Biografia della Contessa du Barry

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    LE DUE ROSE

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    - CAPITOLO IV -
    LA FINE DEL SOGNO



    - 1 -
    LA MALEDIZIONE DEI GIOIELLI



    Jeanne arriva di corsa a Louveciennes dove il Maresciallo d’Alloggio, Pierre-Louis Campion conduce l’inchiesta.
    Si scopre il più semplice dei piani: i ladri hanno scavalcato il muro di cinta e, con una scala lasciata (o messa apposta?...) all’interno della tenuta, sono arrivati alla finestra della camera della Contessa che hanno rotto per penetrare all’interno. Essi hanno trovato gioielli e perle dentro due cassetti di un tavolo ed un cassettone in camera da letto ed avevano portato via piccoli oggetti e due candelabri.
    L’interrogatorio del personale di servizio non da particolari risultati. Sembra che nessuno si sia accorto di nulla. Sembra...
    L’unica cosa veramente strana è dove fosse finito lo Svizzero appositamente venuto da Courbevoie per fare la guardia di notte alla tenuta.
    Mme du Barry va alla caserma per interrogare la guardia, che è un diciottenne di nome Badoux.
    Si scopre che il giovane è stato convinto da alcuni sconosciuti ad andare a bere in una bettola a mezzo chilometro dall’abitazione della Contessa.
    Il ragazzo viene messo agli arresti.
    Jeanne fa l’inventario di quello che è stato rubato col suo gioielliere Rouen e scopre che i ¾ di quello che aveva in gioielli ed oro era stato rubato: una cifra da capogiro…
    La Contessa fa pubblicare presso in tutte le stazioni di Polizia questo manifesto, con di seguito la lista dei gioielli rubati:

    2000 Luigi [4000 Livres] da guadagnare
    Ricompensa onesta e proporzionata
    Agli oggetti che saranno restituiti.



    Così tutta la Francia, in piena rivoluzione, viene a sapere gli averi immensi della Contessa e, potete starne certi, questo fatto avrà delle conseguenze...

    Entrata_camera_du_Barry__ladri_
    La porta da dove passarono i ladri per derubare la casa della
    Contessa Du Barry.
    Il manifesto, da un punto di vista pratico, tuttavia, ha effetto.
    Il 15 Febbraio 1791, un corrispondente inglese di mme du Barry, Nathaniel Parker Forth, magistrato e giudice di pace (in realtà egli era una spia al servizio del primo ministro britannico William Pitt. Nel 1789 l'Ambasciatore di Francia, de Luzerne, avvertiva Luigi XVI di stare alla larga da questo personaggio definito un vero e proprio “mestatore”...), annuncia alla Contessa l’arresto delle cinque persone che avevano fatto il furto e che avevano cercato di ricettare la refurtiva a Londra.
    Essi erano tre ebrei tedeschi, Simon Joseph, Jacob Moyse, Joseph Abraham; un inglese, Harris ed un francese, Levet, che avevano cercato di ricettare presso un gioielliere di nome Lion (o Léon), detto anche Simon. Il gioielliere, insospettito dalla massa di pietre che avevano a disposizione, avvertì la polizia che arrestò i cinque.
    Il 20 Febbraio la Contessa incontra Forth a Boulogne-sur-Mer e l’uomo la esorta ad andare a Londra per riconoscere i gioielli.
    Mme du Barry parte per Londra con l’aiutante di campo di Brissac, d’Escoure, quattro domestici ed il gioielliere Rouen che conosceva perfettamente i gioielli rubati.
    La spedizione fu pagata da de Brissac che, da signore qual era, si sentiva responsabile in quanto fu lui ad insistere affinché Jeanne rimanesse a casa sua la notte del 10 Gennaio.

    Arrivata a Londra la Contessa viene messa a confronto con i ladri. Ovviamente lei non li conosceva, ma riconosce i gioielli.
    Naturalmente i ladri negano ogni addebito dicendo che i gioielli li avevano presi a Parigi dai veri ladri che, ovviamente, non conoscevano…
    L’arresto dei ladri viene confermato. Non rimane che aspettare il processo.

    Nei giorni che la Contessa rimane a Londra ella viene ricevuta dal Mayor di Londra John Boydell e da tutta l’alta società londinese compreso gli emigrati francesi. Peccato che un certo Blanche (sembra che insegnasse francese a Londra) la sta spiando ed invia dei resoconti su cosa fa e chi frequenta la du Barry a Londra ad un certo George Greive, un rivoluzionario inglese di 42 anni che vive a Louveciennes e che fomentava gli abitanti…
    Teniamo bene a mente questo particolare.

    Il 4 Marzo 1791 mme du Barry ritorna a Louveciennes e scopre che l’inchiesta aveva chiarito diverse cose. Erano stati trovati dei complici: un ricettatore di nome Philippe Joseph (che nel frattempo era sparito in Belgio…), sua moglie, la domestica Gothon e la guardia Svizzera, che aveva aiutato la banda a fare da palo.

    Il 4 Aprile 1791 Jeanne torna a Londra e le comunicano che per la legge inglese i ladri non sono punibili per un reato commesso in territorio francese. La Contessa ottiene solo che i ladri non siano rilasciati, ma i gioielli rimangono a Londra.
    Anche in questo caso Jeanne frequenta tutta la “Londra bene”, compreso il Principe di Galles…
    Blanche da Londra scrive, Greive a Louveciennes riceve...

    Il 21 Aprile 1791 mme du Barry è di nuovo a Louveciennes dove viene riconvocata immediatamente per Londra: stavolta i ladri verranno liberati sul serio.
    La Contessa ritorna in Inghilterra per la terza volta e fa di tutto per impedire la liberazione e la restituzione dei gioielli, ma otterrà solo che vengano custoditi nella banca Ranson, Morland e Hammers in attesa che le autorità francesi si attivino con i loro colleghi inglesi per risolvere la questione.

    In questi giorni londinesi la Contessa si dedica ad acquisti costosi, carità verso i poveri e ricchi ricevimenti. Il tutto veniva garantito dai banchieri olandesi che vivevano a Parigi, Jean-Baptiste Vandenyver ed i figli Edmo-Jean-Baptiste e Antoine-Agustin.
    Anche in questo caso, Blanche spia tutto e riferisce ogni passo ed ogni frequentazione…
    Il 25 Agosto 1791 ella lascia Londra per tornare a Louveciennes.

