Biografia della Contessa du Barry

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    LE DUE ROSE

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    - CAPITOLO III -
    DALL’OLIMPO A LOUVECIENNES



    - 1 -
    LA FINE DI DUE REGNI


    La vita va avanti nella reggia dorata, anche se l'innata malinconia del Re prende sempre più spesso il sopravvento.
    Nel novembre 1773, la morte improvvisa del suo amico, il Marchese di Chavelin colpisce profondamente il Re. Il Marchese era ospite a cena da Madame du Barry, chiese al Re di non cenare perché non si sentiva bene, poi si sedette ugualmente a tavola e mangiò solo due mele cotte. In piedi dietro la sedia della Marescialla di Mirepoix egli assisteva al gioco. Improvvisamente impallidì e il Re gli chiese come stava. Il Marchese, senza una parola, cadde a terra fulminato. Per il Re fu una sorta di presagio...

    La Quaresima del 1774 è vicina e il Re spera che la nomina a Vescovo di Senez avesse addolcito l’Abate di Beauvais. Giovedì 3 Aprile 1774, giovedì Santo, egli pronuncia un sermone straordinario durante il quale tuona con eloquenza e disse delle verità che solo il luogo sacro poteva permettere e far passare. Egli arriva perfino a predire la prossima fine del Regno:

    “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!”.

    Passeranno solo trentatré giorni e la profezia si avvererà...

    Il Re aveva sessantaquattro anni e inizia ad essere stanco.
    Ci sono pettegolezzi che parlano di un imminente cambio nel ruolo di favorita. Jeanne è considerata troppo giovane e vivace per un Re anziano, meglio mettere al suo fianco la più calma madame Pater, l’olandese che il Re aveva già ricevuto nel suo letto.
    Le voci di un viaggio a Spa, che avrebbe sancito la sua caduta, innervosivano Jeanne che, credendo agli oroscopi, aveva letto nell’Almanach de Liège “Nel mese di aprile una dama delle più favorite svolgerà il suo ultimo ruolo”. Con ansia Jeanne aspetta che il mese di Aprile passi. E passerà…

    Il 27 Aprile 1774, Martedì, Jeanne e il Re sono al Trianon per la caccia. Egli si sente molto stanco, ma decide di seguire la caccia in calesse. Nel pomeriggio egli torna al Gran Trianon e si mette a letto.
    Durante la notte, sentendo la febbre salire, il Re fa chiamare il primo medico La Monnier. Il medico, dopo averlo visitato, afferma che è solo un problema gastrico. Jeanne accorre e non lascerà più il Re finché poté.
    Le condizioni del Re non migliorano: la febbre e l’emicrania non lo abbandonano, così Giovedì 29 si fa chiamare anche il primo chirurgo La Martinière. Il chirurgo è spaventato, al capezzale del Re vi sono solo lui, La Monnier, Jeanne e il valletto del Re. Il medico è perentorio:

    “Sire, è a Versailles che bisogna ammalarsi!”, esclama preoccupato.

    Il Re indossa un mantello sulla veste da camera e ordina di preparare la carrozza. Madame du Barry lo segue su un’altra.
    A Versailles, le stanze del Re non sono pronte. Tutta la servitù lo aveva seguito al Trianon. Luigi XV resta da sua figlia Adelaide mentre aspetta che il suo letto sia pronto.
    Finalmente a letto, Luigi chiede di essere assistito solo da madame du Barry, che spera e prega che il malore del Re sia solamente una febbre passeggera.
    Il giorno successivo, il 30 Aprile 1774, la febbre e l’emicrania sono ancora forti, così si praticano due salassi al malato. Con il secondo salasso vengono riempite quattro ciotole di sangue…
    Ad assistere il regale paziente vi sono sei medici, cinque chirurghi e tre farmacisti, ma per il Re non sono abbastanza numerosi.

    “Avrebbe voluto aumentarne il numero - scrive un testimone - si faceva controllare il polso sei volte l’ora dai quattordici presenti e quando la numerosa Facoltà non era tutta presente, chiamava gli assenti per averli tutti intorno a sé”.

    “Sire - gli dice La Monnier - è necessario che Sua Maestà faccia vedere la lingua”.

