regalo ‘les loges de Nantes’. Si tratta degli affitti dei negozi adiacenti al vecchio castello di Anna di Bretagna. Gli affitti rendono una buona somma ogni anno. Jeanne solletica quel regalo per la sua amica, la Marescialla de Mirepoix. Il Re le sorrise:

    ”Madame, sono dispiaciuto di non potervi accordare questa grazia, ho già disposto dell’oggetto”.
    “Ebbene
    - esclama la contessa imbronciata - ecco il quarto favore che vi sollecito e mi rifiutate, il diavolo mi porti se vi importunerò ancora”.
    “Vi arrabbiate troppo presto - risponde il Re - non c’è più niente da fare questo regalo è già promesso, e volete sapere a chi, signora? A voi!”.

    Sembra andare tutto bene per la Contessa venuta dal popolo. Sembra…

    - 2 -
    L’ARRIVO DELL’ARCIDUCHESSA ANTONIA


    Il 1770 è un anno importante per la Corte: le nozze del giovane Delfino Luigi Augusto e dell’Arciduchessa d’Austria Maria Antonia Giuseppa Giovanna d'Asburgo-Lorena sono fissate per il 16 Maggio. Un mese prima dell’arrivo dell’Arciduchessa, il Conte de Mercy, ambasciatore di Vienna a Parigi, inizia a preoccuparsi perché si dice che Madame du Barry sarà tra le 39 dame della nobiltà invitate a cena con la famiglia reale al castello de La Muette, ultima tappa del viaggio dell’Arciduchessa prima di raggiungere Versailles. Il Conte de Mercy scrive all’Imperatrice Maria Teresa:

    “Sembra inconcepibile che il Re scelga questo momento per accordare alla sua favorita un onore finora rifiutato”.

    Il giorno dell’arrivo dell’Arciduchessa Maria Antonia arriva e de Mercy ancora trema all’idea che madame du Barry sia presentata alla giovane sposa. Le carrozze reali, provenienti da Compiégne, si fermano davanti al convento di Saint-Denis dove ormai viveva la figlia del Re, Luisa, diventata suor Maria Teresa. Questa tappa fa tirare un sospiro di sollievo al Conte de Mercy, che ritiene impossibile che il Re possa far incontrare sua figlia suora e la sua amante lo stesso giorno alla giovane Arciduchessa.
    Nel castello de La Muette Maria Antonietta viene presentata ai due fratelli del Delfino, il quattordicenne Conte di Provenza e il tredicenne Conte d’Artois. Altro sospiro di sollievo da parte del conte di Mercy. Sollievo di breve durata, perché poco prima della cena, madame du Barry, bellissima e scintillante di diamanti, s’inchina davanti a Maria Antonietta. Poco più tardi, durante la cena, il Re chiede a Maria Antonietta cosa ne pensa della dama che le sorrideva a capo della tavola.

    “Charmante”, risponde la Delfina.

    Poco dopo Maria Antonietta chiede a Madame Noailles, sua prima dama, quali siano i doveri di madame du Barry a Corte.
    “Divertire il Re”, è la risposta di Madame Noailles.
    “Allora mi dichiaro sua rivale”, dichiara ingenuamente la giovane Principessa.
    Avremmo voluto vedere la faccia della Noailles dopo quella risposta...

    Saranno poi le figlie di Luigi XV e Luigi Augusto a spiegare quali erano i divertimenti di cui si occupava madame du Barry. Ovviamente, Maria Antonietta reagisce con indignazione, immaginando il suo nonno acquisito che si diverte con una giovane donna avente quelle origini e reputazione.
    Terminati i festeggiamenti per le nozze, la vita a Corte riprende con la solita routine, così come le caccie del Re. Dopo la caccia, di solito, il Re offre una cena per pochi intimi nell'appartamento di Mme du Barry e spesso è invitato anche Luigi Augusto. Dopo le nozze, le battute di caccia e le cene riprendono, senza che Maria Antonietta abbia nulla da obiettare.

    Infatti, Maria Antonietta ha ricevuto l’ordine dall’Imperatrice di essere amabile con tutti ed ella fece esattamente come le aveva chiesto sua madre. Per inciso, Maria Teresa sapeva fin da prima che sua figlia partisse per la Francia chi fosse mme du Barry e che origini avesse...
    Il Conte de Mercy scrive all’imperatrice Maria Teresa a metà Giugno del 1770:

    “Madame du Barry ha creduto di dover fare la corte un mattino a Sua Altezza Reale, la principessa l’ha ricevuta senza affettazione. Tutto si è svolto con dignità e in modo da non scontentare nessuno”.

    Per cercare di far accettare madame du Barry alla sua nuova nipote, Luigi XV sperava nei soggiorni in castelli più piccoli dove la famiglia reale passava l’estate. Marly, Choisy e Fontainebleu permettevano una vita più intima e con una etichetta meno rigida. Luigi XV aveva dovuto affrontare l’odio dei suoi figli verso madame de Pompadour e la sua nuova favorita di certo non godeva di un sentimento migliore da parte delle sue figlie, per questo egli sperava che i suoi nipoti fossero più tolleranti.
    Dal canto suo Maria Antonietta ormai sapeva perfettamente qual era il ruolo di Jeanne accanto al Re, né era all’oscuro del passato della favorita.
    Il 9 luglio 1770, Maria Antonietta scrisse a sua madre:

    “Il Re ha mille bontà per me, e io lo amo teneramente, ma fa pietà la debolezza che egli ha per Madame du Barry, che è la più sciocca e impertinente creatura che sia immaginabile. Ella ha giocato tutte le sere con noi a Marly; ella si è trovata due volte accanto a me, ma ella non mi ha parlato, e io non fatto conversazione con lei; ma quando era necessario, io le ho parlato”, e aggiunse:

    “io ho scritto ieri per la prima volta al Re; ho avuto tanta paura, sapendo che Madame du Barry le legge tutte, ma voi potete essere convinta, mia cara madre, che io non farò mai errori né contro né verso di lei”.

    Maria_Antonietta_1
    Maria Antonetta sedicenne Delfina ritratta da
    Joseph-Siffred Duplessis. 1771.
    Piccola parentesi per cercare di dare una dimensione alla cosa.
    Prima di tutto che non è vero che le due donne non si parlarono mai prima della famosa frase del 1772. Certo, per Maria Antonietta quelli erano “colloqui obbligati” dalle circostanze ma, per quanto fredda, l’interazione c’è stata.
    Secondo, che la piccola Delfina cercava in tutti i modi di accontentare la madre e di non creare attriti, ma è altrettanto evidente che non sopportava la du Barry a Corte.

    Proseguiamo.

    Qualche giorno dopo, però, durante il soggiorno al castello di Choisy (circa 27 km a est di Versailles) avviene un incidente che inizia a incrinare la tranquillità tra le due donne.
    Nel piccolo teatro di Choisy i posti sono pochi e vengono contesi con grande vigore. Una sera, mme du Barry arriva con due dame di compagnia, e trova la prima fila occupata dalle dame del seguito della Delfina, che rifiutano categoricamente di cedere i loro posti. Iniziano a volare insulti poco nobili e la du Barry si ritira per evitare uno scandalo. Il giorno dopo, Luigi XV esilia mme de Gramont, una delle dame di compagnia di Maria Antonietta. Non appena Maria Antonietta ne viene a conoscenza, va su tutte le furie e decide di parlare al Re per ottenere giustizia per il suo seguito. Prima che ella parli al Re, il Conte de Mercy riesce a calmarla e le suggerisce di dirgli che non era giusto che la decisione fosse stata presa senza consultarla, dato che è compito della Delfina punire chi fa parte del suo seguito.
    Nel colloquio Luigi XV, loda la saggezza di Maria Antonietta e incolpa dell'accaduto il Conte de la Vrilliere che si occupa della Maison du Roi, ma mme de Gramont rimarrà comunque in esilio.
    A questo punto la neutralità di Maria Antonietta inizia a vacillare. Ella parla a suo marito per persuaderlo a non andare più alle cene private della du Barry, ma questi non cede limitandosi a dirle che non lo fa per puro piacere. Egli continuerà a cenare con suo nonno, la favorita e pochi altri intimi.
    Il 1770 non è ancora finito e le due donne, Maria Antonietta la Delfina e mme du Barry la favorita del Re, si limitano ad evitarsi educatamente.

    Il 3 Settembre 1770, Luigi XV inaugura il Petit Trianon cenando con Madame du Barry. Il 9 Settembre vi trascorrono tutta la notte.
    Per permettere agli ospiti di mangiare senza testimoni, sono state ideate da monsieur Loriol, nella sala da pranzo, le tavole a saliscendi, che permettevano di eliminare i domestici. Ad un segnale, si apriva una botola nel pavimento è una tavola rotonda, insieme ad altre 4 più piccole, le servantes e postillons, salivano già imbandite per i commensali. Dopo la prima portata, la parte centrale della grande tavola scendeva nel sottosuolo è una rosa di metallo cesellato ne prendeva il posto per mascherare il vuoto, poi si ripiegava e scompariva, mentre compariva il resto del pranzo.
    Per realizzare questo sistema sono state spese 136.056 Livres. Il Re e la Contessa ne sono incantati e Liorol riceve 12.000 Livres in dono. Al Petit Trianon, il Re e Jeanne occupano le stanze del piano superiore che, in seguito, diverranno le stanze dei figli di Maria Antonietta.

    - 3 -
    L’INFLUENZA DELLA FAVORITA


    Da alcuni mesi i parlamentari erano in agitazione: essi osavano sempre più spesso ribellarsi all’autorità del Re.
    La goccia che fa traboccare il vaso è il caso del Duca D’Aiguillon. Il Duca è nipote del Duca de Richelieu, e, pur essendo amico di madame du Barry sulla quale aveva molta influenza, è sostenuto dalle figlie del Re, da Luigi Augusto e dal partito dei bigotti. Il Duca è Pari di Francia e Governatore della Bretagna che governa con pugno di ferro essendo un fermo sostenitore del potere assoluto. Il suo governo duro innesca la rivolta dei parlamentari di Rennes che si dimettono in massa chiedendo il licenziamento del Duca dalla carica di Governatore. Essi accusano il Duca di impoverire il popolo ed usare i soldi per la costruzione di palazzi pubblici e strade. Il Re cerca di mediare e chiede ai parlamentari di riunirsi nuovamente, essi obbediscono ma solo per decretare la caduta del Duca e chiedono l’intervento del Parlamento di Parigi. Il Re, preoccupato dall’evolversi degli eventi, ordina al Parlamento di Parigi di fermare la procedura contro il Duca. I Parlamentari ignorano l’ordine del Re e dichiara il Duca d’Aiguillon colpevole e decaduto dal titolo di Pari di Francia.
    Il 27 Giugno 1770, influenzato da Madame du Barry, il Re annulla la decisione del Parlamento di Parigi, restituendo l’onore al Duca. I libellisti mettono sulle labbra del Duca questi versi:

    Dimentichiamo persino il ricordo del mio processo sospeso
    Con delle lettere di grazia non si può essere impiccati
    Io trionfo sull’invidia
    Io godo del Favore
    Se avessi perso la vita non avrei questa felicità
    Ma grazie alle cure della mia amica ho perso solo l’onore


    Il Duca di Castries scrive: “Sì rimproverò a Madame du Barry di aver messo fine a un’ingiustizia”.
    Jeanne invita il Duca a Louveciennes per una grande cena con il Re. Per ringraziarla, il Duca le regala un magnifico vis-à-vis e una carrozza dorata costata 52.000 Livres.

    I rapporti tra Madame du Barry e il Duca de Choiseul sono sempre più tesi, nonostante Luigi XV avesse cercato più volte di mettere in guardia il ministro delle sue intemperanze contro la sua amante. La situazione precipita nel 1770 a causa di quanto stava accadendo nelle attuali Isole Falkland.

    Facciamo un po’ di storia.
    Nel 1715, in seguito al trattato di Utrecht, gli spagnoli avevano preso possesso dell’arcipelago delle Malvine composto da isole, scogli e poco altro. Le due isole principali erano disabitate, così nel 1763 un gruppo di marinai di Saint-Malo vi si installò e l’arcipelago prese il nome di Malouines, ovvero Malvine.
    Nel 1765, gli spagnoli, forti del loro titoli di primi proprietari delle isole, cacciarono gli abitanti.
    Ben presto arrivarono gli inglesi, e come erano soliti fare, presero possesso delle isole e vi costruirono il forte di Egmont. Il governo spagnolo di Buenos Aires inviò tre fregate che presero a cannonate il forte e fecero prigionieri gli inglesi. Il Re d’Inghilterra reagì con ira e armò una squadra navale da inviare contro gli spagnoli. Egli esigeva l’immediata liberazione della guarnigione inglese e la ricostruzione del forte. Il Re di Spagna accettò, ma chiese tempo nella speranza di poter agire attraverso le vie diplomatiche. Agli inglesi interessava solo umiliare gli spagnoli e non volevano perdere tempo. La guerra sembrava inevitabile.

    Torniamo al presente.
    L’ambasciatore francese a Madrid, il Marchese d’Ossun, scrisse un dispaccio a Versailles per illustrare la situazione a Madrid:

    “Il Re di Spagna è vivamente seccato dal modo insultante usato dal ministero britannico, e geloso della sua gloria come un antico cavaliere, avrebbe desiderato la guerra, piuttosto che subire una pace vergognosa. La nazione spagnola è eccitata fino al fanatismo. È una cosa sorprendente che questa nazione, alla quale rimproveriamo con ragione di avere un odio inveterato per la Francia, abbia adottato improvvisamente sentimenti contrari: le città, le province, l’alto clero, i monaci e il pubblico offrono a gara i loro beni, il loro denaro e le loro persone per fare la guerra all’Inghilterra”.