    Nel frattempo però la famiglia reale veniva intercettata a Varennes ed una volta riportata alle Tuileries, viene messa sotto strettissima sorveglianza.
    La Guardia del Corpo del Re viene sciolta e l’Assemblea “autorizza” il Re ad istituire una Guardia Costituzionale di 800 uomini alla cui testa viene messo proprio de Brissac…

    Il Re a de Brissac: “Siamo decisi a non fare assolutamente nulla, a restare tranquilli due o tre anni, se occorre, finché il popolo, stanco, non ci rimetterà al nostro posto. Vogliamo che la nobiltà faccia altrettanto”.

    De Brissac: “Sire, questo è facile per voi che avete una Lista Civile di 25 milioni di Livres [appannaggio che l’Assemblea Nazionale destinava alla casa del Re.], ma noi nobili, che non abbiamo più niente e abbiamo scarificato tutto per servirvi, ci troviamo di fronte a due possibilità: unirci ai nostri nemici per detronizzarvi, o fare la guerra e morire sul campo dell’onore. E Vostra Maestà sa bene che, se vuole credermi, sarà questa seconda decisione che prenderemo”.

    Chiesero al Duca il perché avesse accettato quell’incarico pericolosissimo. La risposta: “Faccio quello che devo per rispetto degli antenati del Re e dei miei!”.

    Non c’è che dire, il Duca è un uomo d’onore.

    La parte moderata dell’Assemblea Nazionale, riesce a mettere una pezza alla fuga del Re ed alla conseguente situazione politica esplosiva. La Costituzione viene promulgata ed in un primo tempo sembra che la deriva estremista della rivoluzione venga soffocata.

    Sembra...

    Durante l’inverno del 1792 la situazione ritorna ad essere instabile. La parte moderata viene messa in disparte dai giacobini e la Guardia Costituzionale viene sciolta il 29 Maggio 1792.
    Viene ordinato l’arresto del Duca de Brissac per tradimento. Gabriel, nipote dell’ex ministro Choiseul corre ad avvertire i Sovrani che erano a letto. Essi mandano ad avvertire immediatamente il Duca per proporgli di scappare subito. Egli aveva ancora due o tre ore di tempo prima che venissero a prenderlo.
    De Brissac, ligio al suo dovere e sicuro della sua innocenza, decise di non fuggire e scrisse alla sua amata Jeanne.
    Il Duca viene incarcerato a Orléans nell’ex convento delle Minime dove mme du Barry va a trovarlo più volte.
    Ella cerca in tutti i modi di convincere de Brissac a fuggire ma lui non vuole. Egli è un uomo di altissime qualità, ma è un rappresentante della sua epoca e non capisce con chi ha a che fare…

    E infatti, il 10 Agosto 1792, con l’assalto alle Tuileries la monarchia crolla definitivamente.
    I Sovrani vengono imprigionati al Tempio e de Brissac a quel punto non si fa più illusioni sulla sua sorte. Egli prende carta e penna e scrive il suo testamento lasciando a Jeanne una parte consistente del suo patrimonio.
    A fine Agosto l’Assemblea Nazionale decide che i prigionieri devono essere trasferiti a Saumur (Loira) in quanto l’attuale carcere, dopo una serie di fughe, non è ritenuto sicuro.
    Il 30 Agosto 1792, 1800 uomini della Guardia Nazionale comandati da Fournier l’Americano, un delinquente sanguinario, si presentano per il trasferimento che avvenne il 4 Settembre.

    Ricordiamo che siamo nel mezzo ai cosiddetti Massacri di Settembre, che dal 2 al 6 insanguinarono Parigi, Orléans, Meaux e Reims.

    Louis_Hercule_Timoleon_-_ridotto
    Il Duca Louis Hercule Timoléon de Cossé-Brissac.
    Ritrattista anonimo.

    Una folla inferocita, che accusava i prigionieri di ogni genere di crimine, circonda il convoglio ed una volta venuta a sapere che i prigionieri dovevano essere trasferiti a Saumur si fa troppo minacciosa perfino per la Guardia Nazionale, così si decide di portarli a Parigi.
    Essi arrivano a Parigi ed un commissario del governo rivoluzionario decide di farli portare a Versailles. Il convoglio arrivato all’altezza del bivio fra rue de la Fontaine-des-Quatre-Bornes e rue de Satory, nonostante l’opposizione del sindaco di Versailles Hyppolite Richard, viene assalito da una folla di esagitati che massacra 44 prigionieri tra i quali l’ex ministro degli Interni e poi degli Esteri de Lessart, l’ex ministro della Guerra d’Abancourt, l’ex Vescovo di Gévaudan, de Castellane. De Brissac fa in tempo a liberarsi e combattere con un bastone. Il Conte vende cara la pelle, ma a forza di colpi di picca egli viene sopraffatto e dilaniato. Gli assassini, non soddisfatti, portano i pezzi del Conte in giro per mostrali a compagni e gente di passaggio.
    Durante quella notte Jeanne era in angoscia nel suo piccolo castello. Ella sapeva di quel trasferimento avvertita dall’aiutante di campo di de Brissac, d’Escoure. Ad una certa ora si sentono delle grida: Ca ira… Ca ira, les aristocratiques à la lanterne!
    Faceva caldo quella notte del 9 Settembre 1792. La finestra della camera della Contessa era aperta. Una testa umana rotola ai piedi di Jeanne.
    Non si sa cosa successe dopo...
    Anni dopo fu trovato un teschio appena sotto il prato nel parco del castello. La Contessa aveva sepolto lì la testa del suo amato…


    Per la Contessa du Barry non c'era tempo per il dolore: la polizia londinese ed il gioielliere Lion, che l’aveva avvertita, chiedono il pagamento delle 4000 Livres per il ritrovamento dei gioielli. Jeanne rifiuta: i gioielli non le sono stati restituiti.
    Il pretesto è ottimo per tornare a Londra e risolvere la questione ma, soprattutto, incontrare e sostenere gli emigrati.
    Stavolta, prima di partire, ella sotterra in vari punti del parco del castello tutti i preziosi che aveva.
    Poi si procura un passaporto che il ministro degli Affari Esteri Lebrun gli accorda con grazia. Egli, visti i tempi, le consiglia di rilasciare una dichiarazione alla municipalità di Louveciennes che ella si recava all’estero per la conclusione del processo. In quel periodo le leggi sull’emigrazione erano severissime ed infrangerle equivaleva alla ghigliottina.