    Il Re mostra la lingua, per poi chiamare il medico successivo: “A voi Lassonne”. E via così per quattordici volte. La stessa scena si presenta quando gli si chiede di mostrare la pancia.

    Luigi_XV_1_ridotto_0
    Luigi XV.
    Maurice-Quentin de La Tour, 1748.
    La stanza del Re era affollata di gente. Qualcuno inizia a parlare di un terzo salasso. La tradizione di Corte impone che dopo un terzo salasso siano impartiti i Sacramenti. Esso è un segno che la vita del Re è in pericolo. E questo significa anche l’allontanamento di Madame du Barry.
    La faccenda diventa, così, anche politica…
    I medici sono sempre più combattuti perché ordinare il terzo salasso significa allontanare la Contessa e fare di lei un nemico potente. Tutti sono sicuri che il Re guarirà entro otto giorni e rischiare di crearsi un nemico potente come la favorita e il Duca d’Aiguillon è troppo pericoloso.
    Si decide così di traferire il Re su un lettino da campo posto al centro della stanza: egli è sempre più debole. Il farmacista Fargeau e il suo aiutante gli fanno un clistere.
    A quei tempi si facevano clisteri praticamente per ogni male…
    La stanza è sempre in penombra, con le tende chiuse perché si dice che la luce ferisce gli occhi del malato e soltanto quando inavvertitamente un cameriere alza un candelabro (oppure quando gli portano un bicchiere d’acqua. Qui le versioni non sono univoche) che sarà evidente la malattia del Re. Le sue guance sono ricoperte di piccoli foruncoli rossi: è vaiolo!
    In passato Luigi XV si era rifiutato di farsi vaccinare credendo, a torto, di aver contratto il vaiolo in giovinezza.
    La notizia si sparge per la reggia con la velocità del vento. Sì racconta che, due settimane prima mentre era a caccia, il Re avesse incontrato un corteo funebre. Luigi era sempre stato attratto da immagini e i soggetti macabri, si era fermato e, chinandosi sulla bara, aveva chiesto per chi fosse il funerale. Gli fu risposto che era per una ragazza appena morta di vaiolo.
    Non è solo questo l’aneddoto che circola in merito al modo in cui il Re aveva contratto la terribile malattia. Secondo il serissimo Journal di Hardy, Jeanne aveva procurato al Re una bellissima ragazza di sedici anni, esattamente come faceva anni prima Madame de Pompadour. La ragazza era malata ed aveva contagiato il Re. Un’altra versione sul contagio fu diffusa dall’abate Beaudeau, che raccontò di come il Re avesse notato la bellezza di una piccola contadina, Jeanne l’avrebbe fatta lavare e vestire con un suo abito e offerta al Re. Soltanto il giorno dopo si seppe che il fratello della piccola era morto di vaiolo.
    Pettegolezzi, cattiverie, i cortigiani di Versailles non frenavano la lingua e la fantasia neanche in simili circostanze…
    Durante il giorno, le figlie del Re si prendono cura del padre, incuranti del possibile contagio. Di sera è Jeanne a stare accanto al Re senza andare a dormire. Ella è sicura di poter aiutare il Re con la sua presenza. Il Re richiede la presenza di Jeanne e una parte della Corte, quella che non le era nemica, è ancora speranzosa: “Andrà tutto bene, si tratta di nove giorni e di un po’ di pazienza”.
    Monsieur de Liancourt è scettico e al medico Bourdeau dice:

    “Ascoltate questa gente che si rallegra perché il Re ha il vaiolo”.
    “Evidentemente
    - risponde il medico - pensano all’eredità. Il vaiolo a sessantaquattro anni, con il fisico del Re, è una malattia terribile”.

    Le condizioni del Re in effetti peggiorano. La confessione del Re era l’argomento che agita tutti i cortigiani. Quando i medici si mostrano ottimisti, lo spettro della confessione si allontana e la scala che porta agli appartamenti di Jeanne è affollata. Quando le condizioni del Re peggiorano, Jeanne viene abbandonata.
    L’Arcivescovo di Parigi, Christophe de Beaumont de Repaire, arriva a Versailles con la sua vasca da bagno perché era malato di calcolosi e doveva fare spesso dei bagni. Egli arriva a Versailles ma, prima di entrare dal Re, viene istruito dal vecchio Maresciallo de Richelieu:

    “Arcivescovo - gli dice Richelieu - se avete tanta voglia di confessare, venite in un angolo, mi confesserò io e vi giuro che la mia confessione vi divertirà quanto quella del Re!”.