    La Francia e la Spagna erano legate dal patto di famiglia, che imponeva che se uno dei due regni entrava in guerra, l’altro era obbligato automaticamente all’assistenza. Luigi XV, però, era assolutamente contrario alla guerra e voleva risolvere la questione in modo pacifico e diplomatico. Choiseul, pur conoscendo ciò che auspicava Luigi XV, aveva altre idee. Egli, pur riconoscendo che l’Inghilterra aveva delle rivendicazioni prive di fondamento, riteneva che la Spagna avesse esagerato nel suo attacca al forte di Egmont. Choiseul avvertì Madrid di ciò che aveva comunicato a Londra. Questo non gli impedì di iniziare i preparativi per la guerra al fianco della Spagna senza l’approvazione di Luigi XV. Madame du Barry venne informata di quanto stava organizzando il Duca de Choiseul dal suo ex amante e cognato Conte du Barry e informò subito il Re.
    Siamo nel Dicembre 1770 e Luigi XV sta affrontando un duro braccio di ferro con il Parlamento di Parigi. Luigi XV non era incline a piegarsi al volere di nessuno, fosse anche il Parlamento di Parigi. Sapere che il suo Primo Ministro stava andando contro il suo volere e prendeva decisioni senza consultarlo, non lo mise di buon umore.
    Il 23 Dicembre 1770 Luigi XV scrive al Re di Spagna:

    “Signore mio fratello e cugino, Vostra Maestà non ignora quanto lo spirito d’Indipendenza e di fanatismo sia diffuso nel mio regno. La pazienza è la dolcezza mi hanno guidato finora, ma, spinto al limite, e arrivando il mio Parlamento persino a discutere quella autorità che ricevo da Dio, sono deciso a farmi obbedire con tutte le leggi possibili. Se Vostra Maestà può fare qualche sacrificio per conservare la pace senza ferire il suo onore, renderà un grande favore all’umanità e a me in particolare nelle circostanze in cui mi trovo”.


    Un libello dell'epoca raffiguarante mme du Barril...
    La guerra tra Jeanne e Choiseul è ora senza esclusione di colpi.
    Il Conte du Barry fa stampare e diffondere un libello intitolato Les amours du duc de Choiseuil avec sa soeur Madame de Gramont.
    Il Duca risponde diffondendo il libello La comtesse du Baril ou du Tounneau.
    Il Re è sempre più irritato dal comportamento del suo ministro. Il Conte de Mercy parla “di disgusto che il Re aveva nel cuore verso il suo ministro” in una lettera che invia all’imperatrice Maria Teresa.
    Il 24 Dicembre 1770, alle 11 del mattino, negli appartamenti di Madame du Barry, Luigi XV firma una lettera che il Duca de La Vrillére deve consegnare immediatamente al ministro Choiseul:

    “Ordino a mio cugino, il duca de Choiseul, di rassegnare le dimissioni dalla sua carica di segretario di Stato e soprintendente delle Poste, nelle mani del duca di La Vrillére e di ritirarsi a Chanteloup, fino a nuovo ordine”.

    Choiseul non può fare altro che eseguire l’ordine, ma durante l’ultimo giorno che passa a Parigi, moltissimi cortigiani vanno a trovarlo.
    Nei mesi successivi, i cortigiani si recheranno a Chanteloup dal ministro decaduto. Il Principe de Ligne scrive:

    “Ci traferimmo a Chanteloup e insultammo Madame du Barry, abbandonammo per una intera stagione Compiègne e Fontainebleau, i soli viaggi alla moda, perché Versailles era già decaduta”.

    Ma mme du Barry non può che essere felice per essersi liberata del poco rispettoso ministro.


    - 4 -
    LA DELFINA E LA CONTESSA


    Solo il silenzio che Maria Antonietta continua a riservarle mette Jeanne di cattivo umore. Maria Antonietta, spalleggiata dalle zie, inizia ad usare il silenzio contro la du Barry e tutti quelli che la sostenevano.
    Durante le serate di gioco nel suo appartamento la Delfina rivolge la parole di circostanza a mme du Barry, ma finito il gioco la Contessa smette di esistere. Maria Antonietta non la degna di uno sguardo, come se lei fosse una nullità. L'orgoglio ferito spinge la Contessa a parlare con il Re, il quale a metà Marzo, convoca mme de Noailles per lamentarsi della Delfina. Egli le dice che Maria Antonietta si fa guidare dai pettegolezzi e che offrire cibo durante le battute di caccia è sbagliato e troppo confidenziale. Egli non nomina mai la du Barry, ma il messaggio è chiaro.
    Maria Antonietta si affretta a parlare con il Re, gli dice di essere addolorata per i dispiaceri che gli dava. Il Re si scusa a sua volta e tutto torna come prima.
    La tensione però rimane.
    A metà Giugno è il Conte de Mercy ad essere invitato a cena da mme du Barry e dopo cena il Re gli parla lamentandosi della Delfina.
    Non riuscendo a piegare la volontà di Maria Antonietta, il Conte de Mercy chiede aiuto a Maria Teresa, che inizia a scrivere alla figlia chiedendole di cedere. Maria Antonietta inizia a mostrare il suo carattere ostinato e si rifiuta di obbedire.
    Dopo un altro incontro tra il Re e de Mercy, stavolta Maria Antonietta decide di collaborare. La sera dell'11 Agosto, durante il gioco il Conte de Mercy si avvicina a mme du Barry, a sua volta Maria Antonietta si sta per avvicinare per parlare con la Contessa. Improvvisamente mme Adelaide chiede a Maria Antonietta di ritirarsi per andare a salutare il Re. Il piano elaborato da de Mercy fallisce miseramente.
    E quando de Mercy ne parla con Luigi Augusto davanti alla Delfina, questi si limita a dire:

    "Il Conte ha ragione e voi avete torto madame".

    Spaventata per le conseguenze politiche che l'ostinazione di sua figlia avrebbe potuto creare, Maria Teresa diventa sempre più pressante nelle sue lettere, arrivando anche ad usare il ricatto morale. Alla fine Ottobre Maria Antonietta cede e scrive una lettera a sua madre, affermando che non le si chiede una semplice parola, ma di rinunciare al suo orgoglio dinastico e alle sue prerogative reali davanti ad una donna di rango inferiore. Questo aspetto caratteriale così ostinato sarà un tratto fondamentale del carattere della futura Regina di Francia.

    L' 1 Gennaio 1772 tutta la Corte è riunita per porgere gli auguri al Re ed alla famiglia reale.
    Il giorno dopo mme du Barry va a rendere gli omaggi alla Delfina insieme a mme d’Aiguillon (moglie del ministro scelto dalla Contessa e sua grande amica) ed alla Marescialla de Mirepoix.
    Maria Antonietta rivolge la parola alla d’Aiguillon e poi guarda mme du Barry, è la prima volta dopo mesi che lo fa:

    "C'è molta gente oggi a Versailles".

    A cena il Re accoglie Maria Antonietta con grande bontà ed anche nei giorni successivi le mostrerà tutta la sua benevolenza.
    Dopo cena il Conte de Mercy va a trovare la Delfina, che in quel momento era anche insieme al marito Luigi Augusto. Ella gli racconta tutto ed aggiunge:

    “Le ho parlato una volta, ma sono ben decisa a fermarmi qui e questa donna non sentirà più il suono della mia voce”.

    (approfondimento: vedi paragrafo 6 – Appendice).

    - 5 -
    LA “QUASI REGINA”


    Fin dal 1770, Jeanne si era trasferita nell’appartamento al secondo piano che affaccia sulla Corte di Marmo. Le stanze hanno il soffitto basso e sono le più calde in inverno. Il Re può accedere all’appartamento della Contessa tramite una piccola scala situata nella sua camera.
    Le pareti dell’appartamento sono bianche incorniciate d’oro. Dall’anticamera si passa direttamente nella biblioteca che, contrariamente a quella di Maria Antonietta, è molto ben fornita e usata spesso dalla Contessa che acquista i libri secondo il suo gusto. Lo studio è situato ad angolo, proprio sopra a quello del Re, poi si trova il grande salotto e la sala da pranzo. Nella camera da letto, il letto ha le colonnine scanalate con decorazioni di foglie di mirto e rose, di fronte al letto una commode con pannelli di porcellana incassati e dipinti con scene galanti dal celebre Watteau e di Van Loo. La sala da bagno color giunchiglia completa gli appartamenti della favorita.
    Due piccole stanze sono ricavate dietro la camera da letto, una è destinata alla cameriera personale e l’altra ad un piccolo laboratorio di fisica, dove è stata posta anche una voliera piena di uccelli. Accanto all’appartamento di madame du Barry c’è un piccolo appartamento occupato da sua cognata Chon, che è la sua segretaria e la sua dama di compagnia. La livrea di gala della servitù è scarlatta e oro, quella ordinaria color camoscio e argento. I maggiordomi e gli Svizzeri hanno una livrea blu con galloni color argento; i portantini una livrea scarlatta con galloni color argento. Ogni mattina il Re, accompagnato dal Capitano delle Guardie e dal primo gentiluomo si reca nella stanza della Contessa che, ancora avvolta in una vestaglia bianca, lo aspetta seduta in una poltrona. Affascinato, il Re assiste alla toilette della sua amante. Mentre Jeanne viene pettinata e truccata, le vengono proposti i prodotti che lei acquista senza badare a spese. Abiti, stoffe pregiate, profumi preziosi, gioielli, tutto fa parte del “corredo” del ruolo di favorita.
    Tutti conoscono l’amore per l’arte di Jeanne e i mercanti d’arte le propongono ogni giorno quadri e altre opere che Jeanne acquista volentieri.

    Madame_du_barry
    Mme du Barry ritratta da François-Hubert Drouais nel 1771.
    La sera, dopo il coucher pubblico, il Re lascia le sue stanze per raggiungere Jeanne, che è in compagnia dei suoi amici: il Principe d’Hénin, i Duchi de Laval, de Duras e de Cossé, il Conte de Broglie, il Marchese de Chauvelin, monsieur de Talmont il Duca d’Aiguillon, e monieur de Valentinois. Sempre presente anche la sua migliore amica, la Marescialla de Mirepoix.
    Si beve un ratafià di cotogne a anisetta delle Indie e si mangia confetti alla violetta del Delfinato, mentre si chiacchiera; Jeanne a volte suona l’arpa, oppure vengono lette delle opere teatrali. Ella possiede le opere di Voltaire e un giorno, Jeanne incarica La Borde, primo valletto di camera del Re, di portare un messaggio allo scrittore, chiedendogli di “baciarlo sulle due guance”. Il vecchio e galante filosofo le manderà questa risposta:

    “Che! Due baci sul finire della mia vita Che passaporto m’avete mandato Due, ne bastava uno, mia adorabile Egeria Sarei morto di piacere al primo”.

    Per quanto il suo stile e la sua conversazione sono diventati raffinati, a volte Jeanne si lascia andare ad esclamazioni che rivelano le sue origini. Una sera durante una partita a carte, esclama:

    “Ah, sono fritta!”.

    Il suo compagno di gioco, sorridendo, ribatte: “Bisogna ben credervi, signora, perché dovreste saperne qualcosa”.
    L’allusione riguarda il passato di rosticciere del nonno materno di Jeanne, ma ella non si offende e non si vergogna affatto delle sue origini.
    Tra l'altro, Jeanne non smette mai di andare a trovare sua madre che si è ritirata nel Convento Carmelitano di Santa Elisabetta.

    È diventato di moda tra le dame farsi seguire da un negretto che porta un parasole o solleva lo strascico. Anche Jeanne, per seguire la moda, prende con sé un bambino come paggio, ma non sceglie un africano bensì un bambino di pelle molto scura proveniente dal Bengala, che era stato portato in Francia da un capitano inglese. Il bambino arrivò in Francia nel 1770 ed aveva circa otto anni. Egli si chiama Zamor e Jeanne decide subito di farlo battezzare col nome di Louis Benoit. Jeanne sarebbe stata la madrina e il padrino il Conte di La Marche, figlio del Principe de Conti. Per la cerimonia i padrini sono sostituiti da una cameriera di Jeanne e dal portinaio. Per l’occasione, Zamor indossa un abito di seta bianco con galloni d’argento, una piccola spada d’argento e un cappello con le piume. Jeanne si diverte tantissimo a vestire Zamor come un ussaro, o costumi in seta di Napoli, e Zamor ha ben sei abiti di seta per l’estate e sei di velluto rosso per l’inverno. Jeanne si diverte anche a nominare Zamor Governatore di Louvecienne con una rendita annua di 600 Livres.
    Venti anni più tardi, Zamor si vendicherà di Jeanne nel modo più crudele…

    Non essendoci una donna che possa occuparsi della vita di Corte, la Delfina Maria Antonietta è ancora troppo giovane per potersi occupare con diligenza di tutti gli oneri che la sua posizione comportava, è Jeanne che si occupa di organizzare le feste, i divertimenti e della vita di Corte. È lei che si occupa delle feste per i matrimoni del Conte di Provenza e del Conte d’Artois.
    E più il suo ascendente sul Re aumenta, più aumenta il suo appannaggio mensile. Se nei primi mesi della sua ascesa l’appannaggio arrivava a 200.000 Livres, esso divenne in seguito di 250.000, per poi arrivare a 300.000 Livres. Jeanne spende moltissimo per abiti e opere d’arte ma, soprattutto, in gioielli. Ella è più che consapevole che la sua bellezza non durerà per sempre, così come il regno di Luigi XV, per questo acquista gioielli da poter conservare. Nel 1772 il gioielliere Roüen stima che la Contessa possieda gioielli e pietre preziose per un valore di circa 2 milioni di Livres (per fare un paragone, la collana dello scandalo costava 1.600.000 Livres…). Il Re le fa firmare i suoi buoni di credito, che per il ministro Terray hanno lo stesso valore di quelli del Re.

    Fiera della sua bellezza, Jeanne si fa ritrarre dai migliori artisti del suo tempo, da Drouais a Lawrence.
    Nel Febbraio 1773, Jeanne inaugura un nuovo palazzo che ha appena fatto costruire in avenue de Paris a Versailles. La festa è grandiosa, ma il Re non vi partecipa dando un dolore a Jeanne.
    Poco dopo inizia la Quaresima e il predicatore di Corte, l’Abate Beauvais, nel suo sermone tuona contro le spese e le perenni distrazioni di Versailles, mentre tanta gente soffre la fame. Dall’alto del suo pulpito a Versailles, l’Abate evoca Salomone:

    “Infine questo monarca assetato di voluttà, stanco di aver usato per i suoi sensi assopiti tutti i generi di piaceri che circondano il trono, ha finito di cercarne di nuovi nei vili resti della licenza pubblica”.

    I "vili resti" non potevano essere che un riferimento a Jeanne, che si lamenta con il Re:

    “L’Abate fa il suo mestiere, lo nominerò vescovo”, ribatte il Re.

    Poi Luigi XV si rivolge a Richelieu: “Ebbene, mi sembra che il predicatore abbia tirato molti sassi nel vostro giardino”.
    “Sì Sire, - ribatte il vecchio maresciallo - e con tanta forza che alcuni sono rimbalzati fin nel parco di Versailles!”.