    Il 10 Ottobre 1792 mme du Barry parte e nella sua carrozza ci sono: la Duchessa d’Aiguillon travestita da cameriera, la Duchessa di Brancas con passaporto inglese, il cavaliere la Bondie, nipote di d’Escoure. Più tardi la compagnia sarebbe stata raggiunta dalla Duchessa di Mortemart…

    Il 22 Ottobre 1792 la Contessa si stabilisce in Burton Street vicino a Berkley Square. Nel suo soggiorno ella incontra: Talleyrand, de Bouillé (proprio lui, il vigliacco che voltò le spalle ai Sovrani a Varennes invece di andarli a salvare…), Narbonne, il Barone de Breteuil (proprio lui, il fedelissimo ministro della Maison de Roi…), il Conte de Pohan-Soubise, Molleville, le Principesse de Foix e d’Hénin, l’Abate de Saint-Phare, figlio illegittimo del Duca d’Orléans. Insomma, il fior fiore della nobiltà realista francese emigrata in Inghilterra.
    Ella aiuta finanziariamente anche i preti refrattari fuggiti dalla rivoluzione.
    I soldi vengono sempre dai banchieri Vandenyver che garantiscono per lei e che, comunque, le consigliano di non attardarsi oltre la scadenza del passaporto se non voleva incorrere in guai.
    Jean-Baptiste Vandenyver scriVe alla Contessa:

    “I decreti della Convenzione Nazionale sono durissimi contro i cittadini assenti che vengono qualificati tutti come emigrati. Tuttavia, io penso che voi non possiate essere considerata tale, visto il passaporto di cui siete munita, e essendo noto che il viaggio non ha altro scopo che il processo da tutti conosciuto”.

    Forse era meglio che quella seconda frase non fosse stata scritta… I giudici fissano l’udienza del processo per il 9 Novembre. Jeanne rimane.
    Comunque sia, teniamo bene a mente la lettera di Vandenyver. Servirà...

    Il 21 Gennaio 1793 Luigi XVI viene ghigliottinato.
    Tutti i monarchici francesi e inglesi sono a lutto. Ci sono manifestazioni in favore della monarchia. Nei teatri ci si ferma e si canta God save the King. Molte messe vengono celebrate e la Contessa partecipa.
    Confuso fra la folla Blanche prende nota di tutto ed informa in Francia…

    L’1 Febbraio 1793 la Francia dichiara guerra all’Inghilterra e quest’ultima si dichiara in stato di guerra. L’Assemblea dichiara la confisca dei beni degli emigrati.
    Alcuni hanno paura.
    La Duchessa di Mortemart rientra clandestinamente a Calais sotto il nome di cittadina Mortimer. Anche il Duca di Rohan-Chabot vuole rientrare e chiede alla Contessa 200.000 Livres, che i banchieri Vandenyver concedono e che il Duca dovrà rimborsare una volta in Bretagna. Altre 200.000 Livres andranno al Vescovo di Rouen, il Cardinale la Rochefoucauld.
    Anche in questo caso tenetevi bene in mente questi due prestiti…

    Il 28 Febbraio 1793 c’è anche il verdetto per l’istanza presentata nel frattempo dal gioielliere Lion, per il pagamento delle 4000 Livres per il ritrovamento dei gioielli. Il tribunale ne accorda la metà.

    Fermiamoci un attimo.
    Molti indizi portano a pensare che mme du Barry nel suo quarto soggiorno a Londra avesse recuperato almeno parte dei suoi gioielli. Non si spiegherebbe altrimenti questa sentenza.
    Inoltre non si spiegherebbe altrimenti la facilità con cui i banchieri Vandenyver concedevano denaro alla Contessa.
    Un altro indizio è il fatto che molti anni dopo gli eredi di Jeanne troveranno la sua fortuna fortemente ridotta. Si calcola che per aiutare gli emigrati Jeanne avesse distribuito almeno 400.000 Livres mentre era in Inghilterra.

    Il passaporto di mme du Barry era scaduto dall’inizio dell’anno ed a fine Febbraio Greive ottiene i sigilli per il castello di Louveciennes.
    Jeanne decide di tornare.
    Perfino il Primo Ministro inglese William Pitt implora la Contessa di non partire:

    “Madame, vi attende la sorte di Regolo!”.

    Né i consigli, né la tragedia di de Brissac, né la situazione politica fanno desistere la Contessa.
    Ritornare significava morire.
    Perché dunque tornare? È difficile dare una risposta alla sua scelta.
    Forse perché temeva troppo di perdere la sua fortuna sotterrata nei prati del suo amato castello?
    Forse perché DOVEVA tornare per tenere i collegamenti con i monarchici ancora in Francia?
    Forse perché ella era davvero confidente che non le avrebbero fatto del male, nonostante il passaporto scaduto e nonostante le compromissioni con i monarchici?
    Possiamo dire che ella era certa che in Francia non sapessero nulla. Ella non sapeva di Blanche e che i suoi movimenti erano stati spiati, annotati e riportati in Francia.
    Possiamo anche dire che ella era una donna di grandi qualità, ma ingenua. Tutte le sue scelte lo dimostrano: il fatto di redigere una lista dei suoi averi e di renderla pubblica. Fare tutti quei viaggi a Londra alla luce del sole. Tutte le scelte che da qui in poi farà...
    Una cosa è certa: tornare in Francia quell’ultima volta fu il suo unico VERO errore. Un errore fatale…

    Du_Barry_0
    Mme du Barry a 38 anni ritratta da Élisabeth Louise Vigée Le Brun nel 1781.
    Riprendiamo.
    Il 3 Marzo 1793 parte da Londra ed arriva a Louveciennes solo intorno al 20 Marzo perché ella ricevette il nuovo passaporto a Calais solo il 17.
    Quando arriva a casa Jeanne trova i sigilli e va subito a protestare presso i cittadini amministratori. Essi ascoltano le sue ragioni e tutti i documenti (in regola) che ella gli mostra, ma non prendono una decisione, così ella si catapulta a Lavallery presso il Direttorio del dipartimento ed un ex avvocato del Parlamento, molto più vicino alla monarchia che alla rivoluzione, la tranquillizza e le promette di interessarsi al suo problema.