    Madame du Barry, spettinata e in lacrime, riceve ogni mattina gli Ambasciatori mettendoli al corrente della notte appena trascorsa.
    Il 3 Maggio 1774 la situazione precipita. Crediamo valga la pena descrivere per intero la scena.
    Il medico personale della du Barry, che segue anche il Re, consiglia vivamente di cedere riguardo ai sacramenti al Re:

    “Madame, il Re è in gran pericolo: il popolo mormora e se la morte lo sorprende senza aver ricevuto i sacramenti, non rispondo della vostra vita”.

    La du Barry ha un crollo emotivo. Ella sapeva benissimo a cosa andava incontro; si riprende e con le migliori maniere possibili, si rivolge al Re:

    “Che dite di questi devoti che vogliono che riceviate i sacramenti, nel momento in cui entrate in convalescenza? Vi consiglio di dare loro soddisfazione. Vi lascerò durante questo tempo e fra qualche giorno verrò a trovarvi”.

    Verso le 13 il Duca de Bouillon è al capezzale del Re, che guardandosi la mano esclama: “È il vaiolo!”. “Ma è il vaiolo!”.

    Nessuno ha il coraggio di rispondere. Al che il Re dice: “Ciò è stupefacente!”.

    Intorno a mezzanotte la du Barry torna dal Re per la veglia e lui le dice:

    “Madame, sono conscio del mio stato, non devo ricominciare lo scandalo di Metz. Se avessi saputo quello che so, non sareste entrata. Lo devo a Dio e al mio popolo. Così bisogna che voi vi ritiriate domani. Dite a d’Aiguillon di venire a parlarmi domani alle dieci”.

    La Contessa fece per prendere la mano del Re per baciarla. Lui la ritira.
    Senza dire una parola, Jeanne lascia il suo posto: ella sa che è quella l’ultima volta che avrebbe visto il suo Re.
    Pochi passi e, davanti alla piccola scala che portava ai suoi appartamenti, ella sviene.
    La Contessa viene portata nelle sue stanze e piange tutta la notte. In lacrime Jeanne guarda il ritratto di Luigi XV in una miniatura che il Re le aveva donato chiedendole di tenerlo sempre nei suoi appartamenti. In cuor suo, forse, spera di essere richiamata dopo la guarigione del Re. La Marescialla de Mirepoix le toglie ogni illusione:

    “Disilludetevi, mia cara, questo era il vostro ultimo incontro. Bisognava approfittarne più vantaggiosamente. Un suo ritratto! Ma è il quinto che vi regala! Non potevate presentargli un buon documento da firmare? Non vi avrebbe rifiutato niente in questo momento, perché vi stava dicendo veramente addio”.

    Emmanuel-Armand_de_Vignerot_du_Plessis-Richelieu_duca_dAiguillon
    Emmanuel-Armand de Vignerot du Plessis-Richelieu,
    duca d'Aiguillon.
    Ritratto anonimo.
    Il 4 Maggio alle 10, come da ordini, il d’Aiguillon è dal Re, che gli dice:

    “Quella povera donna vi ha parlato, bisogna che riceva i miei sacramenti. Come vedete sto male: è il vaiolo”.

    Il Duca tiene duro:

    “Non sono medico, so che i vostri dicono che è una malattia della pelle dalla quale sperano guarirvi. Non dico questo per impedire a Vostra Maestà di riempire le sue intenzioni. E’ sempre un buon esempio da dare ai suoi sudditi”.
    Il Re: “Ma quella povera donna, che ne sarà di lei? Non voglio rinnovare la scena di Metz”.
    Il Duca: “Non vedo la necessità di rinnovarla. E’ sufficiente che si ritiri per il momento di sua volontà”.
    Il Re: “Per andare dove?”.
    Il Duca: “Basti che si allontani da Versailles, non importa il luogo. La riceverò da me a Rueil. Se Vostra Maestà lo desidera, andrò a proporglielo”.