    - 6 - APPENDICE
    LE HA PARLATO DAVVERO UNA SOLA VOLTA?


    In realtà ci sarebbero state altre due circostanze nelle quali Maria Antonietta ha interagito con la Contessa du Barry dopo la famosa frase del 2 Gennaio 1772.
    Una è il 14 Agosto 1772, durante il soggiorno della Corte a Compiègne. Ce lo riferisce il Conte de Mercy:

    “...essendo la favorita arrivata dopo la messa del Re, insieme alla Duchessa d’Aiguillon, la Delifina rivolse dapprima la parola a quest’ultima e, voltandosi verso la favorita, disse qualche frase sul tempo e sulle partite di caccia in modo tale che, senza rivolgersi direttamente alla du Barry, questa potesse credere che erano dirette a lei come alla Duchessa d’Aiguillon. Non occorreva di più per renderla felice”.

    Un’altra è il 27 Novembre 1772.
    Il giorno prima la du Barry annuncia a de Mercy che il giorno seguente sarebbe andata a rendere omaggio alla Delfina e lo pregava di agevolare l’incontro nella migliore delle maniere.
    Il 27, prima dell’incontro, Maria Antonietta dice a Mercy:

    “Ho pregato molto. Ho detto: “O mio Dio, se volete che parli, fatemi parlare. Agirò secondo ciò che vorrete ispirarmi”.

    Prima di cena mme du Barry si presenta alla Delfina insieme all’immancabile Duchessa d’Aiguillon. La Contessa s’inchina e Maria Antonietta le dice:

    “C’è cattivo tempo. Non si potrà passeggiare per tutto il giorno”.

    Scriverà de Mercy a Maria Teresa d’Austria:

    “Questa frase non era rivolta direttamente alla persona e, sia per il tono che per il comportamento, l’accoglienza non era stata delle migliori. Per fortuna era presente in quest’occasione il Delfino; ho notato in questa circostanza l’aria d’imbarazzo e la freddezza dell’Arciduchessa”.

    Il secondo episodio che vi raccontiamo lo riporta solo Castelot, che è un biografo troppo autorevole per aver pubblicato una cosa non verificata o, quanto meno, che non abbia solide basi.
    Sia come sia, è probabile che Maria Antonietta abbia “dovuto” rivolgere la parola alla Contessa altre volte dopo il 2 Gennaio 1772, e quindi il mito “dell’unica volta” verrebbe sfatato, mentre rimane certa la repulsione che aveva nei suoi confronti…

    Continua...


    Louis_XV_e_Mme_du_Barry_Petit_Trianon_-_Joseph_Caraud__1878_
    Luigi XV e Mme du Barry scendono le scale del Petit Trianon immaginati da Joseph Caraud nel 1878.



    Edited by Fede70 - 13/5/2022, 11:38
     
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    - CAPITOLO III -
    DALL’OLIMPO A LOUVECIENNES



    - 1 -
    LA FINE DI DUE REGNI


    La vita va avanti nella reggia dorata, anche se l'innata malinconia del Re prende sempre più spesso il sopravvento.
    Nel novembre 1773, la morte improvvisa del suo amico, il Marchese di Chavelin colpisce profondamente il Re. Il Marchese era ospite a cena da Madame du Barry, chiese al Re di non cenare perché non si sentiva bene, poi si sedette ugualmente a tavola e mangiò solo due mele cotte. In piedi dietro la sedia della Marescialla di Mirepoix egli assisteva al gioco. Improvvisamente impallidì e il Re gli chiese come stava. Il Marchese, senza una parola, cadde a terra fulminato. Per il Re fu una sorta di presagio...

    La Quaresima del 1774 è vicina e il Re spera che la nomina a Vescovo di Senez avesse addolcito l’Abate di Beauvais. Giovedì 3 Aprile 1774, giovedì Santo, egli pronuncia un sermone straordinario durante il quale tuona con eloquenza e disse delle verità che solo il luogo sacro poteva permettere e far passare. Egli arriva perfino a predire la prossima fine del Regno:

    “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!”.

    Passeranno solo trentatré giorni e la profezia si avvererà...

    Il Re aveva sessantaquattro anni e inizia ad essere stanco.
    Ci sono pettegolezzi che parlano di un imminente cambio nel ruolo di favorita. Jeanne è considerata troppo giovane e vivace per un Re anziano, meglio mettere al suo fianco la più calma madame Pater, l’olandese che il Re aveva già ricevuto nel suo letto.
    Le voci di un viaggio a Spa, che avrebbe sancito la sua caduta, innervosivano Jeanne che, credendo agli oroscopi, aveva letto nell’Almanach de Liège “Nel mese di aprile una dama delle più favorite svolgerà il suo ultimo ruolo”. Con ansia Jeanne aspetta che il mese di Aprile passi. E passerà…

    Il 27 Aprile 1774, Martedì, Jeanne e il Re sono al Trianon per la caccia. Egli si sente molto stanco, ma decide di seguire la caccia in calesse. Nel pomeriggio egli torna al Gran Trianon e si mette a letto.
    Durante la notte, sentendo la febbre salire, il Re fa chiamare il primo medico La Monnier. Il medico, dopo averlo visitato, afferma che è solo un problema gastrico. Jeanne accorre e non lascerà più il Re finché poté.
    Le condizioni del Re non migliorano: la febbre e l’emicrania non lo abbandonano, così Giovedì 29 si fa chiamare anche il primo chirurgo La Martinière. Il chirurgo è spaventato, al capezzale del Re vi sono solo lui, La Monnier, Jeanne e il valletto del Re. Il medico è perentorio:

    “Sire, è a Versailles che bisogna ammalarsi!”, esclama preoccupato.

    Il Re indossa un mantello sulla veste da camera e ordina di preparare la carrozza. Madame du Barry lo segue su un’altra.
    A Versailles, le stanze del Re non sono pronte. Tutta la servitù lo aveva seguito al Trianon. Luigi XV resta da sua figlia Adelaide mentre aspetta che il suo letto sia pronto.
    Finalmente a letto, Luigi chiede di essere assistito solo da madame du Barry, che spera e prega che il malore del Re sia solamente una febbre passeggera.
    Il giorno successivo, il 30 Aprile 1774, la febbre e l’emicrania sono ancora forti, così si praticano due salassi al malato. Con il secondo salasso vengono riempite quattro ciotole di sangue…
    Ad assistere il regale paziente vi sono sei medici, cinque chirurghi e tre farmacisti, ma per il Re non sono abbastanza numerosi.

    “Avrebbe voluto aumentarne il numero - scrive un testimone - si faceva controllare il polso sei volte l’ora dai quattordici presenti e quando la numerosa Facoltà non era tutta presente, chiamava gli assenti per averli tutti intorno a sé”.

    “Sire - gli dice La Monnier - è necessario che Sua Maestà faccia vedere la lingua”.

    Il Re mostra la lingua, per poi chiamare il medico successivo: “A voi Lassonne”. E via così per quattordici volte. La stessa scena si presenta quando gli si chiede di mostrare la pancia.

    Luigi_XV_1_ridotto_0
    Luigi XV.
    Maurice-Quentin de La Tour, 1748.
    La stanza del Re era affollata di gente. Qualcuno inizia a parlare di un terzo salasso. La tradizione di Corte impone che dopo un terzo salasso siano impartiti i Sacramenti. Esso è un segno che la vita del Re è in pericolo. E questo significa anche l’allontanamento di Madame du Barry.
    La faccenda diventa, così, anche politica…
    I medici sono sempre più combattuti perché ordinare il terzo salasso significa allontanare la Contessa e fare di lei un nemico potente. Tutti sono sicuri che il Re guarirà entro otto giorni e rischiare di crearsi un nemico potente come la favorita e il Duca d’Aiguillon è troppo pericoloso.
    Si decide così di traferire il Re su un lettino da campo posto al centro della stanza: egli è sempre più debole. Il farmacista Fargeau e il suo aiutante gli fanno un clistere.
    A quei tempi si facevano clisteri praticamente per ogni male…
    La stanza è sempre in penombra, con le tende chiuse perché si dice che la luce ferisce gli occhi del malato e soltanto quando inavvertitamente un cameriere alza un candelabro (oppure quando gli portano un bicchiere d’acqua. Qui le versioni non sono univoche) che sarà evidente la malattia del Re. Le sue guance sono ricoperte di piccoli foruncoli rossi: è vaiolo!
    In passato Luigi XV si era rifiutato di farsi vaccinare credendo, a torto, di aver contratto il vaiolo in giovinezza.
    La notizia si sparge per la reggia con la velocità del vento. Sì racconta che, due settimane prima mentre era a caccia, il Re avesse incontrato un corteo funebre. Luigi era sempre stato attratto da immagini e i soggetti macabri, si era fermato e, chinandosi sulla bara, aveva chiesto per chi fosse il funerale. Gli fu risposto che era per una ragazza appena morta di vaiolo.
    Non è solo questo l’aneddoto che circola in merito al modo in cui il Re aveva contratto la terribile malattia. Secondo il serissimo Journal di Hardy, Jeanne aveva procurato al Re una bellissima ragazza di sedici anni, esattamente come faceva anni prima Madame de Pompadour. La ragazza era malata ed aveva contagiato il Re. Un’altra versione sul contagio fu diffusa dall’abate Beaudeau, che raccontò di come il Re avesse notato la bellezza di una piccola contadina, Jeanne l’avrebbe fatta lavare e vestire con un suo abito e offerta al Re. Soltanto il giorno dopo si seppe che il fratello della piccola era morto di vaiolo.
    Pettegolezzi, cattiverie, i cortigiani di Versailles non frenavano la lingua e la fantasia neanche in simili circostanze…
    Durante il giorno, le figlie del Re si prendono cura del padre, incuranti del possibile contagio. Di sera è Jeanne a stare accanto al Re senza andare a dormire. Ella è sicura di poter aiutare il Re con la sua presenza. Il Re richiede la presenza di Jeanne e una parte della Corte, quella che non le era nemica, è ancora speranzosa: “Andrà tutto bene, si tratta di nove giorni e di un po’ di pazienza”.
    Monsieur de Liancourt è scettico e al medico Bourdeau dice:

    “Ascoltate questa gente che si rallegra perché il Re ha il vaiolo”.
    “Evidentemente
    - risponde il medico - pensano all’eredità. Il vaiolo a sessantaquattro anni, con il fisico del Re, è una malattia terribile”.

    Le condizioni del Re in effetti peggiorano. La confessione del Re era l’argomento che agita tutti i cortigiani. Quando i medici si mostrano ottimisti, lo spettro della confessione si allontana e la scala che porta agli appartamenti di Jeanne è affollata. Quando le condizioni del Re peggiorano, Jeanne viene abbandonata.
    L’Arcivescovo di Parigi, Christophe de Beaumont de Repaire, arriva a Versailles con la sua vasca da bagno perché era malato di calcolosi e doveva fare spesso dei bagni. Egli arriva a Versailles ma, prima di entrare dal Re, viene istruito dal vecchio Maresciallo de Richelieu:

    “Arcivescovo - gli dice Richelieu - se avete tanta voglia di confessare, venite in un angolo, mi confesserò io e vi giuro che la mia confessione vi divertirà quanto quella del Re!”.

    Madame du Barry, spettinata e in lacrime, riceve ogni mattina gli Ambasciatori mettendoli al corrente della notte appena trascorsa.
    Il 3 Maggio 1774 la situazione precipita. Crediamo valga la pena descrivere per intero la scena.
    Il medico personale della du Barry, che segue anche il Re, consiglia vivamente di cedere riguardo ai sacramenti al Re:

    “Madame, il Re è in gran pericolo: il popolo mormora e se la morte lo sorprende senza aver ricevuto i sacramenti, non rispondo della vostra vita”.

    La du Barry ha un crollo emotivo. Ella sapeva benissimo a cosa andava incontro; si riprende e con le migliori maniere possibili, si rivolge al Re:

    “Che dite di questi devoti che vogliono che riceviate i sacramenti, nel momento in cui entrate in convalescenza? Vi consiglio di dare loro soddisfazione. Vi lascerò durante questo tempo e fra qualche giorno verrò a trovarvi”.

    Verso le 13 il Duca de Bouillon è al capezzale del Re, che guardandosi la mano esclama: “È il vaiolo!”. “Ma è il vaiolo!”.

    Nessuno ha il coraggio di rispondere. Al che il Re dice: “Ciò è stupefacente!”.

    Intorno a mezzanotte la du Barry torna dal Re per la veglia e lui le dice:

    “Madame, sono conscio del mio stato, non devo ricominciare lo scandalo di Metz. Se avessi saputo quello che so, non sareste entrata. Lo devo a Dio e al mio popolo. Così bisogna che voi vi ritiriate domani. Dite a d’Aiguillon di venire a parlarmi domani alle dieci”.

    La Contessa fece per prendere la mano del Re per baciarla. Lui la ritira.
    Senza dire una parola, Jeanne lascia il suo posto: ella sa che è quella l’ultima volta che avrebbe visto il suo Re.
    Pochi passi e, davanti alla piccola scala che portava ai suoi appartamenti, ella sviene.
    La Contessa viene portata nelle sue stanze e piange tutta la notte. In lacrime Jeanne guarda il ritratto di Luigi XV in una miniatura che il Re le aveva donato chiedendole di tenerlo sempre nei suoi appartamenti. In cuor suo, forse, spera di essere richiamata dopo la guarigione del Re. La Marescialla de Mirepoix le toglie ogni illusione:

    “Disilludetevi, mia cara, questo era il vostro ultimo incontro. Bisognava approfittarne più vantaggiosamente. Un suo ritratto! Ma è il quinto che vi regala! Non potevate presentargli un buon documento da firmare? Non vi avrebbe rifiutato niente in questo momento, perché vi stava dicendo veramente addio”.

    Emmanuel-Armand_de_Vignerot_du_Plessis-Richelieu_duca_dAiguillon
    Emmanuel-Armand de Vignerot du Plessis-Richelieu,
    duca d'Aiguillon.
    Ritratto anonimo.
    Il 4 Maggio alle 10, come da ordini, il d’Aiguillon è dal Re, che gli dice:

    “Quella povera donna vi ha parlato, bisogna che riceva i miei sacramenti. Come vedete sto male: è il vaiolo”.