    La Contessa riesce ad avere il certificato di residenza ma il trio Blanche, Greive, Zamor, il paggio di colore allevato dalla Contessa che ora, per riconoscenza, la vuole sulla ghigliottina, il 26 Giugno 1793 redige una petizione firmata da 36 abitanti.
    Il 29 Giugno Blanche ci mette il carico presso il dipartimento di Seine-et-Oise.
    In pratica, essi accusano Jeanne di cospirare e che la sua casa è un conciliabolo di monarchici.
    Il 2 Luglio la municipalità di Louveciennes mette agli arresti domiciliari lei ed i suoi domestici.
    Mme du Barry non demorde ed ottiene di andare a protestare al Direttorio dipartimentale a Versailles, accompagnata dal sindaco di Louveciennes Ledoux.
    Al suo arrivo la sala del direttorio è vuota ed ella ottiene che si cerchino gli amministratori a casa loro.
    Quando sono tutti riuniti ella mostra tutti i certificati, tutti i passaporti e tutte le motivazioni dei suoi viaggi. Inoltre, fatto piuttosto sorprendente, ella mostra le prove del contributo economico che ella aveva dato per i volontari di Louveciennes che erano andati a combattere i realisti in Vandea.
    In effetti, stando ai documenti, c’era poco su cui accusare la Contessa ma, allo stesso tempo, pendeva la denuncia alla convenzione che Greive aveva fatto nel frattempo.
    Con la classica lavata di mani, gli amministratori lasciano la palla alla Convenzione contenti di non assumersi la responsabilità di una decisione.
    Alla Convenzione George Greive ci mette tutto il suo odio verso mme du Barry, ma l’organo non prende una decisione netta. Si faranno delle indagini e poi si deciderà. Visti i tempi, è un successo per la Contessa.
    Il 12 Luglio ella ritorna a protestare a Versailles ed il 13 Luglio 50 abitanti di Louveciennes, in rappresentanza delle 154 famiglie, depongono tutti in favore della du Barry, forse vergognandosi della petizione firmata poco tempo prima che, probabilmente, era redatta in maniera poco chiara o fatta firmare sotto minaccia.
    Ricordiamo che mme du Barry aveva sempre contribuito con grande generosità verso la comunità di Louveciennes. Praticamente non esisteva gente in povertà assoluta e l’ideologia rivoluzionaria attecchiva con difficoltà presso quelle persone che senza la ricca Contessa sarebbero tornate in grande difficoltà.

    La Convenzione decide: la du Barry torna libera. Greive, Blanche e Zamor si disperano.

    Sembra tornare il sereno sulla Contessa, che ritrova l’amore con il sessantenne Louis-Antoine de Rohan-Chabot e amico intimo di de Brissac.

    Purtroppo per Jeanne la storia è contro di lei: il 17 Settembre 1793 la Convenzione vota la legge sui sospetti. Sono sospetti tutti coloro che “per le loro relazioni familiari o d’amicizia, il loro comportamento o ruolo pubblico, la classe sociale, devono essere considerati come contrari al nuovo regime”, ovvero praticamente tutti.
    Greive non si lascia scappare l’occasione ed il 21 Settembre 1793 ottiene l’arresto della Contessa.
    Greive ottiene anche di rovistare da cima a fondo casa sua e riceve 3000 Livres per le spese anticpate, le guardie e l’arresto.
    Egli si dirige trionfante al castello.
    Quando Jeanne li vede arrivare nella sua anticamera ella capisce tutto e corre al primo piano per far scomparire dei documenti compromettenti. Greive la ferma in tempo.
    È la fine per Jeanne du Barry.
    Come per Luigi XVI con l’armadio di ferro, Jeanne commise l’imprudenza di non disfarsi dei documenti e delle lettere compromettenti.

    La donna viene trasferita alla prigione di Sainte-Pélagie. Un passante protesta per quell’arresto e viene arrestato anche lui. Greive ordina l’arresto anche del vecchio ex aiutante di campo di de Brissac, d’Escoure, ormai sessantottenne.

    Siamo in pieno Terrore.
    Il 14 Ottobre 1793 inizia il processo alla Regina. Il 16 ella va al patibolo.
    Nonostante tutto Jeanne mantiene un incredibile ottimismo.
    Ella si preoccupa soprattutto della sua Louveciennes e dei suoi domestici rimasti a casa.
    Se sapesse…

    Greive, Zamor ed una dozzina di delinquenti pari loro si sono stabiliti a casa sua tiranneggiando su tutti quelli che avevano avuto a che fare con la Contessa. La stessa cittadinanza è obbligata a rilasciare dichiarazioni secondo quello che voleva Greive.
    Una povera donna, accusata di essere una ricettatrice, si suicida perché era stata minacciata da Greive di mandarla sulla ghigliottina.
    Un vecchio domestico della Contessa, Deliant, morì di paura nel suo viaggio verso la prigione di Versailles.
    In breve Greive e Zamor scoprono vari nascondigli dove Jeanne aveva riposto i suoi gioielli ma, soprattutto, varie carte e lettere sui suoi rapporti con i monarchici e gli emigrati. Greive leggerà tutto, annoterà tutto, catalogherà tutto e ne farà un’ampia relazione per il tribunale di Fouquier-Tinville.
    Tutto questo mme du Barry dal carcere non lo sa…

    Continua...

    - 2 -
    IL PROCESSO



    Il 30 Ottobre 1793 la Contessa du Barry viene interrogata nel carcere da due membri del Comitato di sicurezza generale e da un cancelliere.

    Raccontiamo l’interrogatorio:

    “Come vi chiamate?”.
    “Jeanne Vaubernier du Barry, di quarantadue anni
    [in realtà 50...], abitante di solito a Lucienne, in una casa che appartiene a me quanto alla Nazione”.
    “Avete fatto diversi viaggi a Londra?”.