    Il Re non risponde: è indeciso. Il d’Aiguillon si reca dalla du Barry, le consiglia di prendere l’iniziativa e di allontanarsi. Lei acconsente.
    A mezzogiorno si celebra la Messa nella camera del Re. Nella stanza è presente anche l’Arcivescovo di Parigi. Alla fine della Messa il Re gli rivolge la parola:

    “Monsieur arcivescovo, ho il vaiolo!”.
    Il Prelato fa un inchino e risponde: “Ciò è vero e voi sapete cosa dovete fare!”.

    Alle 6 di sera il Re ordina: “Che si chiami La Borde!”.

    Il valletto entra ed il Re gli ordina: “Mandate a chiamare madame du Barry”.
    “Sire, è partita”.
    “Dov’è andata?”.
    “A Rueil, Sire!”.
    “Ah, già!”.


    Il valletto vide due lacrime scorrere sulle guance del Re...

    Alle 4 del mattino del 5 Maggio una carrozza porta via da Versailles la Contessa du Barry accompagnata dalla Duchessa d’Aiguillon.
    L’ultima delle favorite del Re lascia Versailles per sempre.

    Piccolo intermezzo.
    A cosa si riferisce Luigi XV a proposito dello scandalo di Metz? Ve lo raccontiamo.
    La Francia, tra il 1740 e il 1748, era impegnata nella guerra di secessione austriaca.
    Luigi XV era impegnato a Versailles con le sue amanti, tutte figlie del marchese de Nesle.
    Nel giugno 1744 Luigi XV andò al fronte a Metz e, pressato dalle lettere della sua amante ufficiale la Duchessa de Chateauroux, egli le chiese di raggiungerlo. Ma a Metz il Re si ammalò. La sua vita sembrava in pericolo e fu deciso di impartirgli i Sacramenti. Il suo confessore pretese una ammenda pubblica da parte di Luigi XV e l’allontanamento della sua amante. Pochi giorni dopo Luigi XV era completamente guarito. Tornato a Versailles egli richiamò presso di sé la Duchessa de Chateauroux, ma egli non dimenticò più l’umiliazione che gli fu inflitta.

    Riprendiamo.
    Jeanne, con le due cognate e la Duchessa d’Aiguillon, si ferma a Parigi e quella stessa sera viene a sapere che il Re si era confessato e che l’Abate Maudoux non lasciava più la sua stanza.
    Due giorni dopo, tra i rulli di tamburi, passando tra due ali di Guardie Svizzere, Monsignor de La Roche-Aimon, Grande Elemosiniere di Francia, lascia la cappella reale portando il ciborio. Dietro il baldacchino, cammina il Delfino pallido e spaventato. Il giovane Delfino si ferma ai piedi della scala di Marmo, il pericolo di contagio era troppo grande per lui. Maria Antonietta, che era stata vaccinata a Vienna, si ferma in cima alle scale seguita dai Principi del sangue, per vedere il corteo attraverso le sale di rappresentanza. Più ci si avvicina alle stanze del Re e più l’odore diventa terribile. Attraverso le porte aperte si può vedere il Re che tiene tra le mani il crocifisso che sua figlia Luisa gli aveva mandato dal convento. Il volto dì Luigi XV, un tempo bello e ammirato, era diventato nero e gonfio.
    Monsignor de La Roche-Aimon termina il suo compito e vuole andarsene, ma l’Abate Moudoux lo ferma: il Re vuole fare una confessione pubblica, è questa la condizione che l’Abate ha posto per l’assoluzione del morente. Il Cardinale, che ha promesso a Richelieu e d’Aiguillon che non ci sarebbe stato nessuno scandalo, è costretto ad obbedire all’Abate. Egli si dirige nella Sala del Consiglio dove la Corte si era riunita e, a voce alta, dice:

    “Signori, il Re mi incarica di dirvi che chiede perdono a Dio d’averlo offeso e dello scandalo che ha dato al suo popolo”.

    Il silenzio scende sulla sala.