    Il Duca tiene duro:

    “Non sono medico, so che i vostri dicono che è una malattia della pelle dalla quale sperano guarirvi. Non dico questo per impedire a Vostra Maestà di riempire le sue intenzioni. E’ sempre un buon esempio da dare ai suoi sudditi”.
    Il Re: “Ma quella povera donna, che ne sarà di lei? Non voglio rinnovare la scena di Metz”.
    Il Duca: “Non vedo la necessità di rinnovarla. E’ sufficiente che si ritiri per il momento di sua volontà”.
    Il Re: “Per andare dove?”.
    Il Duca: “Basti che si allontani da Versailles, non importa il luogo. La riceverò da me a Rueil. Se Vostra Maestà lo desidera, andrò a proporglielo”.

    Il Re non risponde: è indeciso. Il d’Aiguillon si reca dalla du Barry, le consiglia di prendere l’iniziativa e di allontanarsi. Lei acconsente.
    A mezzogiorno si celebra la Messa nella camera del Re. Nella stanza è presente anche l’Arcivescovo di Parigi. Alla fine della Messa il Re gli rivolge la parola:

    “Monsieur arcivescovo, ho il vaiolo!”.
    Il Prelato fa un inchino e risponde: “Ciò è vero e voi sapete cosa dovete fare!”.

    Alle 6 di sera il Re ordina: “Che si chiami La Borde!”.

    Il valletto entra ed il Re gli ordina: “Mandate a chiamare madame du Barry”.
    “Sire, è partita”.
    “Dov’è andata?”.
    “A Rueil, Sire!”.
    “Ah, già!”.


    Il valletto vide due lacrime scorrere sulle guance del Re...

    Alle 4 del mattino del 5 Maggio una carrozza porta via da Versailles la Contessa du Barry accompagnata dalla Duchessa d’Aiguillon.
    L’ultima delle favorite del Re lascia Versailles per sempre.

    Piccolo intermezzo.
    A cosa si riferisce Luigi XV a proposito dello scandalo di Metz? Ve lo raccontiamo.
    La Francia, tra il 1740 e il 1748, era impegnata nella guerra di secessione austriaca.
    Luigi XV era impegnato a Versailles con le sue amanti, tutte figlie del marchese de Nesle.
    Nel giugno 1744 Luigi XV andò al fronte a Metz e, pressato dalle lettere della sua amante ufficiale la Duchessa de Chateauroux, egli le chiese di raggiungerlo. Ma a Metz il Re si ammalò. La sua vita sembrava in pericolo e fu deciso di impartirgli i Sacramenti. Il suo confessore pretese una ammenda pubblica da parte di Luigi XV e l’allontanamento della sua amante. Pochi giorni dopo Luigi XV era completamente guarito. Tornato a Versailles egli richiamò presso di sé la Duchessa de Chateauroux, ma egli non dimenticò più l’umiliazione che gli fu inflitta.

    Riprendiamo.
    Jeanne, con le due cognate e la Duchessa d’Aiguillon, si ferma a Parigi e quella stessa sera viene a sapere che il Re si era confessato e che l’Abate Maudoux non lasciava più la sua stanza.
    Due giorni dopo, tra i rulli di tamburi, passando tra due ali di Guardie Svizzere, Monsignor de La Roche-Aimon, Grande Elemosiniere di Francia, lascia la cappella reale portando il ciborio. Dietro il baldacchino, cammina il Delfino pallido e spaventato. Il giovane Delfino si ferma ai piedi della scala di Marmo, il pericolo di contagio era troppo grande per lui. Maria Antonietta, che era stata vaccinata a Vienna, si ferma in cima alle scale seguita dai Principi del sangue, per vedere il corteo attraverso le sale di rappresentanza. Più ci si avvicina alle stanze del Re e più l’odore diventa terribile. Attraverso le porte aperte si può vedere il Re che tiene tra le mani il crocifisso che sua figlia Luisa gli aveva mandato dal convento. Il volto dì Luigi XV, un tempo bello e ammirato, era diventato nero e gonfio.
    Monsignor de La Roche-Aimon termina il suo compito e vuole andarsene, ma l’Abate Moudoux lo ferma: il Re vuole fare una confessione pubblica, è questa la condizione che l’Abate ha posto per l’assoluzione del morente. Il Cardinale, che ha promesso a Richelieu e d’Aiguillon che non ci sarebbe stato nessuno scandalo, è costretto ad obbedire all’Abate. Egli si dirige nella Sala del Consiglio dove la Corte si era riunita e, a voce alta, dice:

    “Signori, il Re mi incarica di dirvi che chiede perdono a Dio d’averlo offeso e dello scandalo che ha dato al suo popolo”.

    Il silenzio scende sulla sala.

    “Avrei voluto avere la forza di dirlo io stesso”, mormora il Re.

    Nello stesso giorno, come fu scritto nel Registre des ordes du Roi, in data di Domenica 9 Maggio 1774, il Conte Jean du Barry viene imprigionato nel castello di Vincennes, mentre l’ordine del Re per Jeanne fu di essere portata nel convento di Pont-aux-Dames. Alla fine, fu lo stesso Luigi XV a ordinare di rinchiudere Jeanne in convento e non Luigi XVI, come si potrebbe pensare. È difficile capirne il motivo, ma si può azzardare un’ipotesi: Luigi XV sapeva dell’astio che molti avevano per mme du Barry, Maria Antonietta per prima. Forse egli, intervenendo per primo, e mandando Jeanne in quel convento, ha fatto in modo che non le toccasse una destinazione peggiore. Perché, sia chiaro, alla Contessa poteva andare molto peggio…
    Ripetiamo, la nostra è solo un’ipotesi.
    Jeanne è ancora a Reuil il 10 maggio 1774. Alle 15:15 a Versailles, su un d’avanzale di una finestra delle stanze del Re, una candela viene spenta. L’agonia è terminata. Il Re Luigi XV è morto.
    In quei giorni Jeanne riceve un biglietto dalle figlie di Luigi XV: esse sono soddisfatte di come ella si era comportata col padre. Tradotto in soldoni questo significava che si sarebbe fatto in modo di non trattarla duramente...

    Due parole su Luigi XV.
    Luigi XV diventa Re a 5 anni, ma è a 14 anni che diventa veramente Re.
    Egli nella prima parte del regno lavorò con rigore agli affari di stato, ma poi ebbe il sopravvento il suo carattere. E fu proprio dalla seconda parte del suo regno in poi che la “macchina monarchica” iniziò lentamente ma inesorabilmente ad incepparsi...
    Luigi XV era di umore malinconico, tendente alla noia, alla depressione ed era ipocondriaco. Amava davvero fermare i cortei funebri e far aprire le bare. Insomma, paura di morire e fascino dei morti.
    Era un uomo che si annoiava spesso e se si annoiava diventava di pessimo umore, per questo motivo le sue amanti si dannavano l’anima per divertirlo.
    Madame de Pompadour fu logorata dallo stress e dalla fatica. Non era facile essere l’amante di Luigi XV.


    - 2 -
    LA PRIGIONIA



    Giovedì 13 Maggio 1774 il corpo di Luigi XV viene trasferito a Saint-Denis e, nello stesso giorno, in una carrozza a sei cavalli, seguita da un’altra con dentro un ufficiale di Polizia, mme du Barry, accompagnata da una cameriera, viene portata all’abbazia cistercense di Pont-aux-Dames, situata a circa 45 chilometri a est di Parigi.
    In quell’epoca l’abbazia era utilizzata anche come carcere femminile ed entrando nella piccola camera, spoglia e a fatica intonacata, Jeanne esclama:

    “Oh, com’è triste! Ed è qui che mi si manda!”.

    Nei primi giorni la clausura è stretta, ma Jeanne è la duttilità fatta persona. La sua gentilezza, la sua compostezza, la sua intelligenza e, forse, ricordando la sua infanzia al convento di Saint-Aure, si adatterà subito alla nuova vita facendosi ben volere da tutte. Presenzia devotamente a tutte le cerimonie, aiuta i poveri, la Badessa, la reverenda madre Gabrielle de La Roche de Fontenille, diverrà sua amica anche dopo la sua detenzione, e le altre suore sono affascinate da questa nobildonna nonostante il suo passato.
    Ben presto le maglie si allentano e, anche se era una prigioniera ella era una prigioniera di rango, permettendogli dopo poche settimane ampio raggio d’azione. Mme du Barry non può uscire dal recinto dell’abbazia, ma può ricevere ospiti ed avere relazioni con l’esterno ed in breve tempo riesce a sistemare alcuni mobili nella sua camera e fare molti doni all’abbazia ed alla comunità di poveri ad essa collegata.
    Scrisse Siméon-Prosper Hardy, libraio ed autore del suo Journal:

    “Senza affanno, senza inquietudine e senza preoccupazioni ella si procura tutti i divertimenti che può avere. Le buone suore sono ai suoi piedi ed ella fa girar loro la testa, promettendo a una un’abbazia, a un’altra un priorato quando sarà tornata a Corte. La cosa singolare è che le pie beghine le credono: strani e incredibili effetti della fede!”.

    Naturalmente Jeanne non vuole rimanere nella lugubre abbazia e si dà da fare. Innanzitutto convoca presso di sé il suo intendente Montvallier, il suo notaio Le Pot d’Auteuil e il gioielliere Aubert per mettere ordine nei suoi conti e liquidare i creditori. Il sacrificio non si fa attendere: ella si libera di 600.000 Livres di gioielli che, ben inteso, è una minima parte del suo patrimonio…
    Successivamente partono le suppliche. La prima la porta a Luigi XVI il Duca di la Vrillère a Dicembre del 1774, ma non ha nessun effetto.
    Torna alla carica il Principe de Ligne, che consegna a Maria Antonietta una supplica della du Barry che viene inoltrata al Re:

    “Vi siete fatto carico di una bella ambasciata!”, rispose Luigi XVI al Principe.
    E lui di rimando: “Sire, nessun altro tranne me avrebbe osato farlo”.

    In questo frattempo Jeanne può lasciare i confini dell’abbazia, ma vi deve rientrare per la notte.
    Infine, nel Marzo del 1775, ella può lasciare l’abbazia, ma non potrà alloggiare né a Parigi, né a Versailles, né in qualsiasi altro posto che sia a meno di 10 leghe (circa 39 chilometri) dalla Corte.

    Chateau_de_Saint-Vrain
    Il castello di Saint-Vrain.
    Immagine: reginafranciae.com
    Il 9 Aprile 1775, Mme du Barry acquista da monsieur Jacques Sauvages, consigliere e segretario del Re, il castello di Saint-Vrain (circa 50 chilometri a sud di Parigi) per 200.000 Livres, gentilmente prestate dal Duca d’Aiguillon.
    Ella fa venire da Louveciennes tutti i domestici, arreda il piccolo castello, assume anche un cappellano per celebrare le messe ed aiuta tutti i poveri del piccolo paese con distribuzioni di legna, carne e pane. Alle donne che dovevano partorire ella invia brodo, biancheria e cuffiette per bambini. Con parte delle sue toilettes venivano vestite le ragazzine. In breve tempo non c’erano più abitanti in povertà assoluta nella zona. Quando un giorno lei se ne andò un abitante disse: “L’abbiamo tanto rimpianta…”.

    Per far fronte a quelle spese ella vende al Conte di Provenza la sua residenza di Avenue de Paris a Versailles, inoltre Luigi XVI le lasciò le rendite di Louveciennes, delle botteghe di Nantes e quelle offerte da Luigi XV sull’Hotel de Ville (in tutto più di 150.000 Livres di rendita annua…).
    Pur lontana da Parigi e dalla Corte, Jeanne può così condurre una vita agiata ed in buon rapporto con la comunità.
    Questo non fece piacere a qualcuno…
    Il 30 Maggio 1776 il Duca d’Aiguillon, in qualità di Capitano delle Guardie Svizzere, andò dalla Regina per prendere gli ordini per la rivista del giorno dopo e questa fu la risposta:

    “Fareste meglio ad andarli a prendere a Saint-Vrain da mme du Barry, piuttosto che venirli a prendere da me!”.

    Evidentemente a Maria Antonietta non piaceva la vicinanza del Duca d’Aiguillon con la du Barry…

    Durante l’estate del 1776 mme du Barry vende anche la concessione sulle botteghe di Nantes, ma ella non vuole certo rimanere confinata nella campagna francese. Il suo obbiettivo è uno solo: tornare a Louveciennes. E ci riuscirà: ad Ottobre del 1776 le viene data libertà assoluta, tranne quella di tornare a Corte. Ella vende Saint-Vrain, guadagnandoci, e torna a casa sua dopo due anni e mezzo.



    - 3 -
    LOUVECIENNES: IL SUO PARADISO



    A Louveciennes ella è nel suo mondo. Lì Jeanne, a 33 anni, ricostruisce definitivamente la sua vita lontano da Versailles, avendo intorno a lei anche una piccola Corte propria dove tiene sempre tavola imbandita per i suoi ospiti.

    Aneddoto.
    Giuseppe II, nel suo primo viaggio in Francia (a Parigi / Versailles ci stette dal 18 Aprile al 30 Maggio 1777), un giorno era a passeggio dalle parti di Marly per vedere l’avveniristica “macchina” che portava l’acqua dalla Senna alle fontane di Versailles. Notando un bel padiglione lì vicino egli andò a visitarlo e nel parco notò una dama che passeggiava...
    Mme du Barry propose all’Imperatore di visitare i dintorni di Louveciennes. Giuseppe II porse il braccio alla dama che rifiutò “l’eccesso d’onore”. La risposta di Giuseppe II:

    “Non abbiate difficoltà, madame, la bellezza è sempre regina”.

    Quando si dice la classe…
    Ovviamente Maria Antonietta non fu per nulla contenta quando venne a sapere della scampagnata del fratello.

    Nella seconda metà del Febbraio 1778 la Contessa fa visita al vecchio Voltaire.
    Ella s’arrischia perfino ad andare a Versailles di nascosto, insieme a sua cognata Chon che vive con lei, nell’estate del 1779 per una rappresentazione musicale all’aperto. Le due donne, velate in volto, si siedono sulla stessa panchina dove si erano sedute la Regina e la Contessa d’Artois.
    Non successe nulla, ma la Campan si accorse di loro e di un lacché che aveva sempre lavorato per la du Barry quando era favorita del Re.

    Nel 1782 passa da lei un personaggio unico: una donna venuta a presentarle una supplica da far avere al Re riguardante una sedicente concessione di terre avvenute al tempo di Enrico II (si parla del 1500…) per un figlio illegittimo avuto dal Re con Nicole de Savigny. Quella donna assediò di moine e lacrime la du Barry che, non appena se ne fu liberata, gettò la supplica nel fuoco.
    Quella donna era Jeanne de La Motte-Valois...