    Ella non ha difficoltà a riconoscere i viaggi che aveva fatto per riprendere i diamanti.

    “Il tempo che dovevate passare a Londra non era forse limitato dal vostro passaporto?”.
    “Il tempo non era limitato e non poteva ragionevolmente esserlo, poiché si trattava di un processo”.
    “Durante il tempo che eravate a Londra sono stati emanati dalla Convenzione Nazionale vari decreti che obbligavano tutti i francesi, usciti dalla Repubblica dopo una certa epoca, a rientravi sotto pena di essere considerati emigrati e d’essere trattati come tali. Ne eravate a conoscenza?”.
    “Ero a conoscenza di questi decreti, ma non ho pensato che potessero riguardarmi, essendo uscita per una causa conosciuta e con un passaporto”.
    “Alcune persone che si interessavano a voi vi hanno scritto per sollecitarvi a rientrare in Francia, per evitarvi l’accusa nella quale avreste potuto incorrere, visti i decreti emanati contro le persone che si trovavano fuori dal territorio della Repubblica. Perché avete trascurato questo consiglio?”.
    “Non mi ricordo d’aver ricevuto alcuna lettera contenente un simile consiglio; se l’avessi ricevuta, ne avrei tenuto conto”.

    Quella risposta fu un grosso errore, ma ella non sapeva che...

    La_Cour_des_Femmes_alla_Conciergerie_-_Cartolina_del_1936_-_ridotto
    La Cour des Femmes alla Conciergerie, dove le detenute prendevano aria, in una cartolina
    del 1936.
    ...Uno dei due rappresentanti mostrando al cancelliere una lettera (quella che vi abbiamo descritto prima): “In questo momento abbiamo esibito una lettera con la quale il cittadino Vandenyver scriveva il 19 Novembre 1792 all’inquisita per avvertirla che i decreti della Convenzione Nazionale erano molto severi contro coloro che egli chiama i sudditi assenti, i quali erano qualificati tutti come emigrati”.
    Jeanne è costretta a riconoscere di aver ricevuto quell’avvertimento.

    Si cambia argomento.
    “Durante il vostro soggiorno a Londra, è stata dichiarata la guerra fra la Repubblica francese ed il Re di Gran Bretagna. Come mai, date le circostanze, non avevate lasciato un territorio nemico?”.
    “La guerra è stata dichiarata poco tempo prima della mia partenza e, poiché il mio processo era vicino alla sentenza, ho prolungato il mio soggiorno per risparmiarmi un nuovo viaggio per la sua conclusione”.


    Le domande si spostano verso le 200.000 Livres prestate a Rohan-Chabot ed alle 200.000 date la Vescovo di Rouen e la Contessa riconosce di averle effettivamente versate.
    Anche qui gli inquirenti dovevano sapere dei versamenti tramite il lavoro di spionaggio di Blanche e dei documenti rinvenuti da Greive.

    Arriva una domanda inattesa: “Avete conosciuto il Generale Coustine?”.
    Il Conte de Coustine era un militare accusato e giustiziato il 27 Agosto precedente per complicità con il nemico. Egli era l’occupante della prima cella di Maria Antonietta alla Conciergerie prima che ci trasferissero la Regina.
    Essendo de Coustine morto la du Barry pensa di aver gioco facile, ma cade nella trappola:
    “L’ho conosciuto come tutte le persone che frequentavano la Corte, quando ero là, ma non l’ho conosciuto particolarmente, non credo neppure di avergli parlato”.
    I due ufficiali le mostrano allora due lettere trovate a casa sua (da Greive).
    Jeanne non se lo aspettava e butta lì una risposta a cui non avrebbe creduto nemmeno un bimbo di 5 anni:
    “Ero alloggiata nella dimora di Brissac, prima dello scorso giugno; mentre scrivevo un giorno su una scrivania, ho portato via distrattamente queste due lettere di cui ignoro il contenuto e, accortamente una volta tornata a casa, le ho messe in un armadietto, senza leggerle”.

    L’interrogatorio, dopo alcune domande sulle frequentazioni avute a Londra tra cui Forth, mme de Mortemart e la Principessa Lubomirska, gli ufficiali ritornano sui soggiorni a Londra:
    “Durante i viaggi fatti a Londra, avete avuto rapporti particolari con gli emigrati francesi che si trovavano in quella città?”.
    “Ho visto alcuni francesi che erano a Londra e che avevo conosciuto”.
    “Chi sono coloro che avete visto particolarmente?”.
    “De Crussol, de Poix, de Cahouet, de Calonne. Quest’ultimo l’ho visto solo il giorno del mio arrivo, visto che è partito il giorno dopo. Frequentavo anche le mogli di questi signori, come anche d’Aiguillon, che ho visto una sola volta. Frequentavo in particolar modo le inglesi”.
    “Avete dato o fatto dare denaro agli emigrati rifugiati a Londra?”.
    “Non ho fatto dare loro neanche un soldo…”.


    L’interrogatorio si sposta sulla copiosa beneficenza che ha avuto occasione di fare a Londra ma, essendo un argomento comunque troppo poco “monarchico”, si spostano subito sul furto dei diamanti.
    “L’inventario dei diamanti che avete fatto stampare è vero e contiene l’elenco di tutti quelli che vi sono stati rubati? E comprende solo quelli che vi sono stati rubati?”.
    “L’inventario è assolutamente vero, ad eccezione d’una collana di smeraldi e diamanti, che mi era stata rubata e che era stata portata a monsieur de Brissac, durante il mio penultimo viaggio a Londra”.
    “Non avete avuto il progetto di vendere i vostri diamanti, non avete fatto dei tentativi in questo senso? Non li avete forse mandati in paesi stranieri ed in quale momento?”.
    “Nel 1789 o nel 1790, mi ero rivolta a Vandenyver che aveva mandato in Olanda una parte dei miei diamanti, ma non essendo il prezzo di mia convenienza, li ho ritirati dalle mani del suddetto Vandenyver, al quale ho fatto una precisa ricevuta per annullare la valutazione che aveva fatto”.
    “Alcuni giorni prima del vostro arresto, non avete fatto portare ad un orefice di Parigi una grande cassa d’argenteria che egli ha acquistato?”.
    “Non ne ho mandata una cassa a Parigi; ne ho fatta portare una parte a Versailles, da una persona al mio servizio, per farne togliere gli stemmi, conformemente ai decreti”.
    “Avete denaro contante a casa vostra?”.
    “Nella mia casa ho nascosti o chiusi a chiave undici sacchi di 1200 Livres ciascuno, in Scudi da 6 Livres e 1531 Luigi da 24 Livres che non mi appartengono e che monsieur de Brissac m’aveva prestato all’epoca del mio penultimo viaggio a Londra, per pagare la prima ricompensa a coloro che avessero scoperto il furto dei miei diamanti. Non conosco il luogo dove sono collocati, ma il mio valletto di camera, Morin, detenuto alla Force, deve saperlo. Inoltre ho 40 doppi Luigi ed alcune mezze ghinee, custodite con molti altri oggetti preziosi che mi appartengono, ma ignoro dove questi oggetti si trovino, essendomi affidata al mio personale per metterli in luogo sicuro. In ogni caso, presumo siano in una serra vicino alla ghiacciaia”.