    “Avrei voluto avere la forza di dirlo io stesso”, mormora il Re.

    Nello stesso giorno, come fu scritto nel Registre des ordes du Roi, in data di Domenica 9 Maggio 1774, il Conte Jean du Barry viene imprigionato nel castello di Vincennes, mentre l’ordine del Re per Jeanne fu di essere portata nel convento di Pont-aux-Dames. Alla fine, fu lo stesso Luigi XV a ordinare di rinchiudere Jeanne in convento e non Luigi XVI, come si potrebbe pensare. È difficile capirne il motivo, ma si può azzardare un’ipotesi: Luigi XV sapeva dell’astio che molti avevano per mme du Barry, Maria Antonietta per prima. Forse egli, intervenendo per primo, e mandando Jeanne in quel convento, ha fatto in modo che non le toccasse una destinazione peggiore. Perché, sia chiaro, alla Contessa poteva andare molto peggio…
    Ripetiamo, la nostra è solo un’ipotesi.
    Jeanne è ancora a Reuil il 10 maggio 1774. Alle 15:15 a Versailles, su un d’avanzale di una finestra delle stanze del Re, una candela viene spenta. L’agonia è terminata. Il Re Luigi XV è morto.
    In quei giorni Jeanne riceve un biglietto dalle figlie di Luigi XV: esse sono soddisfatte di come ella si era comportata col padre. Tradotto in soldoni questo significava che si sarebbe fatto in modo di non trattarla duramente...

    Due parole su Luigi XV.
    Luigi XV diventa Re a 5 anni, ma è a 14 anni che diventa veramente Re.
    Egli nella prima parte del regno lavorò con rigore agli affari di stato, ma poi ebbe il sopravvento il suo carattere. E fu proprio dalla seconda parte del suo regno in poi che la “macchina monarchica” iniziò lentamente ma inesorabilmente ad incepparsi...
    Luigi XV era di umore malinconico, tendente alla noia, alla depressione ed era ipocondriaco. Amava davvero fermare i cortei funebri e far aprire le bare. Insomma, paura di morire e fascino dei morti.
    Era un uomo che si annoiava spesso e se si annoiava diventava di pessimo umore, per questo motivo le sue amanti si dannavano l’anima per divertirlo.
    Madame de Pompadour fu logorata dallo stress e dalla fatica. Non era facile essere l’amante di Luigi XV.


    - 2 -
    LA PRIGIONIA



    Giovedì 13 Maggio 1774 il corpo di Luigi XV viene trasferito a Saint-Denis e, nello stesso giorno, in una carrozza a sei cavalli, seguita da un’altra con dentro un ufficiale di Polizia, mme du Barry, accompagnata da una cameriera, viene portata all’abbazia cistercense di Pont-aux-Dames, situata a circa 45 chilometri a est di Parigi.
    In quell’epoca l’abbazia era utilizzata anche come carcere femminile ed entrando nella piccola camera, spoglia e a fatica intonacata, Jeanne esclama:

    “Oh, com’è triste! Ed è qui che mi si manda!”.

    Nei primi giorni la clausura è stretta, ma Jeanne è la duttilità fatta persona. La sua gentilezza, la sua compostezza, la sua intelligenza e, forse, ricordando la sua infanzia al convento di Saint-Aure, si adatterà subito alla nuova vita facendosi ben volere da tutte. Presenzia devotamente a tutte le cerimonie, aiuta i poveri, la Badessa, la reverenda madre Gabrielle de La Roche de Fontenille, diverrà sua amica anche dopo la sua detenzione, e le altre suore sono affascinate da questa nobildonna nonostante il suo passato.
    Ben presto le maglie si allentano e, anche se era una prigioniera ella era una prigioniera di rango, permettendogli dopo poche settimane ampio raggio d’azione. Mme du Barry non può uscire dal recinto dell’abbazia, ma può ricevere ospiti ed avere relazioni con l’esterno ed in breve tempo riesce a sistemare alcuni mobili nella sua camera e fare molti doni all’abbazia ed alla comunità di poveri ad essa collegata.
    Scrisse Siméon-Prosper Hardy, libraio ed autore del suo Journal:

    “Senza affanno, senza inquietudine e senza preoccupazioni ella si procura tutti i divertimenti che può avere. Le buone suore sono ai suoi piedi ed ella fa girar loro la testa, promettendo a una un’abbazia, a un’altra un priorato quando sarà tornata a Corte. La cosa singolare è che le pie beghine le credono: strani e incredibili effetti della fede!”.