    Padiglione_du_Barry_-_Louveciennes_-_RIDOTTO
    Il Pavillon de Musique nella tenuta della du Barry a Louveciennes.
    Ai tempi della Contessa non c'era il primo piano.
    Intorno al 1786, Jeanne conosce la pittrice Élisabeth-Louise Vigée Le Brun con cui ha un ottimo rapporto. Racconta la pittrice:

    “Eravamo spesso sole davanti al fuoco, mme du Barry ed io. Mi parlava talvolta di Luigi XV e della Corte, sempre con il più grande rispetto per l’uno e con molto riguardo per l’altra. Si rivelava una donna buona sia nelle parole che nelle azioni e faceva del bene a Louveciennes, dove tutti i poveri venivano da lei soccorsi…”.

    Ma da lei non c’è solo la pittrice della Regina. Ella invita a casa sua il suo ex nemico: il Duca de Choiseul. Ha presso di lei anche gli ambasciatori di Tipoo Sahib, che erano venuti in visita ufficiale presso il Re nell’estate del 1788.
    Fra i vari personaggi illustri ella entra in confidenza col Barone de Breteuil, fedelissimo dei Sovrani, riuscendo a fare da tramite, con successo, con il Duca d’Orléans per far abbassare il prezzo d’acquisto del castello di Saint-Cloud destinato alla Regina…

    Apriamo una parentesi.
    Jeanne fu sempre una fervente monarchica. Anche dopo il bando dalla Corte ella non portò mai rancore per la sua sorte, anzi, fu sempre grata ai Sovrani di averle lasciato praticamente tutti i suoi averi e non averla imprigionata se non per un brevissimo periodo. Insomma, le poteva andare molto peggio...
    Ne prova una memoria del Conte Thomas-Joseph d’Espinchal nel suo Journal d'émigrat on du Comte d'Espinchal, dove egli scrive fra il 1789 ed il 1791:

    “Non posso passare sotto silenzio quanto ci fa sapere monsieur Prioreau [addetto alla casa del Conte d’Artois, futuro Carlo X] su mme du Barry. Questa signora ritirata a Loucienne [Louveciennes all’epoca] ha manifestato all’inizio della rivoluzione i sentimenti più realisti e sappiamo con certezza che, avendo fuso alcuni oggetti preziosi, ne ha ricavato una somma di 500.000 Livres che ha depositato per l’uso del Re e della Regina in caso di bisogno. Questo gesto deve servire a far meglio conoscere e a far giudicare meno severamente una persona sulla quale la calunnia si è crudelmente esercitata”.

    Proseguiamo.
    Per mme du Barry la vita scorre così, tranquilla ed agiata nel suo luogo preferito.
    Vicino alla sua tenuta della du Barry si trova il castello di Brunay appartenente al Conte inglese Henry Seymour, imparentato con i Somerset. Il Conte diviene l’amante di Jeanne e la loro relazione sembra solida, ma Louveciennes viene frequentato anche da un’altra persona: il Duca Louis Hercule Timoléon de Cossé-Brissac.
    De Brissac era un nobile militare tutto d’un pezzo. Persona di gran classe, intelligente, fedele e di grande fascino. Amante dell’arte, egli aveva una collezione di libri e dipinti straordinaria.
    Ai tempi di Luigi XV, il Duca a Corte aveva l’appartamento accanto a quello della du Barry. In quanto Capitano delle Guardie Svizzere egli doveva essere costantemente accanto al suo signore.
    Quando Luigi XV morì, Luigi XVI gli concedette una delle cariche più importanti del regno: quella di Governatore di Parigi. Egli succedette al padre, Jean Paul Timoléon de Cossé-Brissac. Lo stesso che, quando la Delfina Maria Antonietta si affacciò al balcone delle Tuileries, l’8 Giugno 1773, per il delirio della popolazione, pronunciò la famosa frase:

    “Madame, là sotto ai vostri occhi avete duecentomila persone innamorate di voi”.

    De Brissac conosceva bene Jeanne a quel tempo ma, in quanto favorita del Re, egli non poteva fare nulla…
    La fine della relazione con il Conte Seymour gli schiuse le porte del cuore della donna che, forse, lui aveva sempre amato, infatti, dal 1785 in poi egli sarà il compagno di Jeanne.

    Il 14 Luglio 1789 scoppia ufficialmente la rivoluzione, ma a Louveciennes la vita scorre più o meno come prima. Fino al 5 Ottobre 1789…
    La reggia di Versailles viene assalita e la mattina del 6 Ottobre la Regina si salva per un pelo.
    Alcune guardie vengono massacrate altre riescono a salvarsi. Alcune arrivano fino a Louveciennes dove vengono curate da mme du Barry.
    I Sovrani ormai sono alle Tuileries e vengono a sapere del gesto della Contessa. Essi mandano un domestico a porgere i loro ringraziamenti.
    Jeanne è monarchica e lo rimarrà. Nonostante tutto.

    A questo punto la domanda sorge spontanea: si può pensare ad un avvicinamento fra Jeanne du Barry e Maria Antonietta? La risposta: sicuramente no.
    I Sovrani sapevano certamente della lealtà e della disponibilità ad aiutare della du Barry e, per questo, un certo avvicinamento “istituzionale” c’è sicuramente stato.
    Si può dare per molto probabile anche una qualche lettera nella quale la Contessa si mette “a disposizione”. Ne esiste una il cui testo, però, è assai dubbio in quanto è scritto in uno stile diverso da come si esprimeva Jeanne.
    Allo stato dei fatti, però, non c’è nessun documento, di nessun tipo, che faccia anche lontanamente pensare che la Regina si fosse ammorbidita con la Contessa.

    Andiamo avanti.
    Durante il primo periodo rivoluzionario mme du Barry continua a frequentare de Brissac. Il loro amore è più intenso che mai. De Brissac ha un lussuoso appartamento al 116 di rue de Granelle. Il 10 Gennaio 1791 egli dà una grande festa che si prolungò fino a tardi. Jeanne rimane a dormire nella camera appositamente preparata per lei.

    Il mattino dopo arriva una pessima notizia: il castello di Louveciennes è stato svaligiato.

    Continua...



    Edited by Fede70 - 18/6/2022, 21:18
     
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    - CAPITOLO IV -
    LA FINE DEL SOGNO



    - 1 -
    LA MALEDIZIONE DEI GIOIELLI



    Jeanne arriva di corsa a Louveciennes dove il Maresciallo d’Alloggio, Pierre-Louis Campion conduce l’inchiesta.
    Si scopre il più semplice dei piani: i ladri hanno scavalcato il muro di cinta e, con una scala lasciata (o messa apposta?...) all’interno della tenuta, sono arrivati alla finestra della camera della Contessa che hanno rotto per penetrare all’interno. Essi hanno trovato gioielli e perle dentro due cassetti di un tavolo ed un cassettone in camera da letto ed avevano portato via piccoli oggetti e due candelabri.
    L’interrogatorio del personale di servizio non da particolari risultati. Sembra che nessuno si sia accorto di nulla. Sembra...
    L’unica cosa veramente strana è dove fosse finito lo Svizzero appositamente venuto da Courbevoie per fare la guardia di notte alla tenuta.
    Mme du Barry va alla caserma per interrogare la guardia, che è un diciottenne di nome Badoux.
    Si scopre che il giovane è stato convinto da alcuni sconosciuti ad andare a bere in una bettola a mezzo chilometro dall’abitazione della Contessa.
    Il ragazzo viene messo agli arresti.
    Jeanne fa l’inventario di quello che è stato rubato col suo gioielliere Rouen e scopre che i ¾ di quello che aveva in gioielli ed oro era stato rubato: una cifra da capogiro…
    La Contessa fa pubblicare presso in tutte le stazioni di Polizia questo manifesto, con di seguito la lista dei gioielli rubati:

    2000 Luigi [4000 Livres] da guadagnare
    Ricompensa onesta e proporzionata
    Agli oggetti che saranno restituiti.



    Così tutta la Francia, in piena rivoluzione, viene a sapere gli averi immensi della Contessa e, potete starne certi, questo fatto avrà delle conseguenze...

    Entrata_camera_du_Barry__ladri_
    La porta da dove passarono i ladri per derubare la casa della
    Contessa Du Barry.
    Il manifesto, da un punto di vista pratico, tuttavia, ha effetto.
    Il 15 Febbraio 1791, un corrispondente inglese di mme du Barry, Nathaniel Parker Forth, magistrato e giudice di pace (in realtà egli era una spia al servizio del primo ministro britannico William Pitt. Nel 1789 l'Ambasciatore di Francia, de Luzerne, avvertiva Luigi XVI di stare alla larga da questo personaggio definito un vero e proprio “mestatore”...), annuncia alla Contessa l’arresto delle cinque persone che avevano fatto il furto e che avevano cercato di ricettare la refurtiva a Londra.
    Essi erano tre ebrei tedeschi, Simon Joseph, Jacob Moyse, Joseph Abraham; un inglese, Harris ed un francese, Levet, che avevano cercato di ricettare presso un gioielliere di nome Lion (o Léon), detto anche Simon. Il gioielliere, insospettito dalla massa di pietre che avevano a disposizione, avvertì la polizia che arrestò i cinque.
    Il 20 Febbraio la Contessa incontra Forth a Boulogne-sur-Mer e l’uomo la esorta ad andare a Londra per riconoscere i gioielli.
    Mme du Barry parte per Londra con l’aiutante di campo di Brissac, d’Escoure, quattro domestici ed il gioielliere Rouen che conosceva perfettamente i gioielli rubati.
    La spedizione fu pagata da de Brissac che, da signore qual era, si sentiva responsabile in quanto fu lui ad insistere affinché Jeanne rimanesse a casa sua la notte del 10 Gennaio.

    Arrivata a Londra la Contessa viene messa a confronto con i ladri. Ovviamente lei non li conosceva, ma riconosce i gioielli.
    Naturalmente i ladri negano ogni addebito dicendo che i gioielli li avevano presi a Parigi dai veri ladri che, ovviamente, non conoscevano…
    L’arresto dei ladri viene confermato. Non rimane che aspettare il processo.

    Nei giorni che la Contessa rimane a Londra ella viene ricevuta dal Mayor di Londra John Boydell e da tutta l’alta società londinese compreso gli emigrati francesi. Peccato che un certo Blanche (sembra che insegnasse francese a Londra) la sta spiando ed invia dei resoconti su cosa fa e chi frequenta la du Barry a Londra ad un certo George Greive, un rivoluzionario inglese di 42 anni che vive a Louveciennes e che fomentava gli abitanti…
    Teniamo bene a mente questo particolare.

    Il 4 Marzo 1791 mme du Barry ritorna a Louveciennes e scopre che l’inchiesta aveva chiarito diverse cose. Erano stati trovati dei complici: un ricettatore di nome Philippe Joseph (che nel frattempo era sparito in Belgio…), sua moglie, la domestica Gothon e la guardia Svizzera, che aveva aiutato la banda a fare da palo.

    Il 4 Aprile 1791 Jeanne torna a Londra e le comunicano che per la legge inglese i ladri non sono punibili per un reato commesso in territorio francese. La Contessa ottiene solo che i ladri non siano rilasciati, ma i gioielli rimangono a Londra.
    Anche in questo caso Jeanne frequenta tutta la “Londra bene”, compreso il Principe di Galles…
    Blanche da Londra scrive, Greive a Louveciennes riceve...

    Il 21 Aprile 1791 mme du Barry è di nuovo a Louveciennes dove viene riconvocata immediatamente per Londra: stavolta i ladri verranno liberati sul serio.
    La Contessa ritorna in Inghilterra per la terza volta e fa di tutto per impedire la liberazione e la restituzione dei gioielli, ma otterrà solo che vengano custoditi nella banca Ranson, Morland e Hammers in attesa che le autorità francesi si attivino con i loro colleghi inglesi per risolvere la questione.

    In questi giorni londinesi la Contessa si dedica ad acquisti costosi, carità verso i poveri e ricchi ricevimenti. Il tutto veniva garantito dai banchieri olandesi che vivevano a Parigi, Jean-Baptiste Vandenyver ed i figli Edmo-Jean-Baptiste e Antoine-Agustin.
    Anche in questo caso, Blanche spia tutto e riferisce ogni passo ed ogni frequentazione…
    Il 25 Agosto 1791 ella lascia Londra per tornare a Louveciennes.

    Nel frattempo però la famiglia reale veniva intercettata a Varennes ed una volta riportata alle Tuileries, viene messa sotto strettissima sorveglianza.
    La Guardia del Corpo del Re viene sciolta e l’Assemblea “autorizza” il Re ad istituire una Guardia Costituzionale di 800 uomini alla cui testa viene messo proprio de Brissac…

    Il Re a de Brissac: “Siamo decisi a non fare assolutamente nulla, a restare tranquilli due o tre anni, se occorre, finché il popolo, stanco, non ci rimetterà al nostro posto. Vogliamo che la nobiltà faccia altrettanto”.

    De Brissac: “Sire, questo è facile per voi che avete una Lista Civile di 25 milioni di Livres [appannaggio che l’Assemblea Nazionale destinava alla casa del Re.], ma noi nobili, che non abbiamo più niente e abbiamo scarificato tutto per servirvi, ci troviamo di fronte a due possibilità: unirci ai nostri nemici per detronizzarvi, o fare la guerra e morire sul campo dell’onore. E Vostra Maestà sa bene che, se vuole credermi, sarà questa seconda decisione che prenderemo”.

    Chiesero al Duca il perché avesse accettato quell’incarico pericolosissimo. La risposta: “Faccio quello che devo per rispetto degli antenati del Re e dei miei!”.

    Non c’è che dire, il Duca è un uomo d’onore.

    La parte moderata dell’Assemblea Nazionale, riesce a mettere una pezza alla fuga del Re ed alla conseguente situazione politica esplosiva. La Costituzione viene promulgata ed in un primo tempo sembra che la deriva estremista della rivoluzione venga soffocata.

    Sembra...