    Piccolo commento.
    In tutte le risposte di mme du Barry si vede come ella “va oltre” la domanda. Si, insomma, parla troppo. Jeanne risponde precisamente, coinvolge persone, fa i nomi, fa cifre, ecc., invece di essere il più possibile abbottonata, essere concisa, cercare di stare sul vago, fare nomi solo quando non se ne può fare a meno.
    Ella sembra non ricordare che Greive le aveva preso tutti i documenti. Sembra non sospettare che gli inquirenti sapessero abbastanza sulle su frequentazioni a Londra, cosa che traspare fra le righe delle domande.
    Mme du barry sembra non rendersi conto della situazione in cui si trova e certamente non capisce che genere di persone ha di fronte…

    Ripartiamo.
    Il giorno dopo, il 31 ottobre 1793, i due membri del Comitato di Sicurezza vanno alla Force per interrogare Vandenyver e figli. Essi, ovviamente, non possono negare le affermazioni della du Barry.
    “Come avete potuto fornire dei fondi alla du Barry, o lasciarglieli fornire dalla vostra casa, dopo la lettera che avevate scritto il 19 Novembre 1792, in cui le parlavate di decreti minacciosi contro i suddetti assenti, considerati alla pari degli emigrati?”.
    “Le ho procurato dei fondi perché non la consideravo un’emigrata e ho usato quelle parole solo per affrettare il suo ritorno, avendo sentito dire che i beni degli emigrati sarebbero stati confiscati e credendo d’aver sentito dire che erano stati apposti i sigilli alla sua casa”.


    Il 19 Novembre 1793 la Contessa viene trasferita alla Conciergerie, ovvero l’anticamera della ghigliottina.
    Ecco la motivazione dell’incarcerazione: “...accusata di emigrazione d’aver fornito, durante i soggiorni che ha fatto a Londra, soccorsi pecuniari agli emigrati e d’aver mantenuto con loro rapporti sospetti”.
    Jeanne si rende conto così che l’interrogatorio precedente non è servito a nulla, anzi...

    Il 22 Novembre ella viene interrogata di nuovo dal vice presidente del Tribunale rivoluzionario René-François Dumas, che dirige l’interrogatorio in presenza di Fouquier-Tinville.
    Di questo interrogatorio non ci sono i particolari, si sa solo che è durato un’ora.

    Il 6 Dicembre 1793 inizia il processo vero e proprio nella Grand-Chambre del Parlamento. La folla è quella delle grandi occasioni. Dopo Maria Antonietta è ora di far saltare la testa alla favorita di Luigi XV.
    Insieme a mme du Barry c’è il banchiere Vandenyver ed i suoi due figli.
    Presiede Dumas, affiancato da tre aiutanti, François-Joseph Denizot, Alexandre David e Charles Bravot.
    Tra i giurati c’è una vecchia conoscenza: il falegname Trichard. Lo stesso giurato che la sera della condanna alla Regina scriveva al fratello:

    “Ti comunico, fraTTello mio, che sono stato uno dei giurati che hanno giudicato la bestia feroCIE che ha divorato una grande parte della Repubblica, quella che chiamavano prima col nome di reGGina…”.

    Non abbiamo le minute del processo alla Contessa che, presumiamo, sia durato diverse ore.
    Fouquier-Tinville riporta le seguenti dichiarazioni:

    Greive.
    “La du Barry ha impedito il reclutamento a Lucienne. Nella notte del 22 Settembre scorso, in occasione dell’arresto, è stata trovata una grande quantità d’argenteria in un luogo che serviva a tenere gli attrezzi da giardiniere, vicino al grande viale e il famoso servizio d’oro, gemme e smeraldi in un altro luogo, sepolti Luigi, Scudi da 6 Livres, oltre a bronzi e il busto di Luigi XV… Qualche giorno fa, lo scorso decadì, sono stati trovati in un mucchio di letame, nei pressi del grande viale, una quantità di pietre preziose, d’oro e d’argento, e, da pochi giorni, il ritratto del reggente e d’Anna d’Austria… poi, trovato nella camera, della Roussel, la medaglia di Pitt, nascosta sotto della crusca”.

    Viene chiesto alla Contessa: “Qual è questo ritratto di donna scoperto in giardino e sepolto in un mucchio di concime?”.
    “Non so”.


    Greive poi parla a lungo di Forth. Annota Fouquier-Tinville:
    “Ella ha dichiarato nel suo interrogatorio che, al ritorno nel Marzo 1793, il suo processo era finito. Allora perché l’attestazione sosteneva che era necessario che tornasse in Inghilterra? La du Barry ha detto che era per ricevere i suoi diamanti e pagare le spese…
    Ella ha ammesso di aver portato il lutto per il tiranno, visto che non aveva portato con sé che abiti neri…
    La du Barry sostiene che ha ricevuto alcune note relative alla formazione dell’ultima Guardia del Re, ma che non ha partecipato ad alcuna nomina…
    La du Barry ammette che ha licenziato il giardiniere e Zamor, perché avevano rapporti con il dichiarante
    [Greive]”.