    Naturalmente Jeanne non vuole rimanere nella lugubre abbazia e si dà da fare. Innanzitutto convoca presso di sé il suo intendente Montvallier, il suo notaio Le Pot d’Auteuil e il gioielliere Aubert per mettere ordine nei suoi conti e liquidare i creditori. Il sacrificio non si fa attendere: ella si libera di 600.000 Livres di gioielli che, ben inteso, è una minima parte del suo patrimonio…
    Successivamente partono le suppliche. La prima la porta a Luigi XVI il Duca di la Vrillère a Dicembre del 1774, ma non ha nessun effetto.
    Torna alla carica il Principe de Ligne, che consegna a Maria Antonietta una supplica della du Barry che viene inoltrata al Re:

    “Vi siete fatto carico di una bella ambasciata!”, rispose Luigi XVI al Principe.
    E lui di rimando: “Sire, nessun altro tranne me avrebbe osato farlo”.

    In questo frattempo Jeanne può lasciare i confini dell’abbazia, ma vi deve rientrare per la notte.
    Infine, nel Marzo del 1775, ella può lasciare l’abbazia, ma non potrà alloggiare né a Parigi, né a Versailles, né in qualsiasi altro posto che sia a meno di 10 leghe (circa 39 chilometri) dalla Corte.

    Chateau_de_Saint-Vrain
    Il castello di Saint-Vrain.
    Immagine: reginafranciae.com
    Il 9 Aprile 1775, Mme du Barry acquista da monsieur Jacques Sauvages, consigliere e segretario del Re, il castello di Saint-Vrain (circa 50 chilometri a sud di Parigi) per 200.000 Livres, gentilmente prestate dal Duca d’Aiguillon.
    Ella fa venire da Louveciennes tutti i domestici, arreda il piccolo castello, assume anche un cappellano per celebrare le messe ed aiuta tutti i poveri del piccolo paese con distribuzioni di legna, carne e pane. Alle donne che dovevano partorire ella invia brodo, biancheria e cuffiette per bambini. Con parte delle sue toilettes venivano vestite le ragazzine. In breve tempo non c’erano più abitanti in povertà assoluta nella zona. Quando un giorno lei se ne andò un abitante disse: “L’abbiamo tanto rimpianta…”.

    Per far fronte a quelle spese ella vende al Conte di Provenza la sua residenza di Avenue de Paris a Versailles, inoltre Luigi XVI le lasciò le rendite di Louveciennes, delle botteghe di Nantes e quelle offerte da Luigi XV sull’Hotel de Ville (in tutto più di 150.000 Livres di rendita annua…).
    Pur lontana da Parigi e dalla Corte, Jeanne può così condurre una vita agiata ed in buon rapporto con la comunità.
    Questo non fece piacere a qualcuno…
    Il 30 Maggio 1776 il Duca d’Aiguillon, in qualità di Capitano delle Guardie Svizzere, andò dalla Regina per prendere gli ordini per la rivista del giorno dopo e questa fu la risposta:

    “Fareste meglio ad andarli a prendere a Saint-Vrain da mme du Barry, piuttosto che venirli a prendere da me!”.

    Evidentemente a Maria Antonietta non piaceva la vicinanza del Duca d’Aiguillon con la du Barry…

    Durante l’estate del 1776 mme du Barry vende anche la concessione sulle botteghe di Nantes, ma ella non vuole certo rimanere confinata nella campagna francese. Il suo obbiettivo è uno solo: tornare a Louveciennes. E ci riuscirà: ad Ottobre del 1776 le viene data libertà assoluta, tranne quella di tornare a Corte. Ella vende Saint-Vrain, guadagnandoci, e torna a casa sua dopo due anni e mezzo.