    Durante l’inverno del 1792 la situazione ritorna ad essere instabile. La parte moderata viene messa in disparte dai giacobini e la Guardia Costituzionale viene sciolta il 29 Maggio 1792.
    Viene ordinato l’arresto del Duca de Brissac per tradimento. Gabriel, nipote dell’ex ministro Choiseul corre ad avvertire i Sovrani che erano a letto. Essi mandano ad avvertire immediatamente il Duca per proporgli di scappare subito. Egli aveva ancora due o tre ore di tempo prima che venissero a prenderlo.
    De Brissac, ligio al suo dovere e sicuro della sua innocenza, decise di non fuggire e scrisse alla sua amata Jeanne.
    Il Duca viene incarcerato a Orléans nell’ex convento delle Minime dove mme du Barry va a trovarlo più volte.
    Ella cerca in tutti i modi di convincere de Brissac a fuggire ma lui non vuole. Egli è un uomo di altissime qualità, ma è un rappresentante della sua epoca e non capisce con chi ha a che fare…

    E infatti, il 10 Agosto 1792, con l’assalto alle Tuileries la monarchia crolla definitivamente.
    I Sovrani vengono imprigionati al Tempio e de Brissac a quel punto non si fa più illusioni sulla sua sorte. Egli prende carta e penna e scrive il suo testamento lasciando a Jeanne una parte consistente del suo patrimonio.
    A fine Agosto l’Assemblea Nazionale decide che i prigionieri devono essere trasferiti a Saumur (Loira) in quanto l’attuale carcere, dopo una serie di fughe, non è ritenuto sicuro.
    Il 30 Agosto 1792, 1800 uomini della Guardia Nazionale comandati da Fournier l’Americano, un delinquente sanguinario, si presentano per il trasferimento che avvenne il 4 Settembre.

    Ricordiamo che siamo nel mezzo ai cosiddetti Massacri di Settembre, che dal 2 al 6 insanguinarono Parigi, Orléans, Meaux e Reims.

    Louis_Hercule_Timoleon_-_ridotto
    Il Duca Louis Hercule Timoléon de Cossé-Brissac.
    Ritrattista anonimo.

    Una folla inferocita, che accusava i prigionieri di ogni genere di crimine, circonda il convoglio ed una volta venuta a sapere che i prigionieri dovevano essere trasferiti a Saumur si fa troppo minacciosa perfino per la Guardia Nazionale, così si decide di portarli a Parigi.
    Essi arrivano a Parigi ed un commissario del governo rivoluzionario decide di farli portare a Versailles. Il convoglio arrivato all’altezza del bivio fra rue de la Fontaine-des-Quatre-Bornes e rue de Satory, nonostante l’opposizione del sindaco di Versailles Hyppolite Richard, viene assalito da una folla di esagitati che massacra 44 prigionieri tra i quali l’ex ministro degli Interni e poi degli Esteri de Lessart, l’ex ministro della Guerra d’Abancourt, l’ex Vescovo di Gévaudan, de Castellane. De Brissac fa in tempo a liberarsi e combattere con un bastone. Il Conte vende cara la pelle, ma a forza di colpi di picca egli viene sopraffatto e dilaniato. Gli assassini, non soddisfatti, portano i pezzi del Conte in giro per mostrali a compagni e gente di passaggio.
    Durante quella notte Jeanne era in angoscia nel suo piccolo castello. Ella sapeva di quel trasferimento avvertita dall’aiutante di campo di de Brissac, d’Escoure. Ad una certa ora si sentono delle grida: Ca ira… Ca ira, les aristocratiques à la lanterne!
    Faceva caldo quella notte del 9 Settembre 1792. La finestra della camera della Contessa era aperta. Una testa umana rotola ai piedi di Jeanne.
    Non si sa cosa successe dopo...
    Anni dopo fu trovato un teschio appena sotto il prato nel parco del castello. La Contessa aveva sepolto lì la testa del suo amato…


    Per la Contessa du Barry non c'era tempo per il dolore: la polizia londinese ed il gioielliere Lion, che l’aveva avvertita, chiedono il pagamento delle 4000 Livres per il ritrovamento dei gioielli. Jeanne rifiuta: i gioielli non le sono stati restituiti.
    Il pretesto è ottimo per tornare a Londra e risolvere la questione ma, soprattutto, incontrare e sostenere gli emigrati.
    Stavolta, prima di partire, ella sotterra in vari punti del parco del castello tutti i preziosi che aveva.
    Poi si procura un passaporto che il ministro degli Affari Esteri Lebrun gli accorda con grazia. Egli, visti i tempi, le consiglia di rilasciare una dichiarazione alla municipalità di Louveciennes che ella si recava all’estero per la conclusione del processo. In quel periodo le leggi sull’emigrazione erano severissime ed infrangerle equivaleva alla ghigliottina.

    Il 10 Ottobre 1792 mme du Barry parte e nella sua carrozza ci sono: la Duchessa d’Aiguillon travestita da cameriera, la Duchessa di Brancas con passaporto inglese, il cavaliere la Bondie, nipote di d’Escoure. Più tardi la compagnia sarebbe stata raggiunta dalla Duchessa di Mortemart…

    Il 22 Ottobre 1792 la Contessa si stabilisce in Burton Street vicino a Berkley Square. Nel suo soggiorno ella incontra: Talleyrand, de Bouillé (proprio lui, il vigliacco che voltò le spalle ai Sovrani a Varennes invece di andarli a salvare…), Narbonne, il Barone de Breteuil (proprio lui, il fedelissimo ministro della Maison de Roi…), il Conte de Pohan-Soubise, Molleville, le Principesse de Foix e d’Hénin, l’Abate de Saint-Phare, figlio illegittimo del Duca d’Orléans. Insomma, il fior fiore della nobiltà realista francese emigrata in Inghilterra.
    Ella aiuta finanziariamente anche i preti refrattari fuggiti dalla rivoluzione.
    I soldi vengono sempre dai banchieri Vandenyver che garantiscono per lei e che, comunque, le consigliano di non attardarsi oltre la scadenza del passaporto se non voleva incorrere in guai.
    Jean-Baptiste Vandenyver scriVe alla Contessa:

    “I decreti della Convenzione Nazionale sono durissimi contro i cittadini assenti che vengono qualificati tutti come emigrati. Tuttavia, io penso che voi non possiate essere considerata tale, visto il passaporto di cui siete munita, e essendo noto che il viaggio non ha altro scopo che il processo da tutti conosciuto”.

    Forse era meglio che quella seconda frase non fosse stata scritta… I giudici fissano l’udienza del processo per il 9 Novembre. Jeanne rimane.
    Comunque sia, teniamo bene a mente la lettera di Vandenyver. Servirà...

    Il 21 Gennaio 1793 Luigi XVI viene ghigliottinato.
    Tutti i monarchici francesi e inglesi sono a lutto. Ci sono manifestazioni in favore della monarchia. Nei teatri ci si ferma e si canta God save the King. Molte messe vengono celebrate e la Contessa partecipa.
    Confuso fra la folla Blanche prende nota di tutto ed informa in Francia…

    L’1 Febbraio 1793 la Francia dichiara guerra all’Inghilterra e quest’ultima si dichiara in stato di guerra. L’Assemblea dichiara la confisca dei beni degli emigrati.
    Alcuni hanno paura.
    La Duchessa di Mortemart rientra clandestinamente a Calais sotto il nome di cittadina Mortimer. Anche il Duca di Rohan-Chabot vuole rientrare e chiede alla Contessa 200.000 Livres, che i banchieri Vandenyver concedono e che il Duca dovrà rimborsare una volta in Bretagna. Altre 200.000 Livres andranno al Vescovo di Rouen, il Cardinale la Rochefoucauld.
    Anche in questo caso tenetevi bene in mente questi due prestiti…

    Il 28 Febbraio 1793 c’è anche il verdetto per l’istanza presentata nel frattempo dal gioielliere Lion, per il pagamento delle 4000 Livres per il ritrovamento dei gioielli. Il tribunale ne accorda la metà.

    Fermiamoci un attimo.
    Molti indizi portano a pensare che mme du Barry nel suo quarto soggiorno a Londra avesse recuperato almeno parte dei suoi gioielli. Non si spiegherebbe altrimenti questa sentenza.
    Inoltre non si spiegherebbe altrimenti la facilità con cui i banchieri Vandenyver concedevano denaro alla Contessa.
    Un altro indizio è il fatto che molti anni dopo gli eredi di Jeanne troveranno la sua fortuna fortemente ridotta. Si calcola che per aiutare gli emigrati Jeanne avesse distribuito almeno 400.000 Livres mentre era in Inghilterra.

    Il passaporto di mme du Barry era scaduto dall’inizio dell’anno ed a fine Febbraio Greive ottiene i sigilli per il castello di Louveciennes.
    Jeanne decide di tornare.
    Perfino il Primo Ministro inglese William Pitt implora la Contessa di non partire:

    “Madame, vi attende la sorte di Regolo!”.

    Né i consigli, né la tragedia di de Brissac, né la situazione politica fanno desistere la Contessa.
    Ritornare significava morire.
    Perché dunque tornare? È difficile dare una risposta alla sua scelta.
    Forse perché temeva troppo di perdere la sua fortuna sotterrata nei prati del suo amato castello?
    Forse perché DOVEVA tornare per tenere i collegamenti con i monarchici ancora in Francia?
    Forse perché ella era davvero confidente che non le avrebbero fatto del male, nonostante il passaporto scaduto e nonostante le compromissioni con i monarchici?
    Possiamo dire che ella era certa che in Francia non sapessero nulla. Ella non sapeva di Blanche e che i suoi movimenti erano stati spiati, annotati e riportati in Francia.
    Possiamo anche dire che ella era una donna di grandi qualità, ma ingenua. Tutte le sue scelte lo dimostrano: il fatto di redigere una lista dei suoi averi e di renderla pubblica. Fare tutti quei viaggi a Londra alla luce del sole. Tutte le scelte che da qui in poi farà...
    Una cosa è certa: tornare in Francia quell’ultima volta fu il suo unico VERO errore. Un errore fatale…

    Du_Barry_0
    Mme du Barry a 38 anni ritratta da Élisabeth Louise Vigée Le Brun nel 1781.
    Riprendiamo.
    Il 3 Marzo 1793 parte da Londra ed arriva a Louveciennes solo intorno al 20 Marzo perché ella ricevette il nuovo passaporto a Calais solo il 17.
    Quando arriva a casa Jeanne trova i sigilli e va subito a protestare presso i cittadini amministratori. Essi ascoltano le sue ragioni e tutti i documenti (in regola) che ella gli mostra, ma non prendono una decisione, così ella si catapulta a Lavallery presso il Direttorio del dipartimento ed un ex avvocato del Parlamento, molto più vicino alla monarchia che alla rivoluzione, la tranquillizza e le promette di interessarsi al suo problema.

    La Contessa riesce ad avere il certificato di residenza ma il trio Blanche, Greive, Zamor, il paggio di colore allevato dalla Contessa che ora, per riconoscenza, la vuole sulla ghigliottina, il 26 Giugno 1793 redige una petizione firmata da 36 abitanti.
    Il 29 Giugno Blanche ci mette il carico presso il dipartimento di Seine-et-Oise.
    In pratica, essi accusano Jeanne di cospirare e che la sua casa è un conciliabolo di monarchici.
    Il 2 Luglio la municipalità di Louveciennes mette agli arresti domiciliari lei ed i suoi domestici.
    Mme du Barry non demorde ed ottiene di andare a protestare al Direttorio dipartimentale a Versailles, accompagnata dal sindaco di Louveciennes Ledoux.
    Al suo arrivo la sala del direttorio è vuota ed ella ottiene che si cerchino gli amministratori a casa loro.
    Quando sono tutti riuniti ella mostra tutti i certificati, tutti i passaporti e tutte le motivazioni dei suoi viaggi. Inoltre, fatto piuttosto sorprendente, ella mostra le prove del contributo economico che ella aveva dato per i volontari di Louveciennes che erano andati a combattere i realisti in Vandea.
    In effetti, stando ai documenti, c’era poco su cui accusare la Contessa ma, allo stesso tempo, pendeva la denuncia alla convenzione che Greive aveva fatto nel frattempo.
    Con la classica lavata di mani, gli amministratori lasciano la palla alla Convenzione contenti di non assumersi la responsabilità di una decisione.
    Alla Convenzione George Greive ci mette tutto il suo odio verso mme du Barry, ma l’organo non prende una decisione netta. Si faranno delle indagini e poi si deciderà. Visti i tempi, è un successo per la Contessa.
    Il 12 Luglio ella ritorna a protestare a Versailles ed il 13 Luglio 50 abitanti di Louveciennes, in rappresentanza delle 154 famiglie, depongono tutti in favore della du Barry, forse vergognandosi della petizione firmata poco tempo prima che, probabilmente, era redatta in maniera poco chiara o fatta firmare sotto minaccia.
    Ricordiamo che mme du Barry aveva sempre contribuito con grande generosità verso la comunità di Louveciennes. Praticamente non esisteva gente in povertà assoluta e l’ideologia rivoluzionaria attecchiva con difficoltà presso quelle persone che senza la ricca Contessa sarebbero tornate in grande difficoltà.

    La Convenzione decide: la du Barry torna libera. Greive, Blanche e Zamor si disperano.

    Sembra tornare il sereno sulla Contessa, che ritrova l’amore con il sessantenne Louis-Antoine de Rohan-Chabot e amico intimo di de Brissac.

    Purtroppo per Jeanne la storia è contro di lei: il 17 Settembre 1793 la Convenzione vota la legge sui sospetti. Sono sospetti tutti coloro che “per le loro relazioni familiari o d’amicizia, il loro comportamento o ruolo pubblico, la classe sociale, devono essere considerati come contrari al nuovo regime”, ovvero praticamente tutti.
    Greive non si lascia scappare l’occasione ed il 21 Settembre 1793 ottiene l’arresto della Contessa.
    Greive ottiene anche di rovistare da cima a fondo casa sua e riceve 3000 Livres per le spese anticpate, le guardie e l’arresto.
    Egli si dirige trionfante al castello.
    Quando Jeanne li vede arrivare nella sua anticamera ella capisce tutto e corre al primo piano per far scomparire dei documenti compromettenti. Greive la ferma in tempo.
    È la fine per Jeanne du Barry.
    Come per Luigi XVI con l’armadio di ferro, Jeanne commise l’imprudenza di non disfarsi dei documenti e delle lettere compromettenti.

    La donna viene trasferita alla prigione di Sainte-Pélagie. Un passante protesta per quell’arresto e viene arrestato anche lui. Greive ordina l’arresto anche del vecchio ex aiutante di campo di de Brissac, d’Escoure, ormai sessantottenne.