    A questo punto del processo Greive finisce la deposizione e viene chiamato il vecchio d’Escoure portato dalla Force per spiegare il prestito di 200.000 Livres a Rohan-Chabot che lui scusa malamente come pagamento alla Nazione… (D’Escoure venne ghigliottinato pochi giorni dopo la du Barry).

    Du_Barry_-_Vigee_Lebrun_-_1789_-_RIDOTTO
    Jeanne du barry ritratta da Louise Élisabeth Vigée Le Brun.
    Dipinto iniziato nel 1789 e terminato dopo la morte della Contessa.
    Il processo riprende poi il giorno dopo, il 7 Dicembre 1793,
    Viene interrogato un ex sindaco licenziato, Salevave, divenuto poi Segretario del Comitato di Salute Pubblica di Versailles. Annota Fouquier-Tinville:
    “Il testimone dichiara che egli era malvisto, data la sua qualità di patriota, dagli altri domestici della casa che erano per l’aristocrazia e che lo hanno anche danneggiato presso l’accusata du Barry, e li elenca”.

    Poi è la volta di Zamor:
    “Le persone che venivano dalla du Barry non erano patrioti dalle frasi che li ho sentiti dire. In particolare queste persone godevano degli scacchi subiti dall’esercito della Repubblica, soprattutto in Vandea”.
    Zamor rincara:
    “Ho fatto più volte dei rimproveri all’accusata du Barry per quanti aristocratici riceveva, ma ella non s’è degnata di rispondermi”.
    Questa dichiarazione è una menzogna al 100%.
    A quei tempi un domestico non avrebbe MAI potuto rivolgersi in quei termini verso il padrone.

    Il processo va avanti e la Contessa viene bombardata sui due argomenti più importanti e sui quali non poteva difendersi più di tanto, il furto dei gioielli ed i rapporti con gli emigrati.
    Ad un certo punto ella incredibilmente dichiara:

    “Non potrei dire a quanto ammontano le somme che ho speso a Londra e fornito agli emigrati”.

    È il crollo. La ghigliottina cade definitivamente sulla Contessa.
    A tarda sera Fouquier-Tinville fa la sua solita requisitoria piena di roboante demagogia che dura tre ore…
    L’avvocato difensore di Jeanne, Chauveau-Lagarde, lo stesso di Maria Antonietta, fa la sua arringa difensiva che, immaginiamo, era molto più difficoltosa di quella della Regina. Purtroppo non disponiamo del testo.

    Dobbiamo dire che il processo alla du Barry, per quanto fosse un processo politico e quindi con verdetto già emesso, poggiava su prove molto più solide di quello a Maria Antonietta, che di prove vere e proprie ne aveva poche o nessuna. La raccolta, l’istruttoria, i documenti erano chiari e circostanziati. Effettivamente il lavoro di Blanche, Greive e Zamor fu fatto con criterio ed anche gli inquirenti acquisirono i documenti necessari affinché la difesa dell’imputata fosse difficile.
    Il processo a Maria Antonietta poggiava su una documentazione scarsa e confutabile, testimoni e fatti scarsamente credibili e/o provati. Inoltre la Regina, negli interrogatori e nel processo, fu un osso ben più duro rispetto alla Contessa.

    Arriviamo così alla sentenza.

    Il cancelliere Robert Wolf legge la sentenza che gli ha passato Dumas:

    “Atteso che è certo che sono state praticate macchinazioni e sono stati mantenuti rapporti segreti con i nemici dello Stato e i loro agenti, per spingerli a commettere ostilità, per indicare loro e favorire i mezzi d’intraprenderle e dirigerle contro la Francia, in particlare facendo all’estero, con pretesti predisposti, vari viaggi per concertare questi piani ostili con i suoi nemici, e fornendo loro o ai loro agenti soccorsi in denaro.
    Che Jeanne Vaubernier, sposata du Barry, abitante a Lucienne, ex cortigiana, è dimostrata colpevole d’essere autrice o complice di queste macchinazioni e intelligenze.
    Udito il Pubblico Accusatore nelle sue conclusioni sull’applicazione della legge.
    Condanna la suddetta Jeanne Vaubernier, sposata du Barry e i suddeti Jean-Baptiste Vandenyver, Edmo-Jean-Baptiste Vandenvver e Antoine-Agustin Vandenyver alla pena di morte”.


    Jeanne sviene. Ella viene portata di peso in cella. Sono le 23 del 7 Dicembre 1793.


    - 3 -
    ANCORA UN MINUTO, SIGNOR CARNEFICE! ANCORA UN MINUTO...



    Durante la notte ella piange, ma in lei nasce una speranza: e se confessasse dove ha tutti gli oggetti non trovati de Greive (George Greive, alla caduta di Robespierre fu imprigionato a Récollets. Fu liberato e pare che andò in America, per poi tornare in Francia e, succesivamente, a Bruxelles dove morì il 23 Febrraio 1809 a 61 anni)? Se potesse aver salva la vita in cambio dei suo averi donati alla Nazione?
    Durante la notte ella stila una lista.

    Quando vengono a prenderla ella richiede di parlare con l’Amministratore Giudiziario. Le viene concesso, ma intanto le tagliano i capelli e le si fa indossare un abito rosso nonostante le sue proteste.
    Mentre la carretta di Sanson aspetta, Jeanne viene condotta nella cancelleria dove l’attendono il Giudice Claude Denizot, il Sostituto Pubblico Accusatore, ed il Cancelliere Jean-Baptiste Tavernier.
    La lettura della lista della du Barry porta via tempo. Essa è lunghissima e straordinariamente precisa. C’è di tutto: gioielli, denaro, ghinee, oro, posti, scatole, sacchi, ecc.
    Alla fine ella dichiara:

    “Non ho niente altro da dichiarare, ma aggiungo che, se è quanto il Tribunale desidera, scriverò a Londra senza difficoltà e recupererò gli oggetti del furto e pagherò tutte le spese causate dal processo”.

    Beata ingenuità…
    La Contessa si attende di tornare in cella ed invece la portano sulla carretta che attende da sei ore.