    - 3 -
    LOUVECIENNES: IL SUO PARADISO



    A Louveciennes ella è nel suo mondo. Lì Jeanne, a 33 anni, ricostruisce definitivamente la sua vita lontano da Versailles, avendo intorno a lei anche una piccola Corte propria dove tiene sempre tavola imbandita per i suoi ospiti.

    Aneddoto.
    Giuseppe II, nel suo primo viaggio in Francia (a Parigi / Versailles ci stette dal 18 Aprile al 30 Maggio 1777), un giorno era a passeggio dalle parti di Marly per vedere l’avveniristica “macchina” che portava l’acqua dalla Senna alle fontane di Versailles. Notando un bel padiglione lì vicino egli andò a visitarlo e nel parco notò una dama che passeggiava...
    Mme du Barry propose all’Imperatore di visitare i dintorni di Louveciennes. Giuseppe II porse il braccio alla dama che rifiutò “l’eccesso d’onore”. La risposta di Giuseppe II:

    “Non abbiate difficoltà, madame, la bellezza è sempre regina”.

    Quando si dice la classe…
    Ovviamente Maria Antonietta non fu per nulla contenta quando venne a sapere della scampagnata del fratello.

    Nella seconda metà del Febbraio 1778 la Contessa fa visita al vecchio Voltaire.
    Ella s’arrischia perfino ad andare a Versailles di nascosto, insieme a sua cognata Chon che vive con lei, nell’estate del 1779 per una rappresentazione musicale all’aperto. Le due donne, velate in volto, si siedono sulla stessa panchina dove si erano sedute la Regina e la Contessa d’Artois.
    Non successe nulla, ma la Campan si accorse di loro e di un lacché che aveva sempre lavorato per la du Barry quando era favorita del Re.

    Nel 1782 passa da lei un personaggio unico: una donna venuta a presentarle una supplica da far avere al Re riguardante una sedicente concessione di terre avvenute al tempo di Enrico II (si parla del 1500…) per un figlio illegittimo avuto dal Re con Nicole de Savigny. Quella donna assediò di moine e lacrime la du Barry che, non appena se ne fu liberata, gettò la supplica nel fuoco.
    Quella donna era Jeanne de La Motte-Valois...

    Padiglione_du_Barry_-_Louveciennes_-_RIDOTTO
    Il Pavillon de Musique nella tenuta della du Barry a Louveciennes.
    Ai tempi della Contessa non c'era il primo piano.
    Intorno al 1786, Jeanne conosce la pittrice Élisabeth-Louise Vigée Le Brun con cui ha un ottimo rapporto. Racconta la pittrice:

    “Eravamo spesso sole davanti al fuoco, mme du Barry ed io. Mi parlava talvolta di Luigi XV e della Corte, sempre con il più grande rispetto per l’uno e con molto riguardo per l’altra. Si rivelava una donna buona sia nelle parole che nelle azioni e faceva del bene a Louveciennes, dove tutti i poveri venivano da lei soccorsi…”.

    Ma da lei non c’è solo la pittrice della Regina. Ella invita a casa sua il suo ex nemico: il Duca de Choiseul. Ha presso di lei anche gli ambasciatori di Tipoo Sahib, che erano venuti in visita ufficiale presso il Re nell’estate del 1788.
    Fra i vari personaggi illustri ella entra in confidenza col Barone de Breteuil, fedelissimo dei Sovrani, riuscendo a fare da tramite, con successo, con il Duca d’Orléans per far abbassare il prezzo d’acquisto del castello di Saint-Cloud destinato alla Regina…

    Apriamo una parentesi.
    Jeanne fu sempre una fervente monarchica. Anche dopo il bando dalla Corte ella non portò mai rancore per la sua sorte, anzi, fu sempre grata ai Sovrani di averle lasciato praticamente tutti i suoi averi e non averla imprigionata se non per un brevissimo periodo. Insomma, le poteva andare molto peggio...
    Ne prova una memoria del Conte Thomas-Joseph d’Espinchal nel suo Journal d'émigrat on du Comte d'Espinchal, dove egli scrive fra il 1789 ed il 1791:

    “Non posso passare sotto silenzio quanto ci fa sapere monsieur Prioreau [addetto alla casa del Conte d’Artois, futuro Carlo X] su mme du Barry. Questa signora ritirata a Loucienne [Louveciennes all’epoca] ha manifestato all’inizio della rivoluzione i sentimenti più realisti e sappiamo con certezza che, avendo fuso alcuni oggetti preziosi, ne ha ricavato una somma di 500.000 Livres che ha depositato per l’uso del Re e della Regina in caso di bisogno. Questo gesto deve servire a far meglio conoscere e a far giudicare meno severamente una persona sulla quale la calunnia si è crudelmente esercitata”.