    Siamo in pieno Terrore.
    Il 14 Ottobre 1793 inizia il processo alla Regina. Il 16 ella va al patibolo.
    Nonostante tutto Jeanne mantiene un incredibile ottimismo.
    Ella si preoccupa soprattutto della sua Louveciennes e dei suoi domestici rimasti a casa.
    Se sapesse…

    Greive, Zamor ed una dozzina di delinquenti pari loro si sono stabiliti a casa sua tiranneggiando su tutti quelli che avevano avuto a che fare con la Contessa. La stessa cittadinanza è obbligata a rilasciare dichiarazioni secondo quello che voleva Greive.
    Una povera donna, accusata di essere una ricettatrice, si suicida perché era stata minacciata da Greive di mandarla sulla ghigliottina.
    Un vecchio domestico della Contessa, Deliant, morì di paura nel suo viaggio verso la prigione di Versailles.
    In breve Greive e Zamor scoprono vari nascondigli dove Jeanne aveva riposto i suoi gioielli ma, soprattutto, varie carte e lettere sui suoi rapporti con i monarchici e gli emigrati. Greive leggerà tutto, annoterà tutto, catalogherà tutto e ne farà un’ampia relazione per il tribunale di Fouquier-Tinville.
    Tutto questo mme du Barry dal carcere non lo sa…

    Continua...

    - 2 -
    IL PROCESSO



    Il 30 Ottobre 1793 la Contessa du Barry viene interrogata nel carcere da due membri del Comitato di sicurezza generale e da un cancelliere.

    Raccontiamo l’interrogatorio:

    “Come vi chiamate?”.
    “Jeanne Vaubernier du Barry, di quarantadue anni
    [in realtà 50...], abitante di solito a Lucienne, in una casa che appartiene a me quanto alla Nazione”.
    “Avete fatto diversi viaggi a Londra?”.

    Ella non ha difficoltà a riconoscere i viaggi che aveva fatto per riprendere i diamanti.

    “Il tempo che dovevate passare a Londra non era forse limitato dal vostro passaporto?”.
    “Il tempo non era limitato e non poteva ragionevolmente esserlo, poiché si trattava di un processo”.
    “Durante il tempo che eravate a Londra sono stati emanati dalla Convenzione Nazionale vari decreti che obbligavano tutti i francesi, usciti dalla Repubblica dopo una certa epoca, a rientravi sotto pena di essere considerati emigrati e d’essere trattati come tali. Ne eravate a conoscenza?”.
    “Ero a conoscenza di questi decreti, ma non ho pensato che potessero riguardarmi, essendo uscita per una causa conosciuta e con un passaporto”.
    “Alcune persone che si interessavano a voi vi hanno scritto per sollecitarvi a rientrare in Francia, per evitarvi l’accusa nella quale avreste potuto incorrere, visti i decreti emanati contro le persone che si trovavano fuori dal territorio della Repubblica. Perché avete trascurato questo consiglio?”.
    “Non mi ricordo d’aver ricevuto alcuna lettera contenente un simile consiglio; se l’avessi ricevuta, ne avrei tenuto conto”.

    Quella risposta fu un grosso errore, ma ella non sapeva che...

    La_Cour_des_Femmes_alla_Conciergerie_-_Cartolina_del_1936_-_ridotto
    La Cour des Femmes alla Conciergerie, dove le detenute prendevano aria, in una cartolina
    del 1936.
    ...Uno dei due rappresentanti mostrando al cancelliere una lettera (quella che vi abbiamo descritto prima): “In questo momento abbiamo esibito una lettera con la quale il cittadino Vandenyver scriveva il 19 Novembre 1792 all’inquisita per avvertirla che i decreti della Convenzione Nazionale erano molto severi contro coloro che egli chiama i sudditi assenti, i quali erano qualificati tutti come emigrati”.
    Jeanne è costretta a riconoscere di aver ricevuto quell’avvertimento.

    Si cambia argomento.
    “Durante il vostro soggiorno a Londra, è stata dichiarata la guerra fra la Repubblica francese ed il Re di Gran Bretagna. Come mai, date le circostanze, non avevate lasciato un territorio nemico?”.
    “La guerra è stata dichiarata poco tempo prima della mia partenza e, poiché il mio processo era vicino alla sentenza, ho prolungato il mio soggiorno per risparmiarmi un nuovo viaggio per la sua conclusione”.


    Le domande si spostano verso le 200.000 Livres prestate a Rohan-Chabot ed alle 200.000 date la Vescovo di Rouen e la Contessa riconosce di averle effettivamente versate.
    Anche qui gli inquirenti dovevano sapere dei versamenti tramite il lavoro di spionaggio di Blanche e dei documenti rinvenuti da Greive.

    Arriva una domanda inattesa: “Avete conosciuto il Generale Coustine?”.
    Il Conte de Coustine era un militare accusato e giustiziato il 27 Agosto precedente per complicità con il nemico. Egli era l’occupante della prima cella di Maria Antonietta alla Conciergerie prima che ci trasferissero la Regina.
    Essendo de Coustine morto la du Barry pensa di aver gioco facile, ma cade nella trappola:
    “L’ho conosciuto come tutte le persone che frequentavano la Corte, quando ero là, ma non l’ho conosciuto particolarmente, non credo neppure di avergli parlato”.
    I due ufficiali le mostrano allora due lettere trovate a casa sua (da Greive).
    Jeanne non se lo aspettava e butta lì una risposta a cui non avrebbe creduto nemmeno un bimbo di 5 anni:
    “Ero alloggiata nella dimora di Brissac, prima dello scorso giugno; mentre scrivevo un giorno su una scrivania, ho portato via distrattamente queste due lettere di cui ignoro il contenuto e, accortamente una volta tornata a casa, le ho messe in un armadietto, senza leggerle”.

    L’interrogatorio, dopo alcune domande sulle frequentazioni avute a Londra tra cui Forth, mme de Mortemart e la Principessa Lubomirska, gli ufficiali ritornano sui soggiorni a Londra:
    “Durante i viaggi fatti a Londra, avete avuto rapporti particolari con gli emigrati francesi che si trovavano in quella città?”.
    “Ho visto alcuni francesi che erano a Londra e che avevo conosciuto”.
    “Chi sono coloro che avete visto particolarmente?”.
    “De Crussol, de Poix, de Cahouet, de Calonne. Quest’ultimo l’ho visto solo il giorno del mio arrivo, visto che è partito il giorno dopo. Frequentavo anche le mogli di questi signori, come anche d’Aiguillon, che ho visto una sola volta. Frequentavo in particolar modo le inglesi”.
    “Avete dato o fatto dare denaro agli emigrati rifugiati a Londra?”.
    “Non ho fatto dare loro neanche un soldo…”.


    L’interrogatorio si sposta sulla copiosa beneficenza che ha avuto occasione di fare a Londra ma, essendo un argomento comunque troppo poco “monarchico”, si spostano subito sul furto dei diamanti.
    “L’inventario dei diamanti che avete fatto stampare è vero e contiene l’elenco di tutti quelli che vi sono stati rubati? E comprende solo quelli che vi sono stati rubati?”.
    “L’inventario è assolutamente vero, ad eccezione d’una collana di smeraldi e diamanti, che mi era stata rubata e che era stata portata a monsieur de Brissac, durante il mio penultimo viaggio a Londra”.
    “Non avete avuto il progetto di vendere i vostri diamanti, non avete fatto dei tentativi in questo senso? Non li avete forse mandati in paesi stranieri ed in quale momento?”.
    “Nel 1789 o nel 1790, mi ero rivolta a Vandenyver che aveva mandato in Olanda una parte dei miei diamanti, ma non essendo il prezzo di mia convenienza, li ho ritirati dalle mani del suddetto Vandenyver, al quale ho fatto una precisa ricevuta per annullare la valutazione che aveva fatto”.
    “Alcuni giorni prima del vostro arresto, non avete fatto portare ad un orefice di Parigi una grande cassa d’argenteria che egli ha acquistato?”.
    “Non ne ho mandata una cassa a Parigi; ne ho fatta portare una parte a Versailles, da una persona al mio servizio, per farne togliere gli stemmi, conformemente ai decreti”.
    “Avete denaro contante a casa vostra?”.
    “Nella mia casa ho nascosti o chiusi a chiave undici sacchi di 1200 Livres ciascuno, in Scudi da 6 Livres e 1531 Luigi da 24 Livres che non mi appartengono e che monsieur de Brissac m’aveva prestato all’epoca del mio penultimo viaggio a Londra, per pagare la prima ricompensa a coloro che avessero scoperto il furto dei miei diamanti. Non conosco il luogo dove sono collocati, ma il mio valletto di camera, Morin, detenuto alla Force, deve saperlo. Inoltre ho 40 doppi Luigi ed alcune mezze ghinee, custodite con molti altri oggetti preziosi che mi appartengono, ma ignoro dove questi oggetti si trovino, essendomi affidata al mio personale per metterli in luogo sicuro. In ogni caso, presumo siano in una serra vicino alla ghiacciaia”.


    Piccolo commento.
    In tutte le risposte di mme du Barry si vede come ella “va oltre” la domanda. Si, insomma, parla troppo. Jeanne risponde precisamente, coinvolge persone, fa i nomi, fa cifre, ecc., invece di essere il più possibile abbottonata, essere concisa, cercare di stare sul vago, fare nomi solo quando non se ne può fare a meno.
    Ella sembra non ricordare che Greive le aveva preso tutti i documenti. Sembra non sospettare che gli inquirenti sapessero abbastanza sulle su frequentazioni a Londra, cosa che traspare fra le righe delle domande.
    Mme du barry sembra non rendersi conto della situazione in cui si trova e certamente non capisce che genere di persone ha di fronte…

    Ripartiamo.
    Il giorno dopo, il 31 ottobre 1793, i due membri del Comitato di Sicurezza vanno alla Force per interrogare Vandenyver e figli. Essi, ovviamente, non possono negare le affermazioni della du Barry.
    “Come avete potuto fornire dei fondi alla du Barry, o lasciarglieli fornire dalla vostra casa, dopo la lettera che avevate scritto il 19 Novembre 1792, in cui le parlavate di decreti minacciosi contro i suddetti assenti, considerati alla pari degli emigrati?”.
    “Le ho procurato dei fondi perché non la consideravo un’emigrata e ho usato quelle parole solo per affrettare il suo ritorno, avendo sentito dire che i beni degli emigrati sarebbero stati confiscati e credendo d’aver sentito dire che erano stati apposti i sigilli alla sua casa”.


    Il 19 Novembre 1793 la Contessa viene trasferita alla Conciergerie, ovvero l’anticamera della ghigliottina.
    Ecco la motivazione dell’incarcerazione: “...accusata di emigrazione d’aver fornito, durante i soggiorni che ha fatto a Londra, soccorsi pecuniari agli emigrati e d’aver mantenuto con loro rapporti sospetti”.
    Jeanne si rende conto così che l’interrogatorio precedente non è servito a nulla, anzi...

    Il 22 Novembre ella viene interrogata di nuovo dal vice presidente del Tribunale rivoluzionario René-François Dumas, che dirige l’interrogatorio in presenza di Fouquier-Tinville.
    Di questo interrogatorio non ci sono i particolari, si sa solo che è durato un’ora.

    Il 6 Dicembre 1793 inizia il processo vero e proprio nella Grand-Chambre del Parlamento. La folla è quella delle grandi occasioni. Dopo Maria Antonietta è ora di far saltare la testa alla favorita di Luigi XV.
    Insieme a mme du Barry c’è il banchiere Vandenyver ed i suoi due figli.
    Presiede Dumas, affiancato da tre aiutanti, François-Joseph Denizot, Alexandre David e Charles Bravot.
    Tra i giurati c’è una vecchia conoscenza: il falegname Trichard. Lo stesso giurato che la sera della condanna alla Regina scriveva al fratello:

    “Ti comunico, fraTTello mio, che sono stato uno dei giurati che hanno giudicato la bestia feroCIE che ha divorato una grande parte della Repubblica, quella che chiamavano prima col nome di reGGina…”.

    Non abbiamo le minute del processo alla Contessa che, presumiamo, sia durato diverse ore.
    Fouquier-Tinville riporta le seguenti dichiarazioni:

    Greive.
    “La du Barry ha impedito il reclutamento a Lucienne. Nella notte del 22 Settembre scorso, in occasione dell’arresto, è stata trovata una grande quantità d’argenteria in un luogo che serviva a tenere gli attrezzi da giardiniere, vicino al grande viale e il famoso servizio d’oro, gemme e smeraldi in un altro luogo, sepolti Luigi, Scudi da 6 Livres, oltre a bronzi e il busto di Luigi XV… Qualche giorno fa, lo scorso decadì, sono stati trovati in un mucchio di letame, nei pressi del grande viale, una quantità di pietre preziose, d’oro e d’argento, e, da pochi giorni, il ritratto del reggente e d’Anna d’Austria… poi, trovato nella camera, della Roussel, la medaglia di Pitt, nascosta sotto della crusca”.

    Viene chiesto alla Contessa: “Qual è questo ritratto di donna scoperto in giardino e sepolto in un mucchio di concime?”.
    “Non so”.


    Greive poi parla a lungo di Forth. Annota Fouquier-Tinville:
    “Ella ha dichiarato nel suo interrogatorio che, al ritorno nel Marzo 1793, il suo processo era finito. Allora perché l’attestazione sosteneva che era necessario che tornasse in Inghilterra? La du Barry ha detto che era per ricevere i suoi diamanti e pagare le spese…
    Ella ha ammesso di aver portato il lutto per il tiranno, visto che non aveva portato con sé che abiti neri…
    La du Barry sostiene che ha ricevuto alcune note relative alla formazione dell’ultima Guardia del Re, ma che non ha partecipato ad alcuna nomina…
    La du Barry ammette che ha licenziato il giardiniere e Zamor, perché avevano rapporti con il dichiarante
    [Greive]”.

    A questo punto del processo Greive finisce la deposizione e viene chiamato il vecchio d’Escoure portato dalla Force per spiegare il prestito di 200.000 Livres a Rohan-Chabot che lui scusa malamente come pagamento alla Nazione… (D’Escoure venne ghigliottinato pochi giorni dopo la du Barry).

    Du_Barry_-_Vigee_Lebrun_-_1789_-_RIDOTTO
    Jeanne du barry ritratta da Louise Élisabeth Vigée Le Brun.
    Dipinto iniziato nel 1789 e terminato dopo la morte della Contessa.
    Il processo riprende poi il giorno dopo, il 7 Dicembre 1793,
    Viene interrogato un ex sindaco licenziato, Salevave, divenuto poi Segretario del Comitato di Salute Pubblica di Versailles. Annota Fouquier-Tinville:
    “Il testimone dichiara che egli era malvisto, data la sua qualità di patriota, dagli altri domestici della casa che erano per l’aristocrazia e che lo hanno anche danneggiato presso l’accusata du Barry, e li elenca”.