    Ella protesta e si dibatte, ma non c’è nulla da fare. Il suo destino è segnato.
    La carretta fa lo stesso tragitto che fece per Maria Antonietta.
    Appena uscita dalla Conciergerie essa passa sul Pont-au-Change.
    Si sente singhiozzare la condannata: “Mi venga lasciata la vita!”.
    Più la carretta prosegue e più Jeanne du Barry si dispera. Ella arriva fino all’isteria. Sanson ed i suoi aiutanti fanno fatica a tenerla: “In nome del cielo, amici miei, in nome del cielo, salvatemi, non ho fatto mai male a nessuno, salvatemi!…”.
    “La vita! La vita! Mi si lasci la vita! Lascio tutti i miei beni alla Nazione!”.

    Dalla folla un uomo urla: “Tu dai alla Nazione solo quanto le appartiene, poiché il Tribunale ti ha confiscato tutto!”.
    Un carbonaio che stava di fronte si gira e gli molla un ceffone.
    La carretta è seguita da Zamor, che è venuto a veder morire la sua ex padrona (Zamor morì di freddo e miseria il 7 Febbraio 1820, al secondo piano, al numero 13 di rue Perdue, oggi rue Maitre-Albert).
    Quai de la Mégisserie, rue Saint-Honoré... Jeanne continua a disperarsi ed a dibattersi. Insieme a lei ci sono i Vandenyver che invece sono calmi e cercano a loro volta di calmare la condannata.

    Arrivati al patibolo Sanson e i suoi aiutanti devono portarla sulla piattaforma con la forza.

    Ella grida: “Grazia, grazia! Signor carnefice, ancora un minuto… ancora un minuto, signor carnefice… ancora un minuto solo!”.

    Sono le sue ultime parole. Poco dopo un urlo agghiacciante percorse la piazza.

    L’ 8 Dicembre 1793, a 50 anni, muore così, dopo una vita incredibile e per certi aspetti unica Jeanne Bécu, poi Gomard de Vaubernier, poi Contessa du Barry.
    Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune nel cimitero della Madeleine ed oggi le sue ossa sono probabilmente sepolte nelle catacombe di Parigi, insieme ai resti di 6 milioni di persone...

    Du_Barry_1_collage
    Come ultima immagine mettiamo quella che abbiamo messo all'inizio della nostra storia... :)



    - 4 -
    CONSIDERAZIONI



    La vita di Jeanne du Barry è stata una vita quasi normale fino all’incontro con il Re. Molte belle ragazze, a Parigi, facevano quello che faceva Jeanne. E, visto il momento storico della vita di Luigi XV, non era nemmeno impossibile infilarsi nel letto del Re avendo determinate caratteristiche, conoscenze ed un po’ di fortuna. Jeanne ebbe tutti e tre questi ingredienti.

    Quello che ha elevato questa donna rispetto a tante altre è quello che è successo DOPO.
    Jeanne du Barry ha subito capito che aria tirava a Corte e ci si è adattata alla perfezione. Qui non si tratta solo di saper fare le riverenze o saper conversare ma, soprattutto, sapersi muovere fra gli intrighi, destreggiarsi fra le fazioni, farsi ben volere.
    In cima a tutto questo ella ha dato addirittura uno stile, un tono ai suoi anni a Corte ed anche dopo. Il suo gusto era raffinato e gentile ed è arrivato fino a noi.
    Tutto ciò è davvero incredibile, soprattutto considerando le sue origini.

    Ella poi è riuscita a far innamorare di sé Luigi XV. Se fosse stata una semplice storia di letto, sarebbe finita come tante altre, invece no.
    Non sappiamo se Jeanne amasse davvero Luigi XV. Certamente aveva un sentimento profondo per lui al di là del ruolo e della ricchezza. Troppi fatti, comportamenti e particolari portano a questo. Ed anche il Re, a suo modo, era innamorato della ragazza.

    La magia della versatilità di mme du Barry è confermata dopo la sua caduta da favorita.
    I Sovrani, nonostante l’avversione di Maria Antonietta, alla fine le hanno voluto bene. La sua “prigionia” è durata pochissimo e dopo due anni e mezzo ella era di nuovo nella sua Louveciennes con quasi tutte le sue rendite intatte.
    E lei ne ha approfittato al meglio.
    Jeanne si è ricostruita una vita ricca e agiata. Ella è stata ben voluta da tanti anche e, forse, soprattutto, da quelle persone in difficoltà, che con lei potevano vivere una vita dignitosa. Certamente le famiglie di Louveciennes stavano peggio dopo la rivoluzione che prima…

    Ella ha, inoltre, avuto l’intelligenza di non portare rancore praticamente verso nessuno, nemmeno verso la Regina.
    La querelle ai tempi della Delfina era dovuta più all’intransigenza di Maria Antonietta che a lei…

    Mme du Barry è sempre stata monarchica e questo, alla fine, le è costato. Questo non per una mera questione di “appartenenza politica”, o perché ha finanziato gli emigrati, ma perché non ha capito di che pasta erano fatti i rivoluzionari. Come tanti della sua epoca, ella non ha capito che i rivoluzionari erano una razza nuova, diversa.
    Se Jeanne lo avesse capito, non sarebbe tornata in Francia quell’ultima volta il 3 Marzo 1793. Quello fu il suo unico vero errore. La sua incredibile versatilità non è arrivata a tanto. E le è costata la vita.

    Come avete potuto leggere, il carattere di Jeanne du Barry è molto diverso da quella che vediamo in Lady Oscar o in altre rappresentazioni.
    Io ed Anna speriamo di aver dato, almeno qui, una dimensione più giusta a questa donna che non si merita di essere ricordata come una spietata arrivista o una rozza amante di Luigi XV.
    Speriamo di esserci riusciti.

    Grazie di essere arrivati fin qui.

    Anna & Fede




    - 5 -
    BIBLIOGRAFIA ED IMMAGINI


    Per questa biografia abbiamo utilizzato come base il seguente libro:

    - JEANNE DU BARRY – Ascesa e caduta di una favorita. André Castelot. Mursia.

    Esso è stato implementato con i seguenti libri:

    - Marie Antoinette – Telle qu’ils l’ont vue. Omnibus.
    - Marie-Antoinette l’insoumise. Simone Bertière. Editions de Fallois Paris.

    Le immagini, ove non descritto, sono prese da wikipedia.

    Edited by Fede70 - 31/3/2022, 23:11
     
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25 replies since 16/2/2022, 20:27   6399 views
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