    Proseguiamo.
    Per mme du Barry la vita scorre così, tranquilla ed agiata nel suo luogo preferito.
    Vicino alla sua tenuta della du Barry si trova il castello di Brunay appartenente al Conte inglese Henry Seymour, imparentato con i Somerset. Il Conte diviene l’amante di Jeanne e la loro relazione sembra solida, ma Louveciennes viene frequentato anche da un’altra persona: il Duca Louis Hercule Timoléon de Cossé-Brissac.
    De Brissac era un nobile militare tutto d’un pezzo. Persona di gran classe, intelligente, fedele e di grande fascino. Amante dell’arte, egli aveva una collezione di libri e dipinti straordinaria.
    Ai tempi di Luigi XV, il Duca a Corte aveva l’appartamento accanto a quello della du Barry. In quanto Capitano delle Guardie Svizzere egli doveva essere costantemente accanto al suo signore.
    Quando Luigi XV morì, Luigi XVI gli concedette una delle cariche più importanti del regno: quella di Governatore di Parigi. Egli succedette al padre, Jean Paul Timoléon de Cossé-Brissac. Lo stesso che, quando la Delfina Maria Antonietta si affacciò al balcone delle Tuileries, l’8 Giugno 1773, per il delirio della popolazione, pronunciò la famosa frase:

    “Madame, là sotto ai vostri occhi avete duecentomila persone innamorate di voi”.

    De Brissac conosceva bene Jeanne a quel tempo ma, in quanto favorita del Re, egli non poteva fare nulla…
    La fine della relazione con il Conte Seymour gli schiuse le porte del cuore della donna che, forse, lui aveva sempre amato, infatti, dal 1785 in poi egli sarà il compagno di Jeanne.

    Il 14 Luglio 1789 scoppia ufficialmente la rivoluzione, ma a Louveciennes la vita scorre più o meno come prima. Fino al 5 Ottobre 1789…
    La reggia di Versailles viene assalita e la mattina del 6 Ottobre la Regina si salva per un pelo.
    Alcune guardie vengono massacrate altre riescono a salvarsi. Alcune arrivano fino a Louveciennes dove vengono curate da mme du Barry.
    I Sovrani ormai sono alle Tuileries e vengono a sapere del gesto della Contessa. Essi mandano un domestico a porgere i loro ringraziamenti.
    Jeanne è monarchica e lo rimarrà. Nonostante tutto.

    A questo punto la domanda sorge spontanea: si può pensare ad un avvicinamento fra Jeanne du Barry e Maria Antonietta? La risposta: sicuramente no.
    I Sovrani sapevano certamente della lealtà e della disponibilità ad aiutare della du Barry e, per questo, un certo avvicinamento “istituzionale” c’è sicuramente stato.
    Si può dare per molto probabile anche una qualche lettera nella quale la Contessa si mette “a disposizione”. Ne esiste una il cui testo, però, è assai dubbio in quanto è scritto in uno stile diverso da come si esprimeva Jeanne.
    Allo stato dei fatti, però, non c’è nessun documento, di nessun tipo, che faccia anche lontanamente pensare che la Regina si fosse ammorbidita con la Contessa.

    Andiamo avanti.
    Durante il primo periodo rivoluzionario mme du Barry continua a frequentare de Brissac. Il loro amore è più intenso che mai. De Brissac ha un lussuoso appartamento al 116 di rue de Granelle. Il 10 Gennaio 1791 egli dà una grande festa che si prolungò fino a tardi. Jeanne rimane a dormire nella camera appositamente preparata per lei.

    Il mattino dopo arriva una pessima notizia: il castello di Louveciennes è stato svaligiato.

    Continua...



    Edited by Fede70 - 18/6/2022, 21:18
     
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