    Poi è la volta di Zamor:
    “Le persone che venivano dalla du Barry non erano patrioti dalle frasi che li ho sentiti dire. In particolare queste persone godevano degli scacchi subiti dall’esercito della Repubblica, soprattutto in Vandea”.
    Zamor rincara:
    “Ho fatto più volte dei rimproveri all’accusata du Barry per quanti aristocratici riceveva, ma ella non s’è degnata di rispondermi”.
    Questa dichiarazione è una menzogna al 100%.
    A quei tempi un domestico non avrebbe MAI potuto rivolgersi in quei termini verso il padrone.

    Il processo va avanti e la Contessa viene bombardata sui due argomenti più importanti e sui quali non poteva difendersi più di tanto, il furto dei gioielli ed i rapporti con gli emigrati.
    Ad un certo punto ella incredibilmente dichiara:

    “Non potrei dire a quanto ammontano le somme che ho speso a Londra e fornito agli emigrati”.

    È il crollo. La ghigliottina cade definitivamente sulla Contessa.
    A tarda sera Fouquier-Tinville fa la sua solita requisitoria piena di roboante demagogia che dura tre ore…
    L’avvocato difensore di Jeanne, Chauveau-Lagarde, lo stesso di Maria Antonietta, fa la sua arringa difensiva che, immaginiamo, era molto più difficoltosa di quella della Regina. Purtroppo non disponiamo del testo.

    Dobbiamo dire che il processo alla du Barry, per quanto fosse un processo politico e quindi con verdetto già emesso, poggiava su prove molto più solide di quello a Maria Antonietta, che di prove vere e proprie ne aveva poche o nessuna. La raccolta, l’istruttoria, i documenti erano chiari e circostanziati. Effettivamente il lavoro di Blanche, Greive e Zamor fu fatto con criterio ed anche gli inquirenti acquisirono i documenti necessari affinché la difesa dell’imputata fosse difficile.
    Il processo a Maria Antonietta poggiava su una documentazione scarsa e confutabile, testimoni e fatti scarsamente credibili e/o provati. Inoltre la Regina, negli interrogatori e nel processo, fu un osso ben più duro rispetto alla Contessa.

    Arriviamo così alla sentenza.

    Il cancelliere Robert Wolf legge la sentenza che gli ha passato Dumas:

    “Atteso che è certo che sono state praticate macchinazioni e sono stati mantenuti rapporti segreti con i nemici dello Stato e i loro agenti, per spingerli a commettere ostilità, per indicare loro e favorire i mezzi d’intraprenderle e dirigerle contro la Francia, in particlare facendo all’estero, con pretesti predisposti, vari viaggi per concertare questi piani ostili con i suoi nemici, e fornendo loro o ai loro agenti soccorsi in denaro.
    Che Jeanne Vaubernier, sposata du Barry, abitante a Lucienne, ex cortigiana, è dimostrata colpevole d’essere autrice o complice di queste macchinazioni e intelligenze.
    Udito il Pubblico Accusatore nelle sue conclusioni sull’applicazione della legge.
    Condanna la suddetta Jeanne Vaubernier, sposata du Barry e i suddeti Jean-Baptiste Vandenyver, Edmo-Jean-Baptiste Vandenvver e Antoine-Agustin Vandenyver alla pena di morte”.


    Jeanne sviene. Ella viene portata di peso in cella. Sono le 23 del 7 Dicembre 1793.


    - 3 -
    ANCORA UN MINUTO, SIGNOR CARNEFICE! ANCORA UN MINUTO...



    Durante la notte ella piange, ma in lei nasce una speranza: e se confessasse dove ha tutti gli oggetti non trovati de Greive (George Greive, alla caduta di Robespierre fu imprigionato a Récollets. Fu liberato e pare che andò in America, per poi tornare in Francia e, succesivamente, a Bruxelles dove morì il 23 Febrraio 1809 a 61 anni)? Se potesse aver salva la vita in cambio dei suo averi donati alla Nazione?
    Durante la notte ella stila una lista.

    Quando vengono a prenderla ella richiede di parlare con l’Amministratore Giudiziario. Le viene concesso, ma intanto le tagliano i capelli e le si fa indossare un abito rosso nonostante le sue proteste.
    Mentre la carretta di Sanson aspetta, Jeanne viene condotta nella cancelleria dove l’attendono il Giudice Claude Denizot, il Sostituto Pubblico Accusatore, ed il Cancelliere Jean-Baptiste Tavernier.
    La lettura della lista della du Barry porta via tempo. Essa è lunghissima e straordinariamente precisa. C’è di tutto: gioielli, denaro, ghinee, oro, posti, scatole, sacchi, ecc.
    Alla fine ella dichiara:

    “Non ho niente altro da dichiarare, ma aggiungo che, se è quanto il Tribunale desidera, scriverò a Londra senza difficoltà e recupererò gli oggetti del furto e pagherò tutte le spese causate dal processo”.

    Beata ingenuità…
    La Contessa si attende di tornare in cella ed invece la portano sulla carretta che attende da sei ore.

    Ella protesta e si dibatte, ma non c’è nulla da fare. Il suo destino è segnato.
    La carretta fa lo stesso tragitto che fece per Maria Antonietta.
    Appena uscita dalla Conciergerie essa passa sul Pont-au-Change.
    Si sente singhiozzare la condannata: “Mi venga lasciata la vita!”.
    Più la carretta prosegue e più Jeanne du Barry si dispera. Ella arriva fino all’isteria. Sanson ed i suoi aiutanti fanno fatica a tenerla: “In nome del cielo, amici miei, in nome del cielo, salvatemi, non ho fatto mai male a nessuno, salvatemi!…”.
    “La vita! La vita! Mi si lasci la vita! Lascio tutti i miei beni alla Nazione!”.

    Dalla folla un uomo urla: “Tu dai alla Nazione solo quanto le appartiene, poiché il Tribunale ti ha confiscato tutto!”.
    Un carbonaio che stava di fronte si gira e gli molla un ceffone.
    La carretta è seguita da Zamor, che è venuto a veder morire la sua ex padrona (Zamor morì di freddo e miseria il 7 Febbraio 1820, al secondo piano, al numero 13 di rue Perdue, oggi rue Maitre-Albert).
    Quai de la Mégisserie, rue Saint-Honoré... Jeanne continua a disperarsi ed a dibattersi. Insieme a lei ci sono i Vandenyver che invece sono calmi e cercano a loro volta di calmare la condannata.

    Arrivati al patibolo Sanson e i suoi aiutanti devono portarla sulla piattaforma con la forza.

    Ella grida: “Grazia, grazia! Signor carnefice, ancora un minuto… ancora un minuto, signor carnefice… ancora un minuto solo!”.

    Sono le sue ultime parole. Poco dopo un urlo agghiacciante percorse la piazza.

    L’ 8 Dicembre 1793, a 50 anni, muore così, dopo una vita incredibile e per certi aspetti unica Jeanne Bécu, poi Gomard de Vaubernier, poi Contessa du Barry.
    Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune nel cimitero della Madeleine ed oggi le sue ossa sono probabilmente sepolte nelle catacombe di Parigi, insieme ai resti di 6 milioni di persone...

    Du_Barry_1_collage
    Come ultima immagine mettiamo quella che abbiamo messo all'inizio della nostra storia... :)



    - 4 -
    CONSIDERAZIONI



    La vita di Jeanne du Barry è stata una vita quasi normale fino all’incontro con il Re. Molte belle ragazze, a Parigi, facevano quello che faceva Jeanne. E, visto il momento storico della vita di Luigi XV, non era nemmeno impossibile infilarsi nel letto del Re avendo determinate caratteristiche, conoscenze ed un po’ di fortuna. Jeanne ebbe tutti e tre questi ingredienti.

    Quello che ha elevato questa donna rispetto a tante altre è quello che è successo DOPO.
    Jeanne du Barry ha subito capito che aria tirava a Corte e ci si è adattata alla perfezione. Qui non si tratta solo di saper fare le riverenze o saper conversare ma, soprattutto, sapersi muovere fra gli intrighi, destreggiarsi fra le fazioni, farsi ben volere.
    In cima a tutto questo ella ha dato addirittura uno stile, un tono ai suoi anni a Corte ed anche dopo. Il suo gusto era raffinato e gentile ed è arrivato fino a noi.
    Tutto ciò è davvero incredibile, soprattutto considerando le sue origini.

    Ella poi è riuscita a far innamorare di sé Luigi XV. Se fosse stata una semplice storia di letto, sarebbe finita come tante altre, invece no.
    Non sappiamo se Jeanne amasse davvero Luigi XV. Certamente aveva un sentimento profondo per lui al di là del ruolo e della ricchezza. Troppi fatti, comportamenti e particolari portano a questo. Ed anche il Re, a suo modo, era innamorato della ragazza.

    La magia della versatilità di mme du Barry è confermata dopo la sua caduta da favorita.
    I Sovrani, nonostante l’avversione di Maria Antonietta, alla fine le hanno voluto bene. La sua “prigionia” è durata pochissimo e dopo due anni e mezzo ella era di nuovo nella sua Louveciennes con quasi tutte le sue rendite intatte.
    E lei ne ha approfittato al meglio.
    Jeanne si è ricostruita una vita ricca e agiata. Ella è stata ben voluta da tanti anche e, forse, soprattutto, da quelle persone in difficoltà, che con lei potevano vivere una vita dignitosa. Certamente le famiglie di Louveciennes stavano peggio dopo la rivoluzione che prima…

    Ella ha, inoltre, avuto l’intelligenza di non portare rancore praticamente verso nessuno, nemmeno verso la Regina.
    La querelle ai tempi della Delfina era dovuta più all’intransigenza di Maria Antonietta che a lei…

    Mme du Barry è sempre stata monarchica e questo, alla fine, le è costato. Questo non per una mera questione di “appartenenza politica”, o perché ha finanziato gli emigrati, ma perché non ha capito di che pasta erano fatti i rivoluzionari. Come tanti della sua epoca, ella non ha capito che i rivoluzionari erano una razza nuova, diversa.
    Se Jeanne lo avesse capito, non sarebbe tornata in Francia quell’ultima volta il 3 Marzo 1793. Quello fu il suo unico vero errore. La sua incredibile versatilità non è arrivata a tanto. E le è costata la vita.

    Come avete potuto leggere, il carattere di Jeanne du Barry è molto diverso da quella che vediamo in Lady Oscar o in altre rappresentazioni.
    Io ed Anna speriamo di aver dato, almeno qui, una dimensione più giusta a questa donna che non si merita di essere ricordata come una spietata arrivista o una rozza amante di Luigi XV.
    Speriamo di esserci riusciti.

    Grazie di essere arrivati fin qui.

    Anna & Fede




    - 5 -
    BIBLIOGRAFIA ED IMMAGINI


    Per questa biografia abbiamo utilizzato come base il seguente libro:

    - JEANNE DU BARRY – Ascesa e caduta di una favorita. André Castelot. Mursia.

    Esso è stato implementato con i seguenti libri:

    - Marie Antoinette – Telle qu’ils l’ont vue. Omnibus.
    - Marie-Antoinette l’insoumise. Simone Bertière. Editions de Fallois Paris.

    Le immagini, ove non descritto, sono prese da wikipedia.

    Edited by Fede70 - 31/3/2022, 23:11
     
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    Questa devo assolutamente leggermela con calma. 😍
    La du Barry è un personaggio che mi ha sempre affascinata.
    Grazie per questo bel contributo. ❤
     
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    Grazie ragazzi leggendo ho imparato molte cose che non conoscevo e mi ha consentito di vedere il personaggio sotto un'altra luce. Grazie per il vostro impegno, come sempre siete il top👍👍😘😘
     
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    Grazie MmeAnna e Fede70 per questa nuova perla ♥️
    Non mancherò di leggerla !!!
    Grazie :bow:
     
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    Eh beh...va letta con molta calma! grazie intanto!
     
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    LE DUE ROSE

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    Purtroppo io e Madame non abbiamo il dono della sintesi.
    Alla fine la voglia di approfondire prende sempre il sopravvento.

    Vi preghiamo di aver pazienza... sweatdrop
     
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    Fede70 Ma… ma… si poteva essere ancora più lunghi😀.
    La vita di Mme du Barry è ricca di particolari molto interessanti.
    Non spaventare il lettori, è come leggere un bel romanzo. Ma è la vita vera.
     
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    Principe

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    E a mio parere fate molto bene ad approfondire, la sintesi si può trovare molto più facilmente, il vostro invece è un lavoro accurato
     
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    Barone

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    Che splendida biografia! Grazie :cuore:
     
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    Principe

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    Ho appena finito di leggere il primo interessantissimo capitolo. E già vi ringrazio. Come sempre scritto benissimo, in modo piacevole ed approfondito senza tediare. Complimenti davvero!
     
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    Marchese

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    Sono arrivata quasi alla fine della biografia e ringrazio per l’eccellente lavoro, nonché per aver reso la lettura molto fluida e lineare.
    C’è un punto che mi preme chiedere di meglio, se posso.
    All’inizio avete scritto che la Du Barry aveva avuto una bella educazione e si adattava a fare diversi lavori.
    Poi è caduta nella trappola della prostituzione.
    Non ho capito se l’ha fatto, perché si è ritrovata in una sorte di imbuto a cui non poteva scappare oppure se è stata una scelta consapevole.
    Poi scrivete che se ne va perché il lavoro “era troppo”. Sta di fatto che torna a fare il medesimo mestiere di lì a poco.
    Mi sembra di cogliere che ci sono abitudini del tempo che ignoro.
    Mi chiedo: se comunque aveva ricevuto un certo tipo di educazione e poteva ambire a ben altro, la sua è stata una scelta di tipo diciamo “economico” oppure era entrata disgraziatamente in un giro da cui è difficile poi staccarsi?
    Altra cosa: esisteva veramente a quell’epoca il vaccino contro il vaiolo?
    Maria Antonietta si era vaccinata a Vienna mentre il Re Luigi XV no? Veramente avanti per quell’epoca o sbaglio?
    Ho trovato veramente interessante il punto in cui dite che una figlia di Luigi XV si ritira in convento per espiare le colpe del padre, fatto che non conoscevo, grazie.
     
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25 replies since 16/2/2022, 20:27   6315 views